Conversione della pena detentiva in pena pecuniaria

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 21 ottobre 2019, n. 43116.

Massima estrapolata:

Il giudice non può rigettare la richiesta di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria sulla base della mancanza di un concreto impegno dell’imputato di adempiere alla corrispondente pena pecuniaria, trattandosi di una circostanza estranea dal novero dei criteri indicati nell’art. 133 c.p. di cui deve tener conto nell’esercitare il potere discrezionale di sostituzione delle pene detentive brevi con quelle pecuniarie corrispondenti.

Sentenza 21 ottobre 2019, n. 43116

Data udienza 17 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/12/2018 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CORBETTA Stefano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Milano e appellata dall’imputato, la Corte di appello di Milano dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, comma 1-bis, limitatamente all’annualita’ 2010 perche’ estinto per prescrizione e per l’effetto riduceva la pena inflitta a giorni 20 di reclusione e 100 Euro di multa, condizionalmente sospesa, nel resto confermando la sentenza impugnata, che aveva affermato la penale responsabilita’ dell’imputato in relazione all’annualita’ 2011.
2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per mezzo dei difensori di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 601 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) con riferimento al rigetto dell’istanza di riconoscimento dell’esito positivo della messa alla prova o, in subordine, di rimodulazione del programma di trattamento in fase di esecuzione in altro processo penale in caso di reati connessi dal vincolo della continuazione.
Premette il ricorrente che, nell’ambito di altro procedimento penale ad oggetto sia reati tributari, sia il reato di omesso versamento di contributi previdenziali riguardanti la medesima societa’ per le annualita’ 2008 e 2009, era stato ammesso alla sospensione e messa alla prova, ai sensi dell’articolo 168-bis c.p. e articolo 464-quater c.p.p.. Orbene, il ricorrente censura la sentenza impugnata, laddove ha confermato l’ordinanza del Tribunale che aveva rigettato l’istanza di rinvio del processo avanzata dal difensore, al fine di rilevare l’auspicato esito positivo della messa alla prova nel processo parallelo, sul presupposto che l’imputato avesse gia’ utilizzato il beneficio ai sensi dell’articolo 168-bis c.p., comma 4. Secondo la prospettazione difensiva, tale assunto non corrisponderebbe al vero, in quanto, alla data del 09/03/2017, quando e’ stata emessa l’ordinanza di rigetto, il periodo di sospensione e messa alla prova era in corso di esecuzione, di talche’ l’imputato non aveva gia’ utilizzato detto beneficio. Il Tribunale, peraltro, avrebbe quantomeno dovuto trasmettere gli atti al Presidente del Tribunale al fine di valutare la possibilita’ di riunione del presente processo con quello gia’ incardinato e per il quale era in corso la messa alla prova per l’eventuale rimodulazione del programma in considerazione delle nuove contestazioni. In via subordinata, si sollecita questa Corte a sollevare la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 168-bis c.p., comma 4, in relazione agli articoli 3 e 27 Cost., nella parte in cui non prevede che il giudice di altro procedimento penale, avente ad oggetto fatti in continuazione per i quali sia stata disposto la sospensione e messa alla prova, possa valutare positivamente la prova a cui l’imputato si e’ sottoposto con conseguente estinzione del reato ovvero integrare la predetta prova nei limiti previsti dall’istituto al fine di godere del beneficio da esso previsto.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) c) ed e) con riferimento alla mancata conversione della pena detentiva rideterminata alla Corte di appello in pena pecuniaria e conseguente diniego dell’ammissione al pagamento della medesima. Il ricorrente censura la sentenza impugnata, laddove ha rigettato il motivo di appello con cui si chiedeva di rideterminare la pena nel minimo di legge e, previa conversione della pena detentiva in pena pecuniaria L. n. 689 del 1981, ex articolo 53, ammettere l’imputato al pagamento di detta somma, con rinuncia alla sospensione condizionale gia’ riconosciuta in primo grado. Invero, nell’affermare che l’imputato non aveva previsto alcun concreto impegno di adempiere alla corrispondente pena pecuniaria, la Corte territoriale avrebbe disatteso l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimita’, che, per un verso, ammette la compatibilita’ tra i due istituti in esame, e, per altro verso, consente la sostituzione della pena anche in relazione a condanna inflitta a persone economicamente disagiate. Inoltre, quanto al rilievo secondo cui il difensore, essendo sfornito di procura speciale, non avrebbe potuto rinunciare alla sospensione condizionale della pena, osserva il ricorrente che, una volta che il giudice d’appello, su richiesta della difesa, conceda la conversione della pena pecuniaria, la revoca della sospensione condizionale della pena sarebbe stata possibile, a prescindere da una rinuncia formulata personalmente dall’imputato ovvero dal difensore munito di procura speciale, non costituendo detta statuizione una reformatio in peius, ma un vantaggio che gli avrebbe concesso la possibilita’ di pagare la multa, senza pregiudicare eventuali e future applicazioni del beneficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei limiti e per i motivi di seguito indicati.
