Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 25 ottobre 2016, n. 21517

La funzione del bilancio consiste nell’informare i soci e i terzi dell’attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione: la relativa delibera di approvazione, non traducendosi nell’approvazione dei singoli atti gestori, non è quindi configurabile come ratifica tacita degli atti giuridici posti in essere da un soggetto che abbia agito in qualità di rappresentante della società senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, a meno che non risulti accertata univocamente, al di là della mera approvazione, la volontà specifica di far proprio l’atto posto in essere dal falsus procurator

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 25 ottobre 2016, n. 21517

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di liquidatore p.t. della (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), unitamente all’avv. (OMISSIS), dal quale e’ rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.P.A., rappresentata dall’avv. (OMISSIS), in virtu’ di procura per notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), unitamente agli avv. (OMISSIS), dai quali e’ rappresentata e difesa in virtu’ di procura speciale per notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania n. 376/10, pubblicata il 20 aprile 2010;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 marzo 2016 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. (OMISSIS) per delega del difensore dei ricorrenti e l’avv. (OMISSIS) per delega del difensore della controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – L’ (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, gia’ intestataria di un conto corrente presso l’Agenzia di (OMISSIS) del (OMISSIS) S.p.a., convenne in giudizio quest’ultimo, per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 404.012,34, a titolo di risarcimento dei danni per aver omesso di verificare le sottoscrizioni, risultate apocrife, apposte su richieste di bonifico e assegni, per aver omesso di riportare nelle richieste di bonifico i dati identificativi dell’ordinante e dell’autore dell’operazione, in violazione della normativa antiriciclaggio, e per aver consentito l’effettuazione di operazioni da parte di (OMISSIS), nonostante la stessa fosse sprovvista di delega dell’amministratore della societa’.

Si costitui’ la Banca e resistette alla domanda, chiedendo autorizzarsi la chiamata in causa di (OMISSIS), amministratore dell’ (OMISSIS), al fine di esercitare, in via surrogatoria, azione di responsabilita’ nei confronti dello stesso, ai sensi degli articoli 2392 e 2395 c.c..

Autorizzata la chiamata in causa, si costitui’ il (OMISSIS), chiedendo il rigetto della domanda avanzata nei suoi confronti.

1.1. – Con sentenza del 23 novembre 2006, il Tribunale di Catania accolse la domanda, dichiarando la responsabilita’ contrattuale della Banca e, ai sensi dello articolo 1227 c.c., comma 1, il concorso colposo del (OMISSIS), nella misura del 50%, condannando il (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 197.874.51, oltre interessi e rivalutazione, e rigettando la domanda di rivalsa proposta dal Banco nei confronti del (OMISSIS).

2. – L’impugnazione proposta dal (OMISSIS) e’ stata parzialmente accolta dalla Corte d’Appello di Catania, che con sentenza del 20 aprile 2010 ha rideterminato la somma dovuta in Euro 11.704,24, oltre rivalutazione ed interessi, rigettando il gravame incidentale proposto dall’ (OMISSIS).

Premesso che gli appellati, pur avendo negato che la (OMISSIS) fosse stata specificamente incaricata di effettuare operazioni bancarie per conto della societa’, non avevano contestato che essa era stata presentata al responsabile operativo ed al personale dipendente dell’Agenzia di (OMISSIS) quale addetta alla contabilita’ e persona di fiducia che avrebbe curato i rapporti con la Banca, la Corte ha ritenuto che tale circostanza non fosse sufficiente a giustificare l’inosservanza delle norme di legge e di diligenza da parte degli operatori del (OMISSIS), osservando che questi ultimi, ove avessero controllato le sottoscrizioni apposte sugli assegni e le richieste di bonifico, ne avrebbero potuto agevolmente constatare la evidente difformita’ da quelle contenute nello specimen. Ha ritenuto pertanto giustificata l’affermazione della responsabilita’ della Banca, anche per aver accettato bonifici compilati in modo irregolare, escludendo l’operativita’ della decadenza prevista dall’articolo 1832 c.c., in quanto la mancata contestazione degli estratti conto non impedisce di far valere l’invalidita’ o l’inefficacia dei rapporti da cui derivano gli addebiti e gli accrediti.

La Corte ha inoltre confermato che alla negligenza della Banca aveva fatto riscontro quella della societa’ e del suo amministratore, rilevando che quest’ultimo aveva omesso di controllare gli estratti conto inviatigli periodicamente e di custodire diligentemente i libretti di assegni, nonche’ di esercitare qualsiasi controllo sui dipendenti e sulla contabilita’ della societa’; precisato infatti che le operazioni contestate, d’importo rilevante, risultavano annotate nella contabilita’ ufficiale ed approvate nei bilanci, ha osservato che un’adeguata vigilanza avrebbe consentito al (OMISSIS) di accorgersi delle anomalie riscontrate fin dall’emissione del primo assegno e di evitare il notevole ammanco verificatosi successivamente. Ha ritenuto pertanto inapplicabile l’articolo 1227 c.c., comma 1, richiamando invece il secondo comma. e liquidando il danno in misura pari all’importo del primo assegno; ha invece rigettato, per mancanza di prova, la domanda di risarcimento del lucro cessante, riproposta con l’appello incidentale.

3. – Avverso la predetta sentenza l’ (OMISSIS) ed il (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito con controricorso l’ (OMISSIS) S.p.a., in qualita’ di avente causa dal (OMISSIS), cui e’ succeduta a seguito di fusione per incorporazione con atto per notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), proponendo a sua volta ricorso incidentale, articolato in sette motivi, ed anch’esso illustrato con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, deve escludersi che, come sostenuto dalla difesa della controricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., la cancellazione dell’ (OMISSIS) dal registro delle imprese, intervenuta ai sensi dello articolo 2490 c.c., u.c., in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione, abbia comportato, con l’estinzione della societa’, il venir meno dell’interesse alla decisione.

In proposito, va infatti richiamato il principio, enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, qualora alla cancellazione dal registro delle imprese, che determina l’estinzione della societa’, non abbia fatto riscontro il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla stessa, si determina un fenomeno successorio, in virtu’ del quale a) le obbligazioni non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali, b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarita’ o comunione indivisa; c) restano escluse da tale vicenda le mere pretese, ancorche’ azionate o azionabili in giudizio, ed i crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attivita’ ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), in quanto il mancato espletamento di tale attivita’ da parte del liquidatore consente di ritenere che la societa’ vi abbia rinunciato, con conseguente cessazione della materia del contendere (cfr. Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070 e 6071; Cass., Sez. I, 24 dicembre 2015, n. 25974).

In applicazione di tale principio, deve escludersi nella specie la possibilita’ di ricollegare all’estinzione della societa’ il venir meno dell’interesse alla decisione, non solo perche’ la cancellazione ha avuto luogo a seguito della mancata presentazione del bilancio di liquidazione, con la conseguente difficolta’ di distinguere tra i diritti trasferiti ai soci e quelli destinati all’estinzione, ma anche e soprattutto per l’impossibilita’ di ravvisare l’inerzia del liquidatore, alla cui iniziativa si deve l’instaurazione e la prosecuzione del giudizio fino alla presente fase.

2. – Con il primo motivo del ricorso principale, l’ (OMISSIS) ed il (OMISSIS) denunciano la violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, osservando che la sentenza impugnata non ha esaminato il motivo di appello incidentale con cui era stata dedotta l’omessa pronuncia della sentenza di primo grado in ordine alla responsabilita’ extracontrattuale della Banca, fatta valere, con l’atto di citazione in primo grado, unitamente a quella contrattuale.

2.1. – Il motivo e’ infondato.

La natura processuale del vizio lamentato consente di procedere all’esame diretto degli atti di causa, dal quale si evince che, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti la pretesa risarcitoria avanzata nei confronti del (OMISSIS) era fondata su due distinte causae petendi, costituite rispettivamente dall’inadempimento degli obblighi inerenti al servizio prestato in esecuzione del contratto di conto corrente e dall’inosservanza dei canoni di diligenza, perizia ed accortezza ricollegabili al principio generale neminem laedere. In quanto proposta in via alternativa rispetto a quella fondata sul contratto, la domanda di risarcimento per responsabilita’ extracontrattuale e’ rimasta assorbita dall’accoglimento della stessa, la cui conferma in appello impedisce di ravvisare un difetto di pronuncia, pur in mancanza di una specifica statuizione in ordine al motivo di gravame avente ad oggetto la sua riproposizione: il vizio in questione postula infatti la mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che, ritualmente ed incondizionatamente proposta, richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, e non e’ pertanto configurabile, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (cfr. Cass., Sez. lav., 26 gennaio 2016, n. 1360; Cass., Sez. V, 20 febbraio 2015, n. 3417; Cass., Sez. 3, 11 gennaio 2006. n. 264).

