Corte di Cassazione, sezione prima penale, ordinanza 12 gennaio 2018, n. 991. Se, quando la pena dell’ergastolo e’ revocata in sede esecutiva e sostituita con la pena di anni trenta di reclusione, ai fini dell’eventuale scissione del cumulo giuridico delle pene la pena detentiva temporanea inflitta per reati concorrenti..

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4. Conscia della intrinseca irragionevolezza del non tenere conto in alcun modo dell’isolamento diurno patito, in luogo delle pene temporanee cumulate, nel primo tradottesi per la concorrenza con la pena perpetua, si e’ gia’ mostrata questa Corte, li’ ove essa e’ stata chiamata – in sede di concessione dei benefici penitenziari, ai fini della verifica dell’eventuale intervenuta espiazione delle pene medesime, a tali benefici ostative – a procedere allo scioglimento del cumulo.

4.1. La relativa pronuncia di legittimita’ (Sez. 1, n. 18119 del 02/03/2010, Cuccuru, Rv. 247068) – rifiutando, perche’ sostanzialmente ingiusta, la tesi dell’addizione dell’intera durata della pena inflitta per il reato ostativo, prima della commutazione in isolamento diurno – ebbe in realta’ ad escludere anche che il calcolo della pena espiata per il reato ostativo potesse essere effettuato in base alla sola durata dell’isolamento diurno, determinato a norma dell’articolo 72 c.p., comma 2, e articolo 80 c.p.; essa giudico’ invero asistematico considerare allo stesso modo reclusione e isolamento diurno, per la loro diversa afflittivita’ in termini fattuali, e per le caratteristiche qualitative del sistema legale di commutazione delle pene detentive temporanee di lunga durata, tradotte dall’ordinamento in periodi estremamente piu’ brevi di isolamento stesso.

La pronuncia scelse (per la riconversione, a seguito di scioglimento del cumulo, dell’isolamento diurno in pena detentiva ordinaria) una terza soluzione, per cosi’ dire intermedia, e la enucleo’ dal parametro di calcolo che il legislatore ha posto a base di un’ipotesi di frazionamento del cumulo espressamente considerata, quella ex articolo 184 c.p..

Secondo tale disposizione, quando la pena dell’ergastolo e’ estinta in forza di provvedimenti clemenziali, la pena detentiva temporanea inflitta per il reato concorrente e’ eseguita per intero, salvo che il condannato abbia gia’ subito l’isolamento diurno applicato a norma dell’articolo 72 c.p., comma 2; in tale ultimo caso, la pena per il reato concorrente dovendo invece considerarsi ridotta alla meta’ (ovvero definitivamente estinta dopo trent’anni di detenzione).

Pur consapevole che l’articolo 184 c.p., si riferisse ad uno scioglimento del cumulo imputabile a situazioni diverse, il citato precedente di legittimita’ riscontro’ tra le fattispecie un’identita’ di ratio, tale da suggerire l’esportazione del criterio all’ipotesi allora in esame: quella di realizzare l’equo contemperamento tra la necessita’, da un lato, di evitare trattamenti di favore per chi fosse stato condannato all’ergastolo e a pene temporanee, rispetto a chi fosse stato condannato soltanto a queste ultime; e quella, dall’altro, di considerare adeguatamente il peso afflittivo di una sanzione tanto dura e considerevolmente piu’ gravosa della normale detenzione, da essere prevista con un massimo assoluto di soli tre anni, la decima parte del massimo previsto per la reclusione. Il fatto che non esistessero nel codice altri criteri espliciti di ragguaglio o conversione riferibili all’isolamento diurno, e che il caso in esame non fosse in alcun modo legislativamente disciplinato, unitamente alla considerazione dell’importanza dell’elaborazione ermeneutica giurisprudenziale in materia, confortarono l’opinione dei decidenti, avvalorando il ricorso all’integrazione analogica, considerata in bonam partem.

4.2. La soluzione esposta e’ stata poi avallata, sulla base di coincidenti argomentazioni, da Sez. 1, n. 38462 del 19/09/2012, Mele, Rv. 253453, nonche’ – sia pure all’effetto di escluderne l’incidenza nel caso concreto – da Sez. 1, n. 22090 del 07/05/2013, Pischedda, Rv. 256541.

5. Se la logica delle citate decisioni fosse ulteriormente trasposta nel caso che ci occupa, ove si pone la stessa questione (la sorte, a cumulo scisso, delle pene detentive temporanee, gia’ trasformate in isolamento diurno ai sensi dell’articolo 72 c.p., comma 2, una volta che questo sia stato espiato), il ricorso del condannato dovrebbe essere respinto.

