Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 24 gennaio 2018, n. 3271. La molestia reiterata nei confronti di un intero quartiere può essere qualificata come stalking

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Ed infatti, nel provvedimento impugnato, i giudici del merito, dopo aver dato atto della risalenza nel tempo di siffatte condotte, perduranti da oltre un quinquennio, della consistenza in una pluralita’ di minacce e molestie e di effetti aberranti, quali contrasti tra diversi nuclei familiari(per la precisione, le famiglie (OMISSIS) – (OMISSIS) e (OMISSIS) – (OMISSIS)), ingenerati dal tenore di talune missive, pongono l’accento sul carattere abituale del delitto e sull’effettivita’ del c.d. evento danno, per escludere la diversa ipotesi, di cui all’articolo 660 cod. pen., evento rapportato, in ultima analisi, alla manifestazione, da parte di taluno degli abitanti del “(OMISSIS)”, dell’intento di svendere il proprio immobile, al fine di rompere ogni legame con la situazione venutasi a creare nel corso degli anni.

Cionondimeno, in concreto, sempre nel contesto motivazionale dell’ordinanza, lo stato psichico delle vittime, paragonabile ad una vera e propria sofferenza, anche se non necessariamente di natura patologica, e correttamente distinto rispetto alla qualificazione giuridica alternativa, si sostanzia nelle indicazioni, sopra elencate, in relazione alle singole posizioni.

Orbene, se pur occorre evidenziare, per la prevalenza di tali casi, la ricorrenza del requisito, connesso ad una reiterazione delle condotte e, altresi’, la ricorrenza di un’evidenziazione, talvolta implicita, di uno stato di disagio ovvero comunque di una condizione destabilizzante rispetto ad una vita serena, non e’ certamente sufficiente, in tal senso, una verifica generalizzata, rispetto al contesto, compiuta dai giudici della cautela, quale elemento di chiusura della motivazione.

Segnatamente, la Corte ritiene che non siano sufficienti le specifiche motivazioni, stese in relazione alle singole posizioni delle persone offese. Al riguardo, mentre nel provvedimento sono accentuate le spiegazioni, circa lo stato di disagio ed angoscia, provocati nei (OMISSIS) e nei (OMISSIS), i primi, particolarmente toccati, per le condizioni della figlia minore, e, i secondi, per i riferimenti, contenuti nelle missive, attinenti alla loro vita privata, e nella famiglia (OMISSIS), tormentata, a decorrere dal 20123, da siffatto fenomeno, non altrettanto approfondite sono le indicazioni, relative agli altri soggetti passivi del reato, taluni dei quali destinatari solo di una o due lettere, ancorche’ pur sempre dal contenuto ingiurioso e diffamatorio.

La verifica della sussistenza dello stalking, in danno della pluralita’ di individui sopra citata, richiede un approfondimento ulteriore nella direzione delineata dal presente provvedimento, con particolare riferimento ad un giudizio circa la correlazione tra le condotte verificate ed una rilevante condizione psichica dei soggetti lesi.

E cio’ in considerazione dell’onere precipuo del Giudice del Riesame di procedere ad una rivalutazione dei fatti – reato, in via totalmente autonoma, rispetto al provvedimento genetico.

3. Anche con riferimento alla valutazione delle esigenze cautelari, appare doveroso un ulteriore approfondimento, da parte del giudice del merito.

Le disposizioni, di cui agli articoli 274 e 275 c.p.p., dettano, per l’adozione delle misure cautelari, criteri specifici, individuabili, nel caso in esame, nell’articolo 274 c.p.p., lettera c) attinenti ad un pericolo concreto di reiterazione delle condotte criminose, desunto dalle modalita’ dei fatti e dalla personalita’ dell’indagato, e nell’articolo 275 cod. proc. pen., comma 1, implicante la scelta della misura cautelare, ritenuta idonea, rispetto alle connotazioni specifiche del caso concreto.

Nel caso in esame, il tribunale, sul punto, ha posto in luce il lasso di tempo di cinque anni, nel corso del quale si e’ protratta la condotta criminosa, la natura ossessiva di siffatti comportamenti ed un certa qual capacita’ organizzativa, dimostrata dalla (OMISSIS), nell’assumere informazioni e nell’attuarlo il suo proposito persecutorio.

Peraltro, in via logica, ad avviso della corte, occorre completare il quadro motivazionale, dovendosi tener conto, in ogni caso, in relazione all’attualita’ del pericolo, del lasso di tempo trascorso e della cessazione dei comportamenti, sia pure presumibilmente dovuta al procedimento in corso, ed alla possibilita’ dell’applicazione di misure cautelari, di diversa natura, meno restrittive, avuto riguardo alla settorialita’ del pericolo di reiterazione criminosa ed al rilievo, sull’indagata, quale deterrente, della pendenza del procedimento.

Si appalesa, pertanto, necessaria una rivalutazione, da parte del giudice della cautela, alla luce delle esposte considerazioni, delle esigenze cautelari.

4. Si deve, pertanto, procedere, all’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Bologna, per nuovo esame, e con contestuale divieto di diffusione delle generalita’ e dei dati identificativi dei soggetti interessati, in ossequio alla normativa sulla privacy.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bologna per nuovo esame. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

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