Solo l’esistenza nello Stato di un procedimento penale parallelo per il fatto, oggetto del mandato di arresto Europeo, commesso in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio, giustifica il rifiuto della consegna ai sensi dell’articolo 18, lettera p)

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Conseguentemente, in presenza di reati, quali quelli di criminalita’ organizzata, la cui repressione trova la sua fonte nel diritto dell’Unione Europea (cfr. la decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008 relativa alla lotta contro la criminalita’ organizzata) e che si realizzano tipicamente in una dimensione transnazionale, il mero rifiuto della consegna non viene di per se’ a tutelare la riserva di giurisdizione dello Stato di rifugio, con l’effetto perverso di poter disporre fisicamente dell’imputato, ma di non poterlo poi giudicare o sottoporre a sanzione a causa del ne bis idem. In tal modo, il rischio dell’applicazione generalizzata della causa di rifiuto potrebbe condurre paradossalmente all’impunita’ di fatto della persona.

La esigenza di coordinare l’esercizio dell’azione penale in presenza di reati coinvolgenti piu’ Stati dal punto di vista territoriale era stata gia’ avvertita dall’Unione Europea, tanto da gia’ prevedere in nuce nella ora citata decisione quadro del 2008 un meccanismo per consentire di “accentrare” il procedimento penale in un unico Stato membro.

Meccanismo che ha trovato poi nella decisione quadro del 2009 sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali la sua puntuale disciplina.

4.3. Orbene, tirando le fila del discorso, lâEuroËœesegesi della disposizione di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera p), non puo’ prescindere da un lato dall’incidenza del principio del ne bis in idem e dall’altro dalla disciplina dettata dalla decisione del 2009 ora citata.

Invero, come si visto, una indiscriminata tutela della riserva di giurisdizione in presenza di quel “frammento” della condotta sufficiente, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana, ai sensi dell’articolo 6 c.p., comma 2, potrebbe non sortire alcun effetto sul concreto esercizio della giurisdizione stessa, a causa del ne bis in idem, con l’effetto tuttavia di paralizzare tout court il meccanismo di consegna.

Inoltre, la soluzione prefigurata da precedenti arresti di legittimita’, secondo cui ogni qual volta il giudice italiano rifiuti la consegna, a tutela della giurisdizione territoriale, sia tenuto a trasmettere conseguentemente gli atti alla Procura della Repubblica territorialmente competente per i seguiti di competenza in ordine ai suddetti fatti, risulta contraria alle finalita’ della citata decisione quadro del 2009, nella misura in cui il rifiuto della consegna viene esso stesso a costituire il presupposto per dar vita ad un procedimento penale parallelo “superfluo”, nell’ottica dell’Unione Europea. Come ha chiarito la suddetta decisione quadro, “nello spazio comune di liberta’, sicurezza e giustizia il principio di obbligatorieta’ dell’azione penale, che informa il diritto processuale in vari Stati membri, dovrebbe essere inteso e applicato in modo da ritenerlo soddisfatto quando ogni Stato membro garantisce l’azione penale in relazione ad un determinato reato”.

Invero, la decisione quadro si prefigge non solo di indicare le modalita’ per risolvere consensualmente il conflitto di giurisdizione tra Stati membri in presenza di “procedimenti paralleli” gia’ in corso, ma anche significativamente si rivolge agli Stati membri affinche’ siano evitati “procedimenti penali paralleli superflui che potrebbero determinare la violazione del principio del ne bis in idem”.

Quindi, deve ritenersi che anche la applicazione della disciplina sul mandato di arresto Europeo, in conformita’ di quanto stabilisce la decisione quadro del 2009, “non dovrebbe dar luogo ad un conflitto nell’esercizio della giurisdizione che altrimenti non si verificherebbe”, non potendo la mera esecuzione del mandato di arresto Europeo dar vita essa stessa ad un procedimento penale che si riveli superfluo, in quanto gia’ lo Stato membro di emissione garantisce l’azione penale in relazione a quel determinato reato.

Il che significa, coerentemente con quanto gia’ affermato da questa Corte con la sentenza n. 5549 del 01/02/2018, Manco, cit., che solo l’esistenza nello Stato di un procedimento penale parallelo per il fatto, oggetto del mandato di arresto Europeo, commesso in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio, giustifica il rifiuto della consegna ai sensi dell’articolo 18, lettera p), in quanto in tal caso la soluzione del conflitto (gia’ esistente e non meramente potenziale) deve trovare necessaria soluzione nel meccanismo disciplinato dalla decisione quadro del 2009 e dal Decreto Legislativo n. 29 del 2016.