3. – Logicamente prioritario rispetto all’esame del secondo motivo risulta poi quello del primo motivo del ricorso incidentale, con cui l’ (OMISSIS) lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1188 c.c., comma 2, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nel dichiarare la responsabilita’ del (OMISSIS), la sentenza impugnata non ha considerato che le operazioni contestate erano state riportate dall’amministratore nei bilanci dell’ (OMISSIS) relativi agli anni (OMISSIS). la cui approvazione da parte dei soci ne aveva comportato la ratifica.

3.1. – Il motivo e’ infondato.

Com’e’ noto, infatti, la funzione del bilancio consiste nell’informare i soci e i terzi dell’attivita’ svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della societa’ e dei risultati economici della gestione: la relativa delibera di approvazione, non traducendosi nell’approvazione dei singoli atti gestori, non e’ quindi configurabile come ratifica tacita degli atti giuridici posti in essere da un soggetto che abbia agito in qualita’ di rappresentante della societa’ senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facolta’ conferitegli, a meno che non risulti accertata univocamente, al di la’ della mera approvazione, la volonta’ specifica, nella specie neppure prospettata, di far proprio l’atto posto in essere dal falsus procurator (cfr. Cass., Sez. 1, 13 marzo 2013, n. 6220; 9 giugno 2004, n. 10895; 9 dicembre 1983, n. 7296).

4. – Prioritario, rispetto all’esame delle altre censure, e’ anche quello del quarto motivo del ricorso incidentale, con cui la controricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1176, 1335, 1375, 1832 e 1857 c.c., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nell’accogliere la domanda, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’avvenuta proposizione della stessa a circa due anni di distanza dalla segnalazione delle operazioni irregolari e della mancata contestazione degli estratti conto trasmessi all’ (OMISSIS) nel termine di sei mesi dalla ricezione degli stessi.

4.1. Il motivo e’ in parte infondato, in parte inammissibile.

La mancata contestazione degli estratti conto da parte della societa’ attrice e’ stata correttamente ritenuta irrilevante dalla Corte di merito, in applicazione del principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’ in tema di conto corrente. secondo cui l’approvazione tacita dell’estratto conto, ai sensi dello articolo 1832 c.c., ha la limitata funzione di certificare la verita’ storica dei dati nello stesso riportati, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista menzionati come causali di determinate annotazioni, e preclude pertanto qualsiasi contestazione in ordine alla conformita’ delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti (salva l’impugnazione per errori, omissioni e duplicazioni di carattere formale), ma non impedisce al correntista di far valere l’invalidita’ o l’inefficacia dei predetti rapporti (cfr. Cass., Sez. 1, 14 febbraio 2011, n. 3574; 19 marzo 2007, n. 6514; 18 maggio 2006, n. 11749).

Nel censurare la predetta affermazione, la controricorrente non e’ in grado di addurre argomenti idonei a giustificare una rimeditazione del citato orientamento, ma si limita a ribadire la contrarieta’ alla buona fede del comportamento tenuto dalla societa’ attrice, gia’ fatta valere in appello, evidenziando l’ulteriore ritardo con cui e’ stata proposta l’azione in giudizio, rispetto alla scadenza del termine previsto dall’articolo 1832 c.p.c., senza tuttavia considerare che, in assenza di un comportamento colposo della societa’ attrice idoneo ad ingenerare nel (OMISSIS) la convinzione che essa avesse inteso ratificare le operazioni compiute in suo nome dal dipendente sfornito di poteri rappresentativi, il mero intervallo di tempo trascorso dalla ricezione degli estratti conto, anche se accompagnato dalla buona fede del Banco, non avrebbe potuto essere considerato sufficiente ad escludere la responsabilita’ di quest’ultimo per l’inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di conto corrente.

5. – Con il secondo motivo del ricorso principale, l’ (OMISSIS) ed il (OMISSIS) denunciano l’insufficienza e la contraddittorieta’ della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell’affermare la loro concorrente responsabilita’, la sentenza impugnata ha omesso di accertare il nesso di causalita’ con l’evento dannoso, non avendo tenuto conto del rapporto esistente tra i dipendenti del (OMISSIS) ed il loro datore di lavoro, del mancato controllo degli assegni e delle richieste di bonifico e dell’evidenza della falsificazione delle relative firme. Nel porre in risalto il comportamento da loro tenuto, la Corte di merito non ha considerato che, avendo affidato la contabilita’ alla (OMISSIS), essi ricorrenti si erano limitati a verificare i saldi dei bilanci, astenendosi dal controllare le singole voci, peraltro abilmente modificate dalla dipendente.

