Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 21 novembre 2013, n. 26122

Svolgimento del processo

1 – Le minori E.D.A. , nata il (omissis) e E.D.J. , nata il (omissis) , figlie naturali di C.E. e di E.E.C. , a seguito della crisi della coppia e della cessazione della convivenza, avvenuta nel 2000, venivano affidate in via esclusiva al padre, fermo il loro collocamento presso la nonna e uno zio paterno, residenti in (omissis), mentre i genitori rimanevano entrambi in Italia.
1.2 – Il Tribunale per i Minorenni fondava tale decisione sul rilievo inerente alla maggiore affidabilità dell’E. , il quale aveva creato un nuovo nucleo familiare, del tutto idoneo, anche sotto il profilo logistico, ad accogliere le minori, mentre la madre aveva dato prova di una certa instabilità affettiva, concependo altri figli con uomini diversi, senza instaurare alcun rapporto duraturo.
1.3 – Avverso tale decreto proponeva reclamo la C. , attribuendo il rigetto a un pregiudizio nei suoi confronti, per aver acconsentito alla partenza delle figlie verso l'(omissis) e per aver avuto delle relazioni, tutte circostanze in realtà non confliggenti con la sua capacità genitoriale, desumibile – compatibilmente con le proprie ridotte risorse economiche – dai contatti telefonici frequenti, da un viaggio in (omissis) e dall’invio di somme di danaro per il loro mantenimento.
1.4 – Essendosi costituito il padre, che aveva insistito per il rigetto del reclamo, la Corte di appello di Ancona, Sezione per i Minorenni, con il provvedimento indicato in epigrafe, pur non sottovalutando la capacità genitoriale della C. , tale da non far ravvisare la ricorrenza di gravi motivi ostativi a un affidamento condiviso, affermava tuttavia che tale regime non appariva, finché le minori rimanevano in Argentina presso i parenti paterni, concretamente realizzabile.
Confermate le misure di natura economica, in parziale modifica del decreto reclamato veniva disposto che ciascun genitore sopportasse le spese di viaggio per recarsi a far visita alle figlie e che i costi per i trasferimenti della prole fossero da ripartirsi in egual misura fra le parti.
1.5 – Per la cassazione di tale provvedimento la C. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, illustrati da memoria.
L’E. non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 317 bis, 155 cod. civ. , 30 e 111 Cost., rappresentandosi che il rigetto della richiesta di affidamento condiviso non era giustificato, in presenza di un vivo interesse manifestato – compatibilmente con le proprie ridotte capacità economiche – dalla madre. Neppure poteva considerarsi ostativa la permanenza della prole all’estero.
2.1 – Con la seconda censura gli aspetti sopra evidenziati vengono prospettati sotto il profilo del vizio motivazionale che inficerebbe la decisione impugnata: la corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle emergenze probatorie deponenti nel senso della capacità genitoriale della C. .
2.2 – Con il terzo mezzo si denuncia, infine, violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’omessa pronuncia sulle domande inerenti all’autorizzazione al rilascio del passaporto per le minori. Si prospetta, altresì, un regolamento del diritto di visita inteso ad accrescere le possibilità di incontro delle figlie con la madre e si denuncia, infine, l’eccessività della somma posta a carico della C. a titolo di contributo per il mantenimento della prole.
3 – Quest’ultimo motivo – nella parte relativa al rilascio del passaporto – è inammissibile.
Deve invero trovare applicazione il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui la pronuncia della Corte d’appello, sezione minorenni, riguardante un provvedimento provvisorio ed urgente, emesso, in corso di procedimento, salvo quanto si dirà più avanti in tema di affidamento del figlio naturale ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ., non è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., attesa la natura strumentale e il carattere revocabile di tale provvedimento. Tali aspetti non vengono meno neanche quando, come nella specie, l’oggetto delle censure del ricorrente riguardi la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione, ed in particolare del diritto al riesame da parte di un giudice diverso, in quanto la pronunzia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell’atto sia privo stante la natura strumentale, della problematica processuale (Cass., 20 novembre 2010, n. 23578).
3.1 – Con particolare riferimento, poi, al rilascio del passaporto, questa Corte ha già avuto modo di statuire, nel vigore della L. 21 novembre 1967, n. 1185, abrogato art. 14 (norme sui passaporti), e sostituito – senza significative interferenze sul principio qui richiamato – dall’art. 20 ter del D.l. 25 settembre 2009, n. 135, che in tema di autorizzazione al rilascio del passaporto al genitore con figlio minore, quando difetti l’assenso dell’altro genitore, non è ravvisabile il carattere di definitività e decisorietà nel provvedimento emesso dal tribunale, in esito a reclamo avverso il decreto del giudice tutelare che abbia concesso, o negato, l’autorizzazione all’iscrizione richiesta. Si tratta, infatti, di un provvedimento di volontaria giurisdizione, volto non già a dirimere in via definitiva un conflitto tra diritti soggettivi dei genitori del minore, bensì a valutare la corrispondenza del mancato assenso di uno di loro all’interesse del figlio: e dunque, espressivo di una forma gestoria dell’interesse del minore, come tale non soggetto a ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass., sez. 1, 14 maggio 2010, n. 11.771).
4 – Quanto ai restanti motivi, deve richiamarsi il più recente orientamento, condiviso dal Collegio, secondo cui la L. n. 54 del 2006, esprimendo un’evidente scelta di assimilazione della posizione dei figli naturali a quelli nati nel matrimonio, quanto al loro affidamento, precisa che “le disposizioni della presente legge si applicano anche (…) ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”.
Si è quindi ritenuto che la nuova disciplina, oltre a introdurre una sostanziale parificazione dei minori sotto il profilo sostanziale, comporta nuovi e significativi risvolti sul piano processuale, in quanto conferisce una definitiva autonomia al procedimento di cui all’art. 317 bis cod. civ., allontanandolo dall’alveo della procedura ex art. 330, 333, 336 c.c. e avvicinandolo, e per certi versi assimilandolo, a quello di separazione e divorzio, con figli minori.
Questa Corte ha quindi affermato che il decreto emesso ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ. ha natura sostanziale di sentenza, presentando il requisito della decisorietà, in quanto risolve una controversia in atto tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo, e della definitività, con efficacia assimilabile, “rebus sic stantibus”, a quella del giudicato. È stata quindi affermata, per tali ragioni, la piena ricorribilità per cassazione, nel regime dettato dalla L. n. 54 del 2006, dei provvedimenti emessi dalla Corte di Appello – Sezione per i minorenni, ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ., precisandosi altresì, pure nell’ambito delle forme camerali che li caratterizzano, che debbano applicarsi i termini di impugnazione di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., trattandosi di appello mediante ricorso, e non di reclamo ex art. 739 c.p.c. (Cass., 21 marzo 2011, n. 6319; Cass., 13 settembre 2012, n. 15341, in motivazione).
5 – Tanto premesso, deve tuttavia rilevarsi, sotto i seguenti, distinti profili, l’inammissibilità dei motivi di ricorso in esame.
5.1 – Con la prima censura si denuncia, in termini assolutamente generici, la violazione delle norme contenute negli artt. 155, 317 bis c.c., 30 e 111 Cost., mediante la loro mera enunciazione, senza indicare, in ossequio al principio di specificità, la ragione in virtù della quale il provvedimento impugnato si sarebbe posto in contrasto con tali disposizioni, in una fattispecie, per altro, nella quale, pur costituendo l’affidamento condiviso, in virtù del principio della bigenitorialità, una scelta prioritaria, è consentito anche l’affidamento a un solo genitore, quando l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Tale aspetto non risulta in alcun modo attinto dalle osservazioni della ricorrente, in buona parte afferenti eventi privi di significativo rilievo, ovvero verifica – tisi in epoca successiva al provvedimento impugnato.
5.2 – D’altra parte, anche con riferimento al vizio motivazionale dedotto con il secondo mezzo, non sembra sia stata colta la “ratio decidendi” che sorregge la decisione in esame, in quanto, indipendentemente dalla capacità genitoriale della C. , che viene sostanzialmente riconosciuta, la corte territoriale ha posto in evidenza – senza che il punto sia stato adeguatamente censurato – la peculiarità della situazione delle minori, “che vivono ormai stabilmente in (OMISSIS) affidate di fatto alla nonna paterna e allo zio paterno”.
Valutata tale circostanza, la corte di appello ha ritenuto che l’affidamento esclusivo al padre – suscettibile di revisione in caso di mutamento della descritta situazione – appaia maggiormente corrispondente agli interessi delle minori, “sì da mantenere una medesima linea guida nella loro educazione, senza inutili e soprattutto dannosi, possibili contrasti”.
Tale ragione della decisione, vale bene ripeterlo, non risulta attinta da specifiche e argomentate censure, al di là di generiche riaffermazioni, da parte della C. , del proprio attaccamento alla prole, che, come sopra evidenziato, la Corte di appello non disconosce, ma dal quale, per le ragioni indicate, senza per altro incorrere in contraddizione, ritiene, almeno allo stato, di dover prescindere.
5.3 – Quanto alla disciplina dei tempi di frequentazione con la madre, che costituisce uno dei profili di censura del terzo mezzo, debbono richiamarsi i rilievi già svolti circa la “ratio decidendi” che ha ispirato il provvedimento impugnato in relazione all’affidamento al padre, nel senso della carenza di attualità della questione fino alla permanenza delle figlie in (omissis), con l’opportuna precisazione che anche tale aspetto avrebbe dovuto essere regolato, previa audizione delle minori, anche sulla base delle loro intenzioni.
Anche tale aspetto, come sopra evidenziato, non risulta adeguatamente censurato.
5.4 – Passando, infine, alla censura inerente alla determinazione per il contributo del mantenimento, deve rilevarsi che trattasi di mera questione di merito, per altro proposta non sotto il profilo dell’adeguatezza della somma determinata dal giudice del merito rispetto alle “crescenti esigenze delle minori”, bensì mediante la mera rappresentazione della necessità, estranea alla suddetta ragione della decisione, di risparmiare per poter sostenere le spese per i viaggi in (omissis).
5.5 – Non si provvede in merito al regolamento delle spese processuali, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

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