Ove infatti la conclusione fosse sempre quella di dover considerare espiate nella sola misura della meta’ le pene detentive temporanee, gia’ tramutate in isolamento diurno a seguito del cumulo giuridico ex articolo 72 c.p., comma 2, allorche’ il condannato all’ergastolo abbia interamente subito l’isolamento stesso, nel caso di specie residuerebbe a tale titolo la pena di otto anni ed otto mesi di reclusione, e la sua eventuale riduzione – per effetto dell’indulto ex L. n. 241 del 2006, quand’anche concesso nella misura massima – lascerebbe in vita una pena detentiva temporanea complessiva eccedente i trent’anni, da riportare comunque a tale misura (senza dunque alcun effetto pratico favorevole per il condannato) in applicazione del criterio mitigatore di cui all’articolo 73 c.p., comma 1, articolo 78 c.p., comma 1, e articolo 80 c.p..

6. Il Collegio, tuttavia, dubita della bonta’ dell’interpretazione offerta dalle pronunce di legittimita’ sopra richiamate.

6.1. Anzitutto l’estensione analogica di una norma presuppone, in base all’articolo 12 preleggi, la c.d. eadem ratio tra il caso regolato dalla disposizione puntuale, e quello non regolato ed a cui la si voglia ulteriormente riferire. Ratio che deve essere misurata non tanto sulla funzione o sugli effetti della disposizione (gia’ individuati, in termini peraltro alquanto generali, nell’esigenza di contemperamento degli interessi in gioco) quanto sulla somiglianza dei casi di origine.

Questa somiglianza deve essere nella specie negata.

Nell’ipotesi di cui all’articolo 184 c.p., la scissione del cumulo, in cui erano confluite le pene concorrenti a norma del precedente articolo 72, comma 2, e’ dovuta ad un atto di clemenza (amnistia, indulto, grazia), che abbia determinato l’estinzione del solo ergastolo (sostituito, o meno, da pena detentiva temporanea), lasciando in vita le pene detentive con esso originariamente concorrenti; situazione connotata da una peculiare singolarita’, che gia’ in se’ rende problematico un ampliamento del raggio di azione della disposizione al di fuori della specificita’ del contesto genetico.

La scissione del cumulo, corrispondentemente operata, al fine di valutare la permanenza delle ostativita’ alla fruizione dei permessi premio e delle misure alternative in senso lato, di cui all’articolo 4 bis Ord. pen., non ha viceversa alcun connotato “clemenziale”, nascendo – come non mancava di ricordare, in parte finale, proprio la sentenza pronunciata da Sez. 1, n. 18119 del 2010, citata dalla “necessita’ di una interpretazione adeguata a principi fondamentali, giacche’ non puo’ essere dimenticato che e’ soltanto la prospettiva della possibilita’ di fruire de iure e de facto (Corte EDU, sent. Garagin c. Italia 2 sez. del 29.4.2008), e ovviamente in termini ragionevoli, della liberazione condizionale e delle misure alternative, che rende la pena perpetua costituzionalmente accettabile (tra molte, cfr. C. cost. n. 161 del 1997 e ivi richiamate), non contraria ai principi Europei (tra molte: Corte EDU, sentenza Kafkaris c. Cipro G.C. del 12 febbraio 2008; sent. Garagin citata), di fatto compatibile con le regole convenzionali in materia di estradizione e trasferimento delle persone condannate”.

Men che meno ha sfondo clemenziale la scissione del cumulo giuridico nel caso che ci occupa, in cui la caducazione dell’ergastolo si deve all’illegalita’ originaria della medesima pena, stigmatizzata dalla nota sentenza della Corte EDU, GC, 17/09/2009, Scoppola c. Italia; illegalita’ solo tardivamente riparata dalla successiva sostituzione alla pena perpetua della massima pena temporanea. Ed e’ il caso di notare che la medesima illegalita’ verrebbe portata a conseguenze ulteriori da interpretazioni che sortissero l’effetto di escludere, o anche soltanto di limitare, il valore espiativo della pena caducata, considerata nella sua massima dimensione afflittiva (e quindi comprensiva dell’isolamento diurno); effetto che – lungi dall’assicurare la giusta composizione dei valori in campo – ridonderebbe in ulteriore violazione degli articoli 6 e 7 della Convenzione di Roma, gia’ accertata in sede sovranazionale.

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