– Le predette censure vanno esaminate congiuntamente a quelle proposte con il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui l’ (OMISSIS) lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, affermando che, nel dichiarare la responsabilita’ del (OMISSIS), la sentenza impugnata non ha considerato che l’evento dannoso era stato determinato esclusivamente dal comportamento doloso o gravemente colposo del (OMISSIS), che. in qualita’ di amministratore dell’ (OMISSIS), aveva omesso di custodire i libretti degli assegni e di seguire con diligenza la contabilita’ della societa’.

7. I due motivi sono in parte inammissibili, in parte infondati.

Ai tini dell’individuazione delle cause del danno, la Corte di merito ha tenuto opportunamente conto sia della condotta dei dipendenti del (OMISSIS) che di quella degli organi della societa’ attrice, osservando che la lamentata sottrazione di somme dal conto corrente intestato alla stessa avrebbe potuto essere impedita da una puntuale verifica delle sottoscrizioni apposte sugli assegni e sulle richieste di bonifico, nonche’ della regolare compilazione dei bonifici accettati, imposta dalle norme di legge e dai canoni di diligenza che presidiano il regolare svolgimento dell’attivita’ bancaria, ma aggiungendo che il pregiudizio avrebbe potuto essere almeno in parte evitato mediante una diligente custodia dei libretti di assegni e un adeguato controllo degli estratti conto periodicamente trasmessi dal Banco, nonche’ della contabilita’ e dell’operato dei dipendenti della societa’, incombenti allo amministratore nell’esercizio delle sue funzioni.

Nel contestare tale apprezzamento, le parti non sono in grado d’individuare le lacune argomentative o le carenze logiche del ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, ma si limitano ad insistere sulla rilevanza di elementi gia’ presi in considerazione dalla Corte territoriale, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l’apparente denuncia del vizio di motivazione, una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica e la coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale competono, in via esclusiva, l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, il controllo della loro attendibilita’ e concludenza e la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi (cfr. Cass., Sez. I, 4 novembre 2013, n. 24679; Cass.. Sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass., sez. lav., 18 marzo 2011, n. 6288).

Inconferente risulta poi il richiamo dei ricorrenti ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimita’ in tema di responsabilita’ indiretta del datore di lavoro per l’illecito commesso dai suoi dipendenti, ed in particolare al nesso di occasionalita’ necessaria tra il comportamento di questi ultimi e lo svolgimento delle mansioni loro affidate, che giustifica l’affermazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2049 c.c. anche nel caso in cui il fatto dannoso non sia ricollegabile direttamente alle predette mansioni, ma sia stato reso possibile o comunque agevolato dal loro esercizio (cfr. Cass., Sez. 6, 15 ottobre 2015, n. 20294; Cass., Sez. lav., 25 marzo 2013, n. 7403; Cass., Sez. 3, 12 marzo 2008, n. 6632): tale rapporto nella specie non viene in alcun modo in considerazione, non essendo mai stato posto in discussione che il controllo degli assegni e dei bonifici, alla cui negligente effettuazione la Corte di merito ha ricollegato la sottrazione delle somme dal conto corrente, rientrasse direttamente nelle incombenze dei dipendenti del Banco. Tale collegamento. sul quale la sentenza impugnata ha implicitamente fondato la responsabilita’ del Banco, conformemente al disposto dell’articolo 1228 c.c., non puo’ assumere alcun rilievo ai fini dell’esclusione del concorso della societa’ attrice nell’aggravamento del danno, che trova invece giustificazione nella condotta del suo amministratore, non improntata alla diligenza dovuta nell’adempimento dei doveri inerenti alla sua carica.

8. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, la controricorrente ribadisce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, osservando che, nel condannare il (OMISSIS) al risarcimento, la Corte di merito non ha considerato che, come dichiarato dal (OMISSIS) ai funzionari del Banco e precisato in un atto di precetto a quest’ultimo notificato, la societa’ aveva recuperato almeno in parte le somme sottratte.

8.1. – Il motivo e’ inammissibile, per difetto di specificita’.

Ai fini della liquidazione del danno, la sentenza impugnata ha tenuto infatti conto dell’aggravamento determinato dalla condotta dell’amministratore della societa’ attrice, affermando che, ove quest’ultimo avesse usato l’ordinaria diligenza nella custodia dei libretti degli assegni e nel controllo della contabilita’ e dell’operato dei dipendenti, il pregiudizio sarebbe stato limitato alla perdita determinata dalla prima operazione: ha conseguentemente riconosciuto alla societa’ attrice un risarcimento di Lire 22.662.567, pari all’importo sottratto dal conto corrente mediante un assegno emesso il (OMISSIS), escludendo il diritto al ristoro dei danni derivanti dalle operazioni successive. Nel contestare tale liquidazione, la controricorrente si limita ad affermare che il pregiudizio derivante dalla predetta operazione e’ interamente coperto dalla somma di Euro 62.491,28, recuperata dalla societa’ attrice nel corso del giudizio, omettendo tuttavia di precisare se tale importo comprenda anche quello sottratto mediante l’emissione dell’assegno indicato, ovvero si riferisca ad operazioni successive, la cui esclusione dal calcolo del risarcimento renderebbe irrilevante l’avvenuto recupero.

