Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 21 ottobre 2014, n. 43831

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 5\6\2013 la Corte di Appello di Milano confermava la pronuncia di primo grado con la quale S.O. era stata condannata per i delitti di cui all’art. 189, commi 6° e 7°, C. d. S. (acc. in Milano il 21\4\2007). All’imputata era stato addebitato che, dopo avere investito con l’auto un ciclista, G.R., ed averlo fatto cadere in terra, non si era fermata per fornire le sue generalità e prestare soccorso.
Osservava la Corte che, la dinamica del sinistro e la violenza dell’impatto con il ciclista aveva con certezza determinato in capo all’imputata la consapevolezza delle lesioni traumatiche patite dal G. (15 gg. di prognosi) e ciò avrebbe dovuto indurla a fermarsi sul luogo del fatto. In ogni caso, quanto meno sussisteva il dolo eventuale quale elemento soggettivo dei delitti contestati.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputata, lamentando la erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati contestati. Invero dopo la caduta il G. si era rialzato e l’imputata si era fermata per constatare quali fossero le sue condizioni. Visto che stava bene si era allontanata.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
ella sentenza impugnata sono riportate le deposizioni dei testi presenti al fatto, i quali hanno riferito che l’imputata si era fermata solo per urlare qualcosa al ciclista dopo avere abbassato il finestrino e non per dare le proprie generalità ed attendere l’arrivo della forza pubblica o dei soccorsi; anzi l’auto aveva ripreso la marcia in tutta fretta, passando sulla bicicletta stesa in terra.
Ciò premesso, va ricordato la giurisprudenza di questa corte di legittimità è consolidata nel suo orientamento interpretativo, laddove ha statuito che “risponde del reato previsto dall’art. 189, comma sesto, il soggetto che, coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, insufficiente a garantire l’adempimento degli obblighi di fermarsi e di fornire le proprie generalità ai fini del risarcimento” (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 9128 del 02/02/2012 Ud. (dep. 07/03/2012), Rv. 252734; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 20235 del 25/01/2006 Ud. (dep. 14/06/2006), Rv. 234581; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 34621 del 27/05/2003 Ud. (dep. 21/08/2003), Rv. 225622).
Inoltre, quanto all’elemento soggettivo, anche in tal caso va rammentata la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “Nel reato di fuga previsto dall’art. 189, comma sesto, C.d.S. l’accertamento del dolo, necessario anche se esso sia di tipo eventuale, va compiuto in relazione alle circostanze concretamente rappresentate e percepite dall’agente al momento della condotta, laddove esse siano univocamente indicative del verificarsi di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 16982 del 12/03/2013 Ud. (dep. 12/04/2013), Rv. 255429; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 3982 del 12/11/2002 Ud. (dep. 28/01/2003), Rv. 223500; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 14222 dei 16/12/2005 Ud. (dep. 21/04/2006), Rv. 233954).
Orbene il giudice di merito ha tratto il convincimento della possibilità per l’imputata di percepire che il ciclista avesse patito lesioni, dalla sua caduta sull’asfalto e dai danni riportati dal velocipide.
La non manifesta infondatezza delle motivazione sul punto, rende insindacabile la sentenza in questa sede.
Segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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