Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 26 gennaio 2018, n. 2037. In caso di revoca dell’amministratore di societa’ azionaria

segue pagina antecedente
[…]

Cio’ appunto e’ quanto ha fatto la sentenza impugnata: la quale ha giudicato la dialettica interna “circostanza del tutto generica, non specificamente riferita alla sua persona ed assolutamente priva di elementi che possano far ritenere minato il patto di fiducia”. L’esistenza di gravi dissidi nell’ambito consiliare, in particolare tra presidente ed amministratore delegato, e la loro esasperata contrapposizione, con conseguente intempestiva ed impropria amministrazione dell’ente – ossia, la seconda ragione enunciata nella deliberazione – non e’ stata dunque ritenuta dalla sentenza impugnata integrare giusta causa di revoca.
Tale accertamento non e’ stato validamente contrastato dalla ricorrente incidentale, la quale non ha speso neppure una parola per affermare che, viceversa, proprio la descritta condotta avrebbe dovuto ritenersi integrare la giusta causa ex articolo 2383 c.c., avendo invero concentrato i suoi motivi unicamente sul dovere, a vario titolo, per il giudice del merito di valutare anche gli argomenti giustificativi della revoca non espressi nella deliberazione.
3. – I primi tre motivi del ricorso principale sono inammissibili, per difetto di autosufficienza.
La corte d’appello ha ritenuto che tardivamente siano state dall’attore allegate voci di danno diverse dalla perdita dei compensi, quali il danno alla immagine (rectius, reputazione professionale), da perdita di chance e il danno esistenziale, i cui fatti costitutivi non erano dedotti nell’atto introduttivo, ne’ furono tempestivamente specificati nel prosieguo.
Risponde invero a principio consolidato che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (fra le altre, Cass. 8 giugno 2016, n. 11738; 30 settembre 2015, n. 19410; 10 novembre 2011, n. 23420): adempimento nella specie non assolto.
4. – Il quarto motivo del ricorso principale censura le argomentazioni della sentenza impugnata, con le quali e’ stato negato che sia stata raggiunta la prova di un ulteriore danno risarcibile.
4.1. – La corte del merito, dopo avere reputato intempestiva la pretesa di voci di danno diverse dalla mancata percezione dei compensi sino a fine mandato, ha affermato che – in ogni caso – esse sono rimaste sfornite di prova: in particolare, osservando che la deliberazione di revoca non indica nessun inadempimento commesso dall’amministratore, onde manca un discredito; che non e’ provato il nesso causale tra l’assunzione della deliberazione assembleare e la dedotta mancanza di altre idonee opportunita’ di impiego professionale; che non e’ stato dimostrato come lo (OMISSIS) si attivo’ proponendo domande per reperire altri incarichi dopo la sua revoca.
In sostanza, la corte d’appello non ha ravvisato anzitutto nessun elemento da cui desumere che la revoca fu disposta con modalita’ tali da ledere la personalita’ dell’amministratore revocato, avendo accertato che la deliberazione assembleare enunciava ragioni della revoca estranee a fatti integranti condotte inadempienti o illegittime dell’amministratore, mentre deve “escludersi l’esistenza di tale nesso di causa per il tenore stesso delle motivazioni della revoca riportate nella delibera assembleare, non essendo stati contestati ne’ inadempimenti ne’ condotte illegittime a (OMISSIS)”. La revoca, secondo la sentenza impugnata, fu determinata e motivata con l’esigenza di riorganizzare la struttura dell’organo gestorio e di superare l’eccessiva dialettica interna a quello collegiale; mentre nella deliberazione neppure furono prospettati e contestati inadempimenti da parte dello (OMISSIS) ai doveri della carica.
Se quindi, da un lato, le ragioni addotte dalla societa’ non integravano una giusta causa di revoca, dall’altro lato pero’, e proprio per tale motivo, esse neppure sono state reputate suscettibili di ledere la reputazione ed il prestigio professionale del ricorrente.
In secondo luogo, la corte ha negato sia stato raggiunta la prova del nesso causale tra la revoca e il danno lamentato.
4.2. – Il motivo e’ inammissibile, per essere esso rivolto avverso una parte della motivazione che e’ priva di effetti giuridici.
Invero, qualora il giudice che, come nella specie, abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, cosi’ spogliandosi della potestas iudicandi sul merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, e’ inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, su tale ultimo aspetto (e multis, Cass. 20 agosto 2015, n. 17004; 19 dicembre 2014, n. 27049; sez. un., 30 ottobre 2013, n. 24469; sez. un., 28 novembre 2012, n. 21110).
Peraltro, per la particolare importanza della questione, e’ opportuno procedere al fine della enunciazione del principio di diritto, a norma dell’articolo 363 c.p.c..

segue pagina successiva in calce all’articolo
[…]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *