Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 15 gennaio 2018, n. 1523. Il vizio di manifesta illogicita’ della motivazione che, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e, legittima il ricorso per cassazione

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[…]

Il fondamento della decisione impugnata e’ da individuare nell’assunto per cui il (OMISSIS) era affetto da una patologia che, pur acutizzandosi in certi momenti in crisi effettivamente invalidanti, gli consentiva di norma l’espletamento delle funzioni di servizio.

La difesa ha tentato in sede di merito di smontare la tesi accusatoria, confutandone il presupposto per cui la cronicita’ della patologia era, da sola, sufficiente a produrre gli effetti invalidanti.

Il ricorso presenta, innanzi tutto, il limite di una lettura atomistica dei singoli elementi che, come tale, sfugge alla logica complessiva della decisione impugnata (Sez. 2, Sentenza n. 9269 del 05/12/2012 – dep. 27/02/2013 – Rv. 254871).

Al di la’ di questo primo rilievo, le censure oggi riproposte non sono rivolte, come avrebbero dovuto, alla tenuta logica della motivazione della decisione di merito, ma si concretizzano in valutazioni:

– meramente assertive (come nel caso delle dedotte violazioni di legge, indicate nel paragrafo precedente, o ancora della eccepita errata nozione di malattia che si assume essere alla base della decisione impugnata);

– congetturali (come la dedotta mancanza di interesse dell’imputato, nei giorni “coperti” dalla prognosi di guarigione espressa nelle certificazioni del pronto Soccorso, di sottoporsi alle visite specialistiche da medici compiacenti);

– non conferenti, come nel caso delle dedotte discrasie in sentenza sul numero e le date dei ricoveri del (OMISSIS) in strutture di Pronto Soccorso; in questo caso il ricorrente omette di considerare che uno dei certificati (quello del 21 febbraio 2012) esula dall’arco temporale dell’imputazione (dal 13 giugno 2012 al 31.1.2014); mentre, in merito alle inesatte indicazioni delle date di due dei restanti quattro ricoveri, non spiega in che termini le stesse avrebbero potuto incidere sulla valutazione complessiva operata dalla corte territoriale e quindi sul tenore della decisione impugnata;

– meramente confutative (come nel caso delle censurate valutazioni contenute nella decisione impugnata relative alle conclusioni peritali; alle dichiarazioni dei testi di accusa che avevano riferito le confidenze dell’imputato di voler farsi riformare prima della pensione; alla documentazione sanitaria proveniente dai medici di fiducia dell’imputato; o come nel caso delle eccepite “suggestioni” valutative in cui sarebbero incorsi i giudici “nello scegliere, tra interpretazioni possibili…quelle meno favorevoli all’imputato”; nell’attribuire valenza probatoria “alla scelta (del (OMISSIS)) di farsi seguire da un medico diverso da quello di base assegnatogli…(e di) recarsi in palestra per seguire attivita’ posturale (interpretata dai giudici come)…sinonimo del fatto che il prevenuto poteva svolgere normale attivita’ sportiva eludendo solo quella lavorativa”).

Con riferimento alla gran parte delle doglianze suindicate la difesa ha prospettato anche alternative letture in fatto che, come e’ noto, non sono consentite in sede di legittimita’ e che, pertanto, non valgono a conferire ai correlati motivi di impugnazione la necessaria specificita’ (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 5, n. 28011 del 5/02/2013, Sammarco, Rv. 255568).

Al riguardo, e’ appena il caso di ricordare che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, il vizio di manifesta illogicita’ della motivazione che, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e, legittima il ricorso per cassazione, deve risultare dal testo stesso del provvedimento impugnato, il che vuoi dire, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare, in tale sede, che l'”iter” argomentativo seguito dal giudice e’ assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro “iter”, in tesi egualmente corretti sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice (come accaduto nel caso di specie) abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicita’ (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903 e, tra le piu’ recenti, Sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, Rv. 253099).

5. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che si ritiene equo determinare in Euro duemila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro alla Cassa delle Ammende.

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