In tal caso il rifiuto della consegna viene effettivamente a tutelare le prerogative dello Stato di esecuzione in funzione della composizione del conflitto (non impedendo, e’ bene precisare, una successiva richiesta di consegna per il medesimo fatto, nel caso di accordo sulla concentrazione del procedimento nello Stato membro di emissione).

La lettura ora proposta della norma non verrebbe in ogni caso a duplicare l’ipotesi di rifiuto prevista dalla lettera o) dell’articolo 18 cit., che riguarda la diversa ipotesi di reato non commesso neppure in parte nello Stato (in tal senso si era espresso il Consiglio di Europa con riferimento all’analogo motivo di rifiuto previsto dall’articolo 8 della Convenzione Europea di estradizione, cfr. Rapporto esplicativo, pag. 8) e comunque di reato del tutto sovrapponibile a quello oggetto del mandato di arresto Europeo, nel caso in cui sia “in corso un procedimento penale in Italia”. Evenienza questa che si realizza, a differenza della ipotesi di cui alla lettera p) cit., solo quando e’ stata esercitata l’azione penale ovvero e’ stata emessa un’ordinanza applicativa della custodia cautelare (cfr. in tema di estradizione, tra le tante, Sez. 6, n. 26290 del 28/05/2013, Paredes Morales, Rv. 256565).

4.4. Va infine aggiunto un ulteriore tassello a giustificazione dell’esegesi ora accolta dell’articolo 18, lettera P).

La Corte di giustizia, con riferimento alle ipotesi di rifiuto della consegna previste dalla decisione quadro del 2002, ha avuto modo di chiarire (sentenza 29 giugno 2017, C-579/15) che, laddove sia previsto il rifiuto della consegna in funzione della priorita’ data alla giustizia nazionale (nella specie, per consentire l’esecuzione nello Stato della pena oggetto del mandato di arresto Europeo), lo Stato di esecuzione non puo’ rifiutare la consegna solo sulla astratta possibilita’ di esercitare la suddetta opzione, ovvero senza aver proceduto prima del rifiuto alla verifica in concreto della “presa in carico” dell’azione (nella specie esecutiva). Diversamente, si verrebbe a creare un rischio di impunita’ del ricercato, che non puo’ essere considerato conforme alla citata decisione quadro.

Invero, la ipotetica ed astratta rappresentazione al giudice della consegna della commissione nel territorio dello Stato di quel “frammento” della condotta sufficiente, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana, ai sensi dell’articolo 6 c.p., comma 2, porterebbe quindi anche ad un’interpretazione che non assicura la piena efficacia della decisione quadro nel senso ora precisato.

Ne’ la verifica richiesta dalla Corte di giustizia puo’ trasformare la natura del controllo affidato allo Stato di esecuzione che, considerati anche i tempi contratti che la contraddistinguono, non puo’ sfociare giammai nell’esame del merito dei fatti contestati (Sez. U, n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 235348), con l’acquisizione dell’intero dossier processuale straniero al fine di stabilire con affidabile certezza l’effettiva consumazione anche parziale del reato sul territorio dello Stato.

Invero l’unico riferimento in possesso del giudice nazionale per valutare la territorialita’ del reato resta pur sempre la relazione trasmessa dallo Stato richiedente (o gli atti ad essa equipollenti, tra le tante, Sez. 6, n. 38850 del 20/10/2011, Estrada Ortiz, Rv. 250793), nella quale sono contenute sintetiche informazioni, funzionali a consentire il “controllo sufficiente” richiesto dalla decisione quadro, in ordine alle quali, come osservato dalla dottrina, lo Stato di emissione non ha vieppiu’ spesso alcun interesse a far emergere dati fattuali idonei a far radicare all’estero la commissione di parte della condotta illecita.

4.5. Venendo quindi al caso in esame, la censura del ricorrente non puo’ essere accolta, in quanto, come emerge dalla sentenza impugnata e dalle stesse allegazioni difensive, la applicazione dell’articolo 6 c.p., comma 2 e’ stata prospettata in termini solamente astratti, senza che risulti alcuna iniziativa investigativa in atto in Italia sui fatti (diversi da quelli per i quali si procede in Italia) oggetto del mandato di arresto Europeo.

5. Sulla base di quanto premesso, il ricorso va rigettato con le conseguenze di legge.

La Cancelleria provvedera’ alle comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.

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