Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 5 marzo 2019, n. 6357.
La massima estrapolata:
La simulazione presuppone la partecipazione di tutti i soggetti che hanno partecipato all’accordo simulatorio e la prova della simulazione va fornita con la controdichiarazione, vietando l’articolo 1417 c.c., la prova per testi o per presunzioni.
E’ vero che la controdichiarazione, che nei rapporti fra le parti costituisce il mezzo usualmente adoperato per documentare una simulazione, costituisce atto di accertamento o di riconoscimento scritto non avente carattere negoziale e che non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, di tal che la controdichiarazione non solo non deve essere coeva all’atto simulato ma non deve neppure necessariamente provenire da tutti i partecipi all’accordo simulatorio, potendo provenire anche dalla sola parte che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione. Tuttavia, per potersi attribuire alla controdichiarazione unilaterale il significato e gli effetti di riconoscimento della simulazione e’ necessario che questa provenga dalla parte contro il cui interesse e’ redatta, da quella parte, cioe’, che trae vantaggio dall’atto simulato mentre assume, con la controdichiarazione, obblighi diversi e maggiori di quelli che le derivano dall’atto contro cui questa e’ redatta
Sentenza 5 marzo 2019, n. 6357
Data udienza 6 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24643/2013 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), preso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente successivo –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1165/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e per il rigetto del secondo motivo del ricorso principale e per l’accoglimento del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 4.12.2000, (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal Presidente del Tribunale di Pistoia dell’importo di Euro 50.000,00 in favore di (OMISSIS), basato su un atto di ricognizione di debito sottoscritto dagli opponenti. Con lo stesso atto di opposizione