Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 26 gennaio 2018, n. 2037. In caso di revoca dell’amministratore di societa’ azionaria

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4.3. – Ribadita, anzitutto, la regola secondo cui anche nelle azioni di responsabilita’ contrattuale grava sull’attore la prova dell’elemento oggettivo della fattispecie, composto da condotta, danno e nesso causale tra i medesimi, solo l’elemento soggettivo essendo oggetto di inversione dell’onere probatorio ex articolo 1218 c.c. (e plurimis, Cass. 1 marzo 2016, n. 4014, in tema di procedure di selezione del personale per l’accesso a qualifica superiore; 8 gennaio 2016, n. 158, in tema di mobbing), occorre ora operare alcune precisazioni in tema di risarcimento del danno ex articolo 2383 c.c..
La revoca anticipata senza giusta causa dell’amministratore dalla carica, mentre comporta il ristoro per la perdita dei residui compensi (ma anche cio’ va delimitato, dovendosi pur sempre applicare le regole di cui agli articoli 1223-1227 c.c.), non necessariamente produce tuttavia altro tipo di danno, neppure alla reputazione.
Questa Corte ha gia’ osservato come, nel caso di revoca dell’incarico di amministratore, il danno consiste “nel lucro cessante, e cioe’ nel compenso non percepito per il periodo in cui l’amministratore avrebbe conservato il suo ufficio, se non fosse intervenuta la revoca”, in riferimento a questa voce di danno non sussistendo inoltre ragione di ricorrere alla liquidazione equitativa; l’amministratore potrebbe, bensi’, ottenere la liquidazione di danni ulteriori e diversi rispetto a quelli consistenti nel lucro cessante, ma di tali danni deve offrire puntuale allegazione e prova (Cass. 12 settembre 2008, n. 23557).
Reputa il Collegio che tale principio debba essere ora precisato, nel senso che alla responsabilita’ contrattuale ex articolo 2383 c.c. per la lesione del diritto alla prosecuzione della carica gestoria sino alla naturale scadenza, la quale sorge gia’ per il fatto che la deliberazione enunci ragioni inidonee a fondare il potere di legittimo recesso, puo’ affiancarsi una responsabilita’ per i danni ulteriori, quando: a) i fatti enunciati nella deliberazione integrino specifica violazione delle regole di buona fede e correttezza, ad esempio siano fatti rivelatisi diffamatori; oppure, in via concorrente, b) le concomitanti e concrete modalita’ della cessazione del rapporto, esterne alla deliberazione, si palesino contra ius.
In tali casi, anche il pregiudizio ai diritti della persona (onore, reputazione, identita’ personale, con le eventuali ricadute patrimoniali) diviene risarcibile.
Occorre, tuttavia, un quid pluris, rispetto alla mera mancanza di giusta causa. L’assenza di giusta causa di revoca non comporta – di per se’ ed automaticamente – la risarcibilita’, in particolare, del danno alla reputazione o prestigio professionale dell’amministratore revocato, e delle ulteriori conseguenze economiche, in termini di mancato guadagno, che se ne assumano derivate: a differenza della perdita del diritto al compenso per il periodo successivo alla revoca e sino alla prevista scadenza del mandato (il quale puo’ desumersi in via presuntiva, salvo che circostanze concrete non lo escludano), il preteso pregiudizio per la lesione della reputazione e per i mancati guadagni da discredito reputazionale deve essere specificamente allegato e dimostrato come ulteriore conseguenza immediata e diretta della revoca (sebbene anche in via presuntiva), alla stregua soprattutto delle ragioni, esplicitate nella deliberazione ed eventualmente diffuse in un dato ambiente economico, poste a suo fondamento.
Dal momento che, da un lato, anche eventi diversi da comportamenti imperiti o negligenti dell’amministratore possono integrare la giusta causa di revoca, la quale attiene al mero rapporto fiduciario tra le parti, e che, dall’altro lato, le modalita’ di esternazione di dette ragioni possono ben essere continenti e corrette, e’ possibile che, dalla revoca in questione, non discenda nessuna lesione alla reputazione ed all’onore del revocato: questa dovra’, invece, essere provata di volta in volta, quale conseguenza diretta ed immediata della revoca, senza nessun automatismo nel senso che alla revoca dell’amministratore dalla carica segua sempre un pregiudizio risarcibile alla sua reputazione, che non ne costituisce affatto, come pretenderebbe il ricorrente, una conseguenza in re ipsa.

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