La c.d. “incapacita’ lavorativa” non e’ il danno: essa e’ solo la causa del danno, il quale e’ invece costituito dalla perdita o dalla riduzione del reddito da lavoro.

Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 12 aprile 2018, n. 9048.

La c.d. “incapacita’ lavorativa” non e’ il danno: essa e’ solo la causa del danno, il quale e’ invece costituito dalla perdita o dalla riduzione del reddito da lavoro.
Nel caso in cui l’infortunio totalmente invalidante sia patito da un lavoratore, la causa (perdita della capacita’ di lavoro) e l’effetto (perdita del reddito) sono contestuali. Quando si verifica la prima, sorge anche il secondo, e di conseguenza varranno le regole liquidatorie sopra ricordate: si dovra’ procedere alla sommatoria dei redditi passati, ed alla capitalizzazione dei redditi futuri, in base ad un coefficiente di capitalizzazione corrispondente all’eta’ della vittima al momento della liquidazione.
Quando, invece, la perdita della capacita’ di lavoro sia patita da soggetto che non abbia ancora raggiunto l’eta’ lavorativa, si verifica uno scarto temporale tra il momento in cui si verifica la causa di danno (la perdita della capacita’ di lavoro) e quello in cui si manifestera’ il suo effetto (la perdita del reddito da lavoro).
Quest’ultimo infatti non sorge al momento del fatto illecito, per l’ovvia considerazione che il minore, anche se fosse rimasto sano, non avrebbe comunque prodotto redditi, e di conseguenza non poteva perderli.
Il danno patito dal minore che perda la capacita’ di lavoro iniziera’, invece, a prodursi nel momento in cui la vittima, raggiunta l’eta’ nella quale, se fosse rimasto sano, avrebbe verosimilmente iniziato a lavorare, dovra’ rinunciare al lavoro ed al reddito da esso ricavabile.
Per tenere conto di questo divario temporale tra il momento dell’illecito ed il momento di insorgenza del danno il giudice di merito, quando liquida il danno permanete col metodo della capitalizzazione, puo’ teoricamente ricorrere a due sistemi:
(a) capitalizzare il reddito perduto in base ad un coefficiente corrispondente all’eta’ della vittima al momento del danno, e poi ridurre il risultato moltiplicandolo per il c.d. coefficiente di minorazione per anticipata capitalizzazione;
(b) capitalizzare il reddito perduto in base ad un coefficiente corrispondente all’eta’ della vittima al momento in cui avrebbe presumibilmente iniziato a lavorare.
Diversamente, infatti, la vittima si vedrebbe assegnare una somma di denaro a titolo di ristoro di redditi mai perduti, e cio’ costituirebbe una violazione dell’articolo 1223 c.c.

Sentenza 12 aprile 2018, n. 9048
Data udienza 22 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4122-2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI (OMISSIS), in persona del Rettore pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ rappresentata e difesa per legge;

– controricorrente –

e contro

SPA (OMISSIS), SPA (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 4287-2015 proposto da:

UNIVERSITA’ STUDI (OMISSIS), in persona del Rettore pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ rappresentata e difesa per legge;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), quest’ultima in proprio e nella qualita’ di tutrice dell’interdetto (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4514/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, inammissibilita’ e in subordine rigetto dell’incidentale;

udito l’Avvocato dello Stato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1997 i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), sia in proprio che quali rappresentanti ex lege dei propri figli minori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), convennero dinanzi al Tribunale di Napoli l’Universita’ degli Studi di (OMISSIS) (d’ora innanzi, per brevita’, “l’Universita’”), esponendo che:

(-) (OMISSIS) l'(OMISSIS) diede alla luce il proprio figlio primogenito (OMISSIS), nel reparto di ginecologia ed ostetricia del Policlinico Universitario, gestito dall’Universita’;

(-) il bimbo nacque con un grave ritardo neuromotorio dovuto ad ipossia cerebrale intra partum;

(-) il danno fu causato dalla colpevole condotta dei sanitari del Policlinico Universitario, i quali nonostante un evidente quadro sintomatico di sofferenza fetale, non eseguirono prontamente un parto cesareo, non sorvegliarono adeguatamente la gestante durante il travaglio, e comunque le somministrarono dosi eccessive di ossitocina, che si rivelarono controproducenti rispetto al felice esito del parto.

2. L’Universita’ si costitui’, negando la propria responsabilita’ e contestando il quantum debeatur.

Con sentenza 12 marzo 2004 n. 3055 il Tribunale di Napoli accolse la domanda.

La sentenza venne appellata da tutte le parti.

3. Con sentenza 30 dicembre 2013 n. 4514 la Corte d’appello di Napoli accolse parzialmente tanto l’appello principale proposto dall’Universita’, quanto l’appello incidentale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), sia in proprio che quali rappresentanti dei propri figli minori.

Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello liquido’ in misura piu’ cospicua, rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale, sia il danno (patrimoniale e non patrimoniale) patito da (OMISSIS), sia il danno patrimoniale patito dai suoi genitori.

La Corte d’appello ritenne invece, accogliendo sul punto il gravame dell’Universita’, che non spettasse alcun risarcimento ai minori (OMISSIS) e (OMISSIS), fratelli postumi di (OMISSIS), poiche’, essendo nati dopo quest’ultimo, non poteva dirsi sussistente un valido nesso di causa fra l’errore dei sanitari e il danno da essi lamentato.

4. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione:

(-) da (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso fondato su due motivi;

(-) dall’Universita’ degli Studi di (OMISSIS), con ricorso autonomo (ma da qualificare come incidentale, perche’ proposto per secondo), fondato su due motivi.

Al ricorso dell’Universita’ hanno resistito con due distinti controricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS) da un lato, e gli altri intimati dall’altro.

I germani (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato due distinte memorie ex articolo 378 c.p.c.: l’una per sostenere il ricorso da essi proposto, l’altra per contrastare quello proposto dall’Universita’.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale.

1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti principali sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli articoli 1218, 1223, 1225, 2043, 2056, 2059 e 2909 c.c.; articoli 324 e 346 c.p.c.; articolo 185 c.p..

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