Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 26 giugno 2017, n. 31467

Ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo del reato di molestie (art. 660 c.p.), è necessaria la coscienza e volonta? di tenere la condotta nella consapevolezza della sua idoneita? a molestare o disturbare il soggetto passivo, inopportunamente interferendo nella sua sfera di liberta?.

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 26 giugno 2017, n. 31467

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 937/2014 TRIBUNALE di SAVONA, del 06/06/2016;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO VANNUCCI;

Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;

Per il ricorrente nessuno e’ comparso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa il 13 maggio 2016 a definizione di processo di opposizione a decreto penale di condanna il Tribunale di Savona: ritenne (OMISSIS) responsabile della commissione della contravvenzione di cui all’articolo 660 c.p., consistita nell’avere tale persona, il (OMISSIS), recato molestia, per petulanza, a medici ed infermieri in servizio presso il reparto di dermatologia dell’Ospedale (OMISSIS), alzando la voce, ingiuriando il personale, pretendendo in modo insistente, secondo tempi e modi da lui arbitrariamente stabiliti, terapie e assistenza, nell’immediato non dovute; previa concessione di circostanze attenuanti generiche, lo condanno’ alla pena di Euro 300,00 di ammenda, disponendo che la relativa esecuzione venisse condizionalmente sospesa e che della sentenza non si facesse menzione nel certificato del casellario giudiziale; condanno’ in forma generica (OMISSIS) a risarcire alla Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) dell’equivalente pecuniario del danno cagionato dal reato rimettendo le parti avanti al giudice civile per la liquidazione di tale danno.

A sostegno di tale decisione e’ evidenziato che: alla luce dei risultati dell’istruttoria, i comportamenti di (OMISSIS), rientranti nell’arco temporale indicato nel capo di imputazione (periodo compreso fra il (OMISSIS) e il (OMISSIS)), costituivano l’illecito contestato solo quanto a quelli verificatisi il giorno (OMISSIS); in tale occasione (OMISSIS), abituale frequentatore del reparto di dermatologia dell’Ospedale (OMISSIS), dopo essere stato visitato per circa trenta minuti dal dermatologo (OMISSIS), alla notizia che era guarito dalla malattia che lo affliggeva e che non erano necessarie ulteriori visite nell’immediato, inizio’ ad inveire ad alta voce verso il medico e le infermiere presenti, insulto’ e minaccio’, con volgari e pesanti frasi, il medico, sferro’ un calcio ad una sedia facendola sbattere contro una parete, diede un pugno contro una parete, pretendendo di essere curato quando e come volesse lui secondo le prescrizioni del suo medico personale; tale episodio provoco’ confusione ed agitazione fra personale e pazienti presenti nel reparto; la volonta’ di esercitare il diritto a ricevere cure sanitarie non scriminava la condotta petulante ed aggressiva in concreto tenuta; sussisteva il dolo consistente nel tenere tale condotta molesta, per il personale ed i pazienti presenti quel giorno nel reparto, per i motivi specificamente illustrati a pagina nove della sentenza.

Per la cassazione di tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso (atto sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), sostituto processuale per la redazione di tale atto e per il giudizio di cassazione, dell’avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia di (OMISSIS)) deducendo, in primo luogo, la non correlazione fra capo di imputazione e decisione, dal momento che l’accusa aveva riferimento anche a fatti avvenuti dopo il (OMISSIS) e prima del (OMISSIS). Inoltre, esso ricorrente si era sempre presentato in ospedale dopo avere prenotato le visite e non aveva mai preteso di farsi visitare prima degli altri pazienti, si’ che i fatti commessi il (OMISSIS) non integravano gli estremi della contravvenzione indicati nel capo di imputazione.

Con il secondo motivo di impugnazione sono denunciati violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza dell’elemento psicologico del biasimevole motivo fondante l’azione, dal momento che: i comportamenti qualificati come rientranti nell’ambito di applicabilita’ dell’articolo 660 c.p. erano stati determinati dal convincimento di esso (OMISSIS) di essere stato vittima dell’ingiusto comportamento del dott. (OMISSIS) che aveva interrotto la visita quando si senti’ dire da esso ricorrente che non poteva rifiutarsi di visitarlo se fosse ritornato con regolare richiesta di visita da parte del medico curante e previo appuntamento; nel caso concreto non vi sarebbe stata consapevolezza di molestare e disturbare senza una valida ragione; il comportamento da esso tenuto non era, in buona sostanza, caratterizzato dalla consapevolezza di fare dispetto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato (OMISSIS) e’ sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), del foro di Savona, iscritto nell’albo speciale degli avvocati abilitati al patrocinio avanti la Corte di cassazione, per iscritto designato dall’avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia di (OMISSIS), non iscritto in tale albo, quale suo sostituto processuale per la redazione e sottoscrizione del ricorso.

Tale ricorso e’ ammissibile in rito, alla luce dei precetti rispettivamente recati, dall’articolo 102 c.p.p. e dal successivo articolo 571, comma 3, dello stesso codice, per come interpretati da Cass. S.U., n. 40517 del 28 aprile 2016, Taysir, Rv. 267627.

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto fra loro strettamente connessi.

L’accusa mossa a (OMISSIS) (capo di imputazione) era quella di avere, in ripetute occasioni, temporalmente collocate fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), recato per petulanza disturbo al personale medico ed infermieristico del reparto di dermatologia dell’Ospedale (OMISSIS), alzando la voce, ingiuriando il personale e pretendendo in modo insistente terapie ed assistenza, anche non dovute nell’immediato, con tempi e modi da lui arbitrariamente stabiliti; in tal guisa commettendo la contravvenzione prevista dall’articolo 660 c.p..

