Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 gennaio 2018, n. 142. La Cassa ha un potere di verifica nei confronti dell’iscritto ai fini della prestazione da liquidare


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4. Orbene, come e’ dato vedere, la formulazione letterale del secondo inciso del comma 1 di tale norma regolamentare e’ nel senso che e’ riconosciuto, altresi’, alla Cassa dei geometri il potere di chiedere informazioni sull’iscrizione e sulla contribuzione attraverso l’invio di questionari; tale facolta’ e’ ulteriore rispetto a quella, di cui al primo inciso dello stesso comma 1, di esigere la documentazione degli ultimi dieci anni ai fini della verifica della corrispondenza tra le dichiarazioni reddituali trasmesse alla Cassa Geometri e quelle indirizzate all’amministrazione finanziaria. Quindi, la facolta’ ulteriore di chiedere informazioni sull’iscrizione e sulla contribuzione prescinde dal mero dato temporale dei dieci anni e concerne propriamente la necessita’ di acquisire dati utili, seppur lontani nel tempo, sia sull’iscrizione che sulla contribuzione, il tutto all’evidente fine di verificare la sussistenza dei presupposti per il diritto alla pensione e di determinare con esattezza l’entita’ del relativo trattamento. Cio’ e’ tanto vero che l’articolo 46 del citato regolamento, comma 2 stabilisce che in mancanza di risposta da parte dell’iscritto sono applicate le sanzioni pecuniarie di cui all’articolo 6, comma 4, ed e’ disposta la sospensione della corresponsione del trattamento stesso fino alla comunicazione della risposta.
5. Pertanto, una volta accertata la legittimita’ del potere di verifica in concreto esercitato dalla Cassa dei geometri nei confronti del proprio iscritto ai fini della corretta determinazione della prestazione da liquidare, perdono di rilievo le doglianze di quest’ultimo incentrate sul preteso rispetto del termine decennale per l’invio delle comunicazioni reddituali, nonche’ quelle che fanno leva sul termine di prescrizione per il recupero dei contributi e sulla dedotta circostanza della comunicazione dei soli redditi derivanti dalla professione di geometra.
Ne consegue che e’ esente da rilievi di legittimita’ la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto che la Cassa dei geometri potesse richiedere informazioni all’iscritto con riferimento a periodi antecedenti al decennio ai fini del calcolo della prestazione sulla base dei parametri di cui alla L. 20 ottobre 1982, n. 773, articolo 2. Infatti, dell’articolo 2 di tale legge, i primi tre commi, prevedono espressamente quanto segue: “La pensione di vecchiaia e’ corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di eta’, dopo almeno trenta anni di effettiva contribuzione alla Cassa in relazione a regolamentare iscrizione all’albo. La pensione annua e’ pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, al 2 per cento della media dei piu’ elevati dieci redditi annuali professionali rivalutati, dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione. Per il calcolo della media di cui sopra si considera solo la parte di reddito professionale soggetta al contributo di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a). I redditi annuali dichiarati, escluso l’ultimo, sono rivalutati a norma dell’articolo 15 della presente legge”.
Tale disposizione conferma ulteriormente che l’indagine contributiva non puo’ essere limitata all’ultimo decennio, come suggerisce la tesi di parte ricorrente, in quanto l’ente che eroga la prestazione deve necessariamente poter verificare, in caso di contestazioni, il montante contributivo di trenta anni di regolare iscrizione all’albo prima di poter procedere al metodo di calcolo concernente l’applicazione del 2 per cento della media dei piu’ elevati dieci redditi annuali professionali rivalutati, dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione.
6. In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 3000,00 per compensi professionali e di Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

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