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Assumono le ricorrenti che “restano pacificamente escluse dal perimetro del giudicato ulteriori pretese creditorie originariamente accantonate dall’attore o sulle quali il giudice abbia dichiarato di non potersi pronunciare, sussistendo una preclusione di carattere processuale”, provenendo da un giudice che si e’ gia’ spogliato della potestas iudicandi; cosicche’ andava qualificata “alla stregua di un obiter o, se si preferisce, di motivazione ad abundantiam quella parte del giudicato che, dopo aver dichiarato inammissibile la domanda, ha aggiunto “anche se sostanzialmente accolta con l’accoglimento della domanda di risarcimento avanzata sub 7)””, come tale priva di valore decisorio ed inidonea ad essere posta alla base di statuizioni preclusive; con la conseguenza che non era pertinente il richiamo all’articolo 12 preleggi (in quanto la sua applicazione presuppone “che la statuizione da interpretare appartenga al decisum e non rappresenti unicamente un obiter del tutto ininfluente”) e che risultava erroneo il rilievo che tale obiter dovesse essere censurato per cassazione onde evitare gli effetti preclusivi del giudicato.
5. Il terzo motivo (“violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. e dell’articolo 324 c.p.c., sulla cosa giudicata formale, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4: violazione dei principi generali in tema di accertamento, esistenza e portata del giudicato esterno; extra petizione”) censura la Corte per avere ritenuto che nessun canone dovesse essere pagato dalla Gestione Straordinaria dopo il 30.9.1995 per il fatto che tali importi sarebbero stati gia’ ricompresi nella misura del risarcimento liquidato equitativamente.
Sostengono le ricorrenti che “il Giudicato non si (era) pronunciato sul punto specifico del risarcimento dovuto al perdurare degli ulteriori effetti di una serie di inadempimenti” e che pertanto la domanda di condanna al pagamento dei canoni successivi al 30.9.1995 non poteva “considerarsi preclusa da qualsivoglia giudicato, neppure implicito, non potendo ritenersi che, pronunciando nel merito della domanda risarcitoria per l’estrapolazione abusiva (…) dei dati contenuti nel sistema informatico di (OMISSIS), il Giudicato abbia “implicitamente accolto” anche la domanda inerente il pagamento del corrispettivo o dei canoni”.
6. I tre motivi – da esaminare congiuntamente – vanno disattesi, eccezion fatta per il terzo e nei limiti che saranno in seguito indicati.
Le censure investono il tema del giudicato derivante dalla sentenza n. 663/2007, sotto il profilo della sua estensione e della sua idoneita’ (affermata dalla sentenza impugnata e contestata dalle ricorrenti) a precludere l’esame delle domande proposte nel presente giudizio.
Al riguardo, deve innanzitutto richiamarsi il principio di legittimita’ secondo cui, “posto che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, cosicche’ la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non gia’ degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimita’ puo’ direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito” (Cass., S.U. n. 24664/2007; conformi, fra le altre, Cass. n. 21200/2009 e Cass. n. 24952/2015).
Tanto premesso e tenuto conto del contenuto della sentenza n. 663/2007, deve osservarsi che:
l’accertamento circa la portata del giudicato va effettuato alla luce del contenuto complessivo della sentenza, avuto riguardo alla ratio che la sostiene e alla necessaria interferenza fra le statuizioni in essa contenute, che possono incidere su una pretesa a prescindere dal fatto che la relativa domanda non sia stata esaminata espressamente o che sia stata dichiarata inammissibile;
nel caso specifico, la circostanza che la domanda sulla penale sia stata dichiarata inammissibile (perche’ oggetto di una riserva non sciolta durante il primo grado e proposta tardivamente in appello) non osta al rilievo di un giudicato ostativo alla sua riproposizione se le altre statuizioni risultino comunque tali da escludere la stessa possibilita’ di applicare penali per il ritardo;
e questo e’ proprio quanto e’ avvenuto, atteso che la sentenza 663/2007 ha accertato l’avvenuta restituzione della banca dati alla data del 31.8.1996, ha considerato assorbente il profilo dell’appropriazione dei dati per la costituzione di un nuovo sistema informatico e ha valutato in modo complessivo il danno conseguito a tale illegittima appropriazione, seguendo un percorso argomentativo che non consente di ritenere che sia rimasto escluso dalla liquidazione un qualche profilo di danno risarcibile e – segnatamente – che residui spazio per un’autonoma liquidazione del danno conseguente alla mancata/ritardata restituzione dei dati;
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