Corte di Cassazione – sezione Feriale, Sentenza 13 – 21 settembre 2011, n. 34399. In tema di gratuito patrocinio, integra una responsabilità penale la condotta del cittadino che attesti falsamente con dichiarazione sostitutiva di notorietà di avere un reddito tale da giustificare il gratuito patrocinio
Le massime
In tema di gratuito patrocinio, integra una responsabilità penale la condotta del cittadino che attesti falsamente con dichiarazione sostitutiva di notorietà di avere un reddito tale da giustificare il gratuito patrocinio, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio
Il reato di pericolo si ravvisa se non rispondono al vero o sono omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva, ed in qualsiasi dovuta comunicazione contestuale o consecutiva, che implichino un provvedimento del magistrato, secondo parametri dettati dalla legge, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l’ammissione al beneficio
Il testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE
Sentenza 13 – 21 settembre 2011, n. 34399
Svolgimento del processo
Con sentenza del 7 maggio 2010, la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza con la quale, in data 30 gennaio 2007, il Tribunale di Brindisi affermava la penale responsabilità di I.A. per aver falsamente attestato, con dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, di essere nelle condizioni di reddito per ottenere il patrocinio a spese dello Stato, mentre, alla data di presentazione della domanda, tanto il marito quanto il cognato, con lei conviventi, risultavano percettori di reddito.
La Corte territoriale riqualificava il fatto contestato come reato previsto e punito dall’articolo 95 D.P.R. 11/2002, in quanto originariamente rubricato come violazione dell’articolo 483 C.P.
Avverso tale decisione la predetta proponeva ricorso per cassazione.
Premessa un’ampia ricostruzione della vicenda, deduceva, con un unico motivo di ricorso, la violazione del menzionato articolo 95 D.P.R. 115/2002, assumendo che, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, il reato di cui all’articolo 95 D.P.R. 115/2002, non potrebbe ritenersi configurato quando il reddito realmente percepito avrebbe ugualmente consentito l’ammissione al gratuito patrocini
Aggiungeva che, per lo stesso fatto, il marito era stato assolto con sentenza divenuta irrevocabile.
Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
La ricorrente popone, in questa sede, una non condivisibile lettura della disposizione applicata dalla Corte territoriale la quale, con ampia ed accurata motivazione, ha compiutamente indicato le ragioni per le quali era pervenuta ad una decisione di conferma della sentenza di primo grado.
Nel far ciò, i giudici del gravame hanno anche puntualmente richiamato la giurisprudenza di questa Corte.
Ciò posto, occorre osservare come la questione di diritto sollevata in ricorso sia stata affrontata dalle Sezioni Unite di questa Corte (SS.UU. n. 6591, 16 febbraio 2009) le quali hanno risolto la questione controversa, che aveva dato luogo a contrasto, affermando il principio così massimato: “integrano il delitto di cui all’articolo 95 d.P.R. n. 115 del 2002, le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio” e chiarendo che “il reato di pericolo si ravvisa se non rispondono al vero o sono omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva, ed in qualsiasi dovuta comunicazione contestuale o consecutiva, che implichino un provvedimento del magistrato, secondo parametri dettati dalla legge, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l’ammissione al beneficio”.
A fronte di tale condivisibile principio appare evidente l’infondatezza del motivo di ricorso prospettato né può assumere rilievo, in questa sede, il diverso esito di altro procedimento penale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Presidente Chieffi Relatore Ramacci
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