Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 19 gennaio 2018, n. 1252. In ordine all’onere della prova in riferimento il nesso eziologico tra la mancata informazione (sulla base delle ecografie effettuate) e la volontà della futura madre di interrompere la gravidanza, spetta alla madre

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(OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali rappresentanti del figlio minore (OMISSIS), convennero dinanzi al Tribunale di Venezia la USLL (OMISSIS) di Chioggia, il primario del reparto di ginecologia, (OMISSIS), ed il ginecologo (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguente alla omessa diagnosi, in epoca prenatale, della grave patologia da cui era risultato affetto il nascituro.

Esposero gli attori che le ecografie compiute dal Dott. (OMISSIS) avrebbero gia’ potuto e dovuto evidenziare, fin dalla sedicesima settimana di gravidanza, la mielomeningocele da cui era affetto il feto, e che tale condizione patologica poteva e doveva essere resa nota alla gestante per consentirle di esercitare il diritto all’interruzione della gravidanza stessa.

I convenuti, nel costituirsi, eccepirono che le prime ecografie risalivano alla diciannovesima settimana di gestazione, che mancava la prova della volonta’ della madre di interrompere la gravidanza in epoca successiva al novantesimo giorno – stanti le condizioni previste dalla L. n. 194 del 1978, articolo 6 – e che la tempestiva diagnosi di spina bifida rientrava nell’ambito delle prestazioni sanitarie di speciale difficolta’, ex articolo 2236 c.c..

Il Dott. (OMISSIS), dal suo canto, aggiunse di non essere mai stato partecipe delle indagini ecografiche eseguite dal (OMISSIS), e di essersi attivato per segnalare alla direzione sanitaria l’inadeguatezza delle prestazioni ecografico-ostetriche del reparto da lui diretto.

Il giudice di primo grado, con sentenza non definitiva, accolse la domanda nei confronti del solo (OMISSIS).

Avverso la sentenza venne proposta una prima impugnazione, da parte del (OMISSIS), cui resistettero i coniugi (OMISSIS) proponendo a loro volta appello incidentale, con il quale chiesero l’estensione della condanna anche al (OMISSIS). Una seconda impugnazione venne poi proposta dagli stessi appellanti incidentali, che chiesero l’ulteriore estensione della condanna nei confronti della USLL.

Nel secondo procedimento, si costituirono il (OMISSIS), che eccepi’ la tardivita’ dell’impugnazione proponendo a sua volta appello incidentale, ed il (OMISSIS), che, eccepita a sua volta la tardivita’ del gravame, propose dal suo canto appello incidentale condizionato.

La Corte di appello di Venezia, riunite le impugnazioni hinc et inde proposte, e dichiarata la inammissibilita’ per tardivita’ del secondo gravame, rigetto’ la domanda risarcitoria dei coniugi (OMISSIS).

Avverso la sentenza della Corte lagunare (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso sulla base di 4 motivi di censura.

Gli eredi (OMISSIS) resistono con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale condizionato.

Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ infondato.

Con il primo motivo, si denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti con specifico riferimento alla responsabilita’ dell’AULSS, nonche’, ai sensi, dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 326, 327, 332, 343 c.p.c., articoli 1218, 1292, 1293 c.c..

Il motivo, al di la’ dei non marginali profili di inammissibilita’ da cui e’ affetto (denunciandosi congiuntamente, con esso, un vizio di violazione di legge processuale ed un vizio di violazione di legge sostanziale relativo alla mancata affermazione di responsabilita’ della Ausl) e’ assorbito dall’esame (e dal rigetto) del motivo che segue, da scrutinarsi in via preliminare in ragione dell’opportunita’ di una decisione fondata sulla ragione piu’ liquida (Cass. ss.uu. 26242/2014).

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 194 del 1978, articoli 6 e 7 e degli articoli 1218, 1223, 1226, 2727, 2729 c.c..

Il motivo e’ infondato.

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