Invero, e’ dirimente osservare che, come documentato dal ricorrente, il procedimento “parallelo” a carico del (OMISSIS) si e’ esaurito, essendo stato definito con sentenza del 13/12/2017, che ha dichiarato non doversi procedere per essere i reati estinti per esito positivo della messa alla prova.
E’ percio’ assorbente osservare che, in relazione al motivo in esame, non appare sussistere un concreto interesse, richiesto dall’articolo 568 c.p.p., comma 4, quale condizione di ammissibilita’ di qualsiasi impugnazione: interesse che deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare, e che sussiste solo se il mezzo di impugnazione proposto sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica piu’ vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente, che, nella specie, non e’ ravvisabile.
3. Il secondo motivo e’ fondato nei limiti di seguito indicati.
Va evidenziato che, come emerge dal verbale di udienza, solamente in sede di conclusioni assunte davanti alla Corte di appello all’udienza del 06/12/2018, il difensore, in via subordinata, ha avanzato la sola “richiesta di conversione di pena detentiva con quella pecuniaria”.
3.1. Cio’ posto, si osserva che, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria e’ consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza della L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 58, comma 2, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla liberta’ controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione (Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010 – dep. 30/06/2010, Gagliardi, Rv. 247274).
In motivazione, le Sezioni Unite hanno chiarito che, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., tra i quali e’ compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche.
3.2. Si osserva inoltre che, come affermato a piu’ riprese da questa Corte, e’ illegittima la decisione con cui il giudice d’appello rigetti l’istanza di sostituzione della pena detentiva L. 24 novembre 1981, n. 689, ex articolo 53, e s.s., solo perche’ condizionalmente sospesa, essendo la sospensione condizionale compatibile con la pena sostitutiva che integra, a tutti gli effetti, una sanzione penale (da ultimo, Sez. 2, n. 46757 del 26/09/2018 – dep. 15/10/2018, N, Rv. 274082; Sez. 2, n. 40221 del 10/07/2012 – dep. 12/10/2012, Sgroi e altro’, Rv. 253447).
3.3. Nel caso in esame, la Corte territoriale non si e’ attenuta a principi ora evocati, avendo rigettato la richiesta facendo leva sulla mancanza di un “concreto impegno dell’imputato di adempiere alla corrispondente pena pecuniaria”: una circostanza estranea dal novero dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., cio’ che integra la denunciata violazione di legge.
4. E’ invece infondata la richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena.
E’ dirimente osservare che tale richiesta non era stata avanzata ne’ con l’atto di appello, ne’ in sede di discussione, di talche’, non essendo stata oggetto di impugnazione, la Corte territoriale ha confermato il beneficio in questione, gia’ riconosciuto dal Tribunale. Ne’, in senso contrario, vale obiettare che la richiesta di sostituzione della pena detentiva implicitamente contiene anche la richiesta di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena gia’ riconosciuto dal giudice di primo grado, in quanto, come sopra si e’ detto al par. 3.2., dette statuizioni sono tra loro del tutto compatibili.
In ogni caso, va parimenti ribadito che la rinuncia al beneficio della sospensione condizionale della pena, in quanto atto personalissimo idoneo ad incidere sul profilo sanzionatorio, puo’ essere validamente proposta solo dall’imputato e non anche dal suo difensore privo di specifica procura speciale (Sez. 3, n. 11104 del 30/01/2014 – dep. 07/03/2014, Ercolini, Rv. 258701: fattispecie in cui e’ stata esclusa la validita’ della rinuncia al beneficio proveniente dal difensore munito del solo potere di chiedere la sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria).
5. La sentenza impugnata deve percio’ essere annullata limitatamente al punto concernente la sostituzione della pena detentiva con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Visto l’articolo 624 c.p.p., si dichiara l’irrevocabilita’ della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la sostituzione della pena detentiva con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta il ricorso nel resto. Visto l’articolo 624 c.p.p., dichiara la irrevocabilita’ della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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