9. Con il quinto motivo, l’ (OMISSIS) deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2395 c.c. e dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, rilevando che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine al motivo di appello con cui il (OMISSIS) aveva riproposto l’azione di responsabilita’ avanzata in primo grado nei confronti del (OMISSIS), in dipendenza del comportamento doloso o gravemente colposo da lui tenuto nell’amministrazione della societa’, ed in particolare della mancata custodia dei libretti degli assegni e dell’omesso controllo della contabilita’ sociale.

10. – La predetta censura dev’essere esaminata congiuntamente a quella proposta con il sesto motivo, con cui la controricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2392 e 2395 c.c., nonche’ l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, ribadendo che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine all’azione di responsabilita’ proposta nei confronti del (OMISSIS) con l’atto di chiamata in causa, e riproposta con l’atto di appello.

11. – I predetti motivi sono fondati.

L’ (OMISSIS) ha infatti provveduto a trascrivere puntualmente nel ricorso il ventesimo ed il ventunesimo motivo di appello, con cui aveva censurato la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva rigettato la domanda di rivalsa da essa avanzata nei confronti dell’amministratore della societa’ attrice: tali censure, proposte in via subordinata rispetto a quelle concernenti l’affermazione della responsabilita’ del (OMISSIS), sono state erroneamente ritenute assorbite dal parziale accoglimento di queste ultime, il quale non ha condotto all’esclusione della predetta responsabilita’, e quindi al rigetto della domanda principale, ma solo ad una riduzione dell’importo liquidato a titolo di risarcimento, con la conseguenza che non poteva ritenersi cessato l’interesse della controricorrente ad una decisione nel merito della domanda di rivalsa.

12. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento del quinto e del sesto motivo del ricorso incidentale, restando assorbito il settimo motivo, con cui la controricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte concernente il regolamento delle spese processuali.

Non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., con il rigetto della domanda di rivalsa.

Tale domanda non trova infatti fondamento nella responsabilita’ solidale del (OMISSIS) per la causazione dell’evento dannoso, peraltro neppure affermata dalla sentenza impugnata, la quale ha espressamente escluso il concorso di colpa dello amministratore, ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, ricollegando al suo comportamento esclusivamente l’aggravamento del danno, ai sensi del comma 2 medesima disposizione, con statuizione non validamente censurata dall’ (OMISSIS); essa si ricollega invece agli articoli 2392 e 2395 c.c., espressamente richiamati dalla controricorrente, avendo la sua causa petendi nel pregiudizio patrimoniale cagionato alla societa’ attrice dall’inadempimento degli obblighi incombenti al terzo chiamato in qualita’ di amministratore. In quanto volta alla reintegrazione del patrimonio della societa’ danneggiato dalla violazione dei predetti obblighi, e subordinata ad una deliberazione dell’assemblea dei soci o del collegio sindacale, l’azione prevista dall’articolo 2392 c.c. non puo’ peraltro essere esercitata da un terzo, spettando la relativa legittimazione esclusivamente alla societa’, e non essendo stata neppure dedotta, nella specie, l’esistenza di un credito della controricorrente nei confronti dell’ (OMISSIS), idoneo a legittimare la proposizione della domanda in via surrogatoria, ai sensi dell’articolo 2900 c.c., richiamato dalla difesa dell’ (OMISSIS). Quanto invece all’azione di cui all’articolo 2395 c.c., spettante anche al terzo danneggiato da atti colposi o dolosi degli amministratori, l’esercizio della stessa presuppone che il danno subito dall’attore non costituisca il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito la societa’, ma una conseguenza diretta ed immediata del comportamento denunciato, nella specie neppure prospettata (cfr. Cass., Sez. 1, 10 aprile 2014, n. 8458; 22 marzo 2010, n. 6870; 3 aprile 2007, n. 8359).

13. – La reciproca soccombenza delle parti e la complessita’ delle questioni trattate giustificano la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese dei tre gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso incidentale, dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso incidentale, accoglie il quinto ed il sesto motivo, dichiara assorbito il settimo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal (OMISSIS) S.p.a. nei confronti di (OMISSIS); dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei tre gradi di giudizio.

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