Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 24 gennaio 2018, n. 1768. Sull’iscrizione alla gestione commercianti per i produttori di assicurazione che svolgono l’attività direttamente per conto di imprese assicurative.

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9. Puo’, dunque, rilevarsi che dall’esame della figura di operatore in questione tracciata dall’Accordo Corporativo tra Agenti e Produttori di Assicurazioni del 25.5.1939, si trae il convincimento che il produttore e’ normalmente considerato una specie del procacciatore d’affari che ha con l’impresa o l’intermediario preponente un rapporto meno vincolato sul piano operativo e giuridico rispetto a quello di chi e’ piu’ intensamente integrato nella struttura organizzativa imprenditoriale dell’agente.
10. Come conferma anche il contenuto della stessa lettera di nomina tipo per i produttori del quarto gruppo” allegata all’Accordo Corporativo del 1939, che esordisce con l’enunciazione dell’autorizzazione da parte dell’Agenzia “a procurarci affari di assicurazione per i rami…”, il produttore di cui si parla e’ un intermediario non obbligato a promuovere affari, bensi’ autorizzato a raccogliere proposte ed in cio’ sta la differenza con la figura dell’agente (e dal subagente), che, invece, assume un preciso obbligo promozionale ai sensi dell’articolo 1742 c.c..
Anche la giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ definisce tale figura come “colui che raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole alla ditta da cui ha ricevuto l’incarico, senza vincolo di stabilita’ e in via del tutto occasionale” (Cass. n. 18737/2003).
11. Cosi’ ricostruiti i diversi contenuti economici delle attivita’ proprie dei produttori diretti e di quelli correlati ad agenti o subagenti, risulta comprensibile e razionale la scelta del legislatore previdenziale del 2003 di istituire l’obbligo iscrizione nella gestione commercianti di questi ultimi, lasciando che i primi ricadano senz’altro nella regola comune ai lavoratori autonomi non rientranti nelle gestioni esistenti di cui alla cd. quarta gestione speciale dell’Inps (L. n. 335 del 1995, articolo 2, comma 26).
12. Non si pone, per questa ragione, alcun dubbio di costituzionalita’ del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 44, comma 2 conv. in L. n. 326 del 2003 in relazione all’articolo 3 Cost.. Occorre ricordare, infatti, che in materia previdenziale il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 Cost. va considerato in relazione necessaria e costante con i diversi contenuti dell’articolo 38 Cost. e, conseguentemente, con il concreto atteggiarsi del sistema della previdenza sociale nell’ordinamento nazionale che risulta strutturato in enti diversi, secondo un principio pluralistico, ove accanto al regime dell’assicurazione generale obbligatoria riferito ai lavoratori subordinati, esistono le gestioni speciali delle categorie dei lavoratori autonomi tutte affidate all’INPS, nonche’ ulteriori regimi speciali, fondi autonomi, fondi sostitutivi che si caratterizzano per essere riservati a determinate categorie professionali.
13. La giurisprudenza costituzionale, cui occorre in primo luogo guardare e dalla quale devono trarsi gli spunti per verificare la correttezza di una tecnica interpretativa costituzionalmente orientata, come auspicato dall’INPS, ha avuto modo di affermare in piu’ occasioni che il sistema delle assicurazioni sociali obbligatorie e’ ispirato al principio della pluralita’ delle coperture previdenziali ed e’ regolato dalla discrezionalita’ legislativa nella disciplina degli ordinamenti pensionistici (Corte cost. nn. 527/1987; 198/2002). In particolare, Corte costituzionale n. 31/1986, proprio esaminando il sistema dal punto di vista “strutturale”, ha altresi’ affermato che l’articolo 38 Cost. ipotizza due “modelli tipici” di intervento sociale, “l’uno fondato unicamente sul principio di solidarieta’ (comma 1), l’altro suscettivo di essere realizzato e storicamente realizzato anche nella fase successiva all’entrata in vigore della Carta costituzionale, mediante gli strumenti mutualistico assicurativi (comma 2)”, e destinati, il primo, ai cittadini, il secondo, ai lavoratori, per fatti giuridici e con prestazioni rispettivamente differenziati; lo stesso articolo, peraltro – aggiunge la Corte -, non esclude che il legislatore ordinario, per la realizzazione dei medesimi fini, possa delineare modelli atipici, in ampia liberta’.

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