Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 16 gennaio 2018, n. 831. Nella società cooperativa fra imprenditori agricoli l’accertamento di merito della fallibilità

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In particolare, tale decisione ha stigmatizzato l’errata assimilazione del concetto di “prevalenza”, costituente la condizione per il riconoscimento della natura agricola delle attivita’ connesse, ai sensi dell’articolo 2135 c.c., con il concetto di “mutualita’ prevalente”, proprio delle societa’ cooperative anche commerciali, dovendo i due predicati essere tenuti tra di loro nettamente distinti.

Piu’ in generale, e’ stato ribadito che, perche’ un’impresa agricola sia esentata da fallimento, occorre un’indagine fattuale, volta ad accertare la natura commerciale dell’attivita’ in concreto svolta (Cass., ord. 13 marzo 2017, n. 17343).

In definitiva, la presenza dell’articolo 2545-terdecies c.c., il quale dispone l’assoggettabilita’ al fallimento delle societa’ cooperative che svolgono attivita’ commerciale, impone di accertare in concreto tale ultimo requisito, non coincidendo con l’astratta enunciazione nello statuto sociale di uno scopo mutualistico, ma dovendo il giudice del merito verificare lo svolgimento in modo sistematico di un’attivita’ commerciale.

2.5. – Ne’ il concetto di svolgimento di attivita’ connessa puo’ essere accertato con riguardo al disposto dell’articolo 2545-octies c.c..

Invero, se cio’ che rende agricola la cooperativa in via di connessione, e come tale sottratta al regime della fallibilita’ propria dell’imprenditore commerciale, e’ lo svolgimento effettivo di un’attivita’ cd. connessa a quella agricola propria dei soci, cio’ non deriva affatto dalla verifica dell’assenza della situazione che prescrive, a tutt’altro fine, la perdita della qualificazione di “mutualita’ prevalente” in capo alla cooperativa medesima.

2.6. – Nella specie, la corte d’appello si e’ invece limitata a constatare che, sulla base del disposto dell’articolo 2545-octies cod. civ., per solo uno di due esercizi consecutivi l’apporto dei prodotti da parte dei soci sia stato prevalente.

Il vizio in cui la sentenza impugnata e’ incorsa – sulla base di un’errata interpretazione delle norme considerate – consiste nell’avere omesso di verificare non solo se prodotti dei soci fossero forniti all’ente in via prevalente rispetto al totale dei prodotti trattati, ma anche che lo fossero con continuita’, e non certamente per uno di due esercizi consecutivi soltanto.

Tale interpretazione riduttiva non e’ pero’ corretta, riguardando la limitazione codicistica il concetto la mutualita’ prevalente, non la natura agricola dell’ente: per la quale occorreva verificare l’esercizio della “attivita’ connessa”, nozione necessariamente da intendere come svolgimento professionale dell’attivita’ strumentale in modo continuativo, ai sensi dell’articolo 2082 c.c..

Gli elementi identificativi dell’impresa commerciale, ai sensi dell’articolo 2082 c.c., sono invero la professionalita’ e l’organizzazione, intese come svolgimento abituale e continuo dell’attivita’ e sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali (cosi’, e multis, Cass. 6 giugno 2003, n. 9102).

Se, in altri termini, la nozione di “prevalenza” puo’ avere un significato uniforme (ossia piu’ del 50%) in vari contesti e, dunque, si presta ad essere utilizzato, se si vuole, nell’ambito sia della mutualita’ che dei conferimenti o della vendita dei prodotti ai fini della natura agricola dell’impresa (ma anche, es., per indicare l’opinione maggioritaria dei membri di un organo collegiale), cio’ non deve trarre in inganno, conducendo ad una commistione di piani e di norme, aventi invece distinti rationes ed ambiti di applicazione.

Peraltro, anche nell’articolo 2512 c.c., richiamato dalla corte d’appello, e’ richiesta la continuita’ della situazione ivi descritta – svolgere l’attivita’ prevalentemente in favore dei soci, avvalersi prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci, utilizzare prevalentemente gli apporti di beni o servizi da parte dei soci – non certo limitata ad uno, e neppure a due, o a pochi esercizi sociali, ma in via tendenzialmente o programmaticamente costante: tanto e’ vero che l’articolo 2545-octies c.c., dal suo canto richiamato non a proposito dalla corte territoriale, si limita a prevedere la decadenza dalla qualifica di cooperativa a mutualita’ prevalente quando per due esercizi consecutivi quella condizione non sia rispettata (e non a richiederla per due esercizi soltanto).

Sarebbe dunque viziato quel ragionamento che volesse (cosi’ come, del resto, accertare la prevalenza della mutualita’ per due soli esercizi ai fini cui tende l’articolo 2545-octies c.c.) accontentarsi del prevalente apporto dei soci per due esercizi qualsiasi, al fine di qualificare la cooperativa come agricola.

Ed, inoltre, la condizione ad hoc prevista per le cooperative agricole dall’articolo 2513 c.c., comma 3 – “Nelle cooperative agricole la condizione di prevalenza sussiste quando la quantita’ o il valore dei prodotti conferiti dai soci e’ superiore al cinquanta per cento della quantita’ o del valore totale dei prodotti” – serve unicamente ad ampliare, per tale categoria di cooperative, l’ambito della nozione di prevalenza, operando riferimento sia alla quantita’ numerica, sia al valore economico dei prodotti conferiti.

Anche se e’ comprensibile, in definitiva, la ricerca di un criterio che sia di ausilio alla individuazione del concetto di “prevalenza” Decreto Legislativo n. 228 del 2001, ex articolo 1, tuttavia conduce fuori strada l’applicazione del medesimo concetto a fattispecie distanti fra loro.

Quando si tratti di societa’ cooperativa fra imprenditori agricoli, in definitiva, l’accertamento di merito della fallibilita’ deve procedere alla verifica: a) della forma sociale e della qualita’ dei soci; b) dello svolgimento di attivita’ agricola in senso proprio o di attivita’ agricola connessa, anche esclusiva, da parte della societa’, ai sensi dell’articolo 2135 c.c., comma 3; c) dell’apporto prevalente dei soci o della destinazione prevalente ai soci di beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico, ai sensi del Decreto Legislativo n. 228 del 2001, articolo 2, comma 2.

3. – Il secondo motivo resta assorbito.

4. – Il ricorso incidentale svolto dalla curatela del fallimento (OMISSIS) a r.l. e’ inammissibile, perche’ integralmente adesivo al ricorso principale, ma proposto in violazione del termine perentorio di cui all’articolo 327 c.p.c. (Cass. 21990/2015; Cass. 10243/2016).

5. – La sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa rinviata, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Bari che, in diversa composizione, si atterra’ ai principi di diritto sopra richiamati ed effettuera’ gli accertamenti suddetti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese di legittimita’.

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