Per come formulata, l’accusa evidenziava dunque che l’atteggiamento petulante, di arrogante invadenza e di intromissione continua ed inopportuna nella sfera di liberta’ dei medici e degli infermieri che prestavano la propria opera all’interno di tale Ospedale costituiva l’elemento materiale caratteristico della contravvenzione concretamente contestata all’odierno ricorrente ed e’ noto che la continuita’ dei comportamenti di disturbo integra l’elemento materiale costitutivo del reato in questione; con la conseguenza che in tale ipotesi non trova applicazione la disciplina recata dall’articolo 81 c.p., comma 2, avente quale presupposto la commissione di una pluralita’ di reati mediante una pluralita’ di azioni (in questo senso, cfr., fra le altre, Cass. Sez. 1, n. 6908 del 24 novembre 2011, dep. 2012, Zigrino, Rv. 252063; Cass. Sez. 1, n. 17308 del 13 marzo 2008, Gerli, Rv. 239615; Cass. Sez. 1, n. 14512 del 3 febbraio 2004, Pelliccia, Rv. 228828).

La sentenza impugnata ha pero’: accertato che i fatti accaduti in giorni diversi dal (OMISSIS) (nel periodo dunque compreso fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) e che avevano avuto (OMISSIS) fra i suoi protagonisti non erano in alcun modo qualificabili come comportamenti di disturbo; ritenuto che solo i comportamenti tenuti da tale persona la mattina del (OMISSIS) fossero qualificabili come molestia e disturbo a medici ed infermieri del nosocomio, nonche’ ai pazienti quel giorno presenti nel reparto.

E’ certamente vero che il reato di cui all’articolo 660 c.p. non e’ necessariamente abituale, per cui puo’ essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purche’ ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri (in questo senso, cfr., fra le altre, Cass. Sez. 1, n. 32758 del 7 novembre 2013, dep. 2014, Moresco, Rv. 258260; Cass. Sez. 6, n. 43439 del 23 novembre 2010, N., Rv. 248982; Cass. Sez. 1, n. 29933 del 8 luglio 2010, Arena, Rv. 247960), ma e’ altrettanto vero che, non avendo l’odierno ricorrente, per come accertato con la stessa sentenza, mai preteso in maniera petulante alcunche’ dopo il (OMISSIS), il comportamento complessivamente tenuto in tale ultimo giorno da tale persona avrebbe dovuto essere valutato con maggiore attenzione quanto alla qualificazione dello stesso quale molestia e, soprattutto, quanto all’elemento soggettivo che le azioni quel giorno compiute aveva sorretto.

Sul punto, invero, la sentenza e’ contraddittoria, in quanto: da un lato afferma che, in contrasto con il capo di imputazione, (OMISSIS) si era sempre presentato in ospedale dopo avere prenotato le visite, non aveva richiesto di essere visitato prima degli altri pazienti che lo stesso giorno erano in attesa di visite, non aveva preteso terapie con tempi e modi da lui arbitrariamente stabiliti e, dall’altro, evidenzia che l’odierno ricorrente, in replica all’affermazione del medico di turno secondo cui egli era clinicamente guarito, “si altero’, sostenendo con veemenza che qualora ne avesse avuto la necessita’, su prescrizione del medico di base, si sarebbe certamente ripresentato”, valorizzando poi, quali elementi costitutivi della contravvenzione contestata, comportamenti (ingiurie al personale; calcio sferrato ad una sedia; pugno sferrato contro un muro) affatto estranei alla fattispecie delineata dall’articolo 660 c.p..

Inoltre, affatto fragile e’ la parte della sentenza dedicata all’elemento soggettivo caratterizzante il comportamento di (OMISSIS) in quel giorno, avendo il giudice di merito sul punto solo evidenziato che: “non era la prima volta che il (OMISSIS) manifestava un atteggiamento oggettivamente pressante nei confronti dello staff di Dermatologia”; l’imputato aveva quel giorno stesso fatto ritorno in ospedale “a testimonianza dell’atteggiamento insistente e provocatorio attraverso cui egli ha inteso far valere le proprie istanze”.

Tali considerazioni non esprimono invero la sussistenza nel caso di specie dell’elemento soggettivo del reato, consistente nella coscienza e volonta’ di tenere la condotta nella consapevolezza della sua idoneita’ a molestare o disturbare il soggetto passivo, inopportunamente interferendo nella sua sfera di liberta’ (in questo senso, cfr. Cass. Sez. 1, n. 33267 del 11 giugno 2013, Saggiamo, Rv. 256992; Cass. Sez. 1, n. 19071 del 30 marzo 2004, Gravina, Rv. 228217; Cass. Sez. 1, n. 4053 del 12 dicembre 2003, dep. 2004, Rota, Rv. 226992).

La sentenza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio al Tribunale di Savona che, in persona di magistrato diverso da quello che tale decisione pronuncio’ (articolo 623 c.p.p., lettera d), dovra’ valutare se: i comportamenti complessivamente tenuti da (OMISSIS) il giorno (OMISSIS) siano stati ispirati da petulanza, consistente in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera dell’attivita’ professionale svolta da medici ed infermieri dell’ospedale in cui i fatti avvennero; l’agire di tale persona in tale occasione fosse espressivo di consapevolezza della sua idoneita’ a molestare o disturbare tali persone, inopportunamente interferendo nella loro sfera di liberta’.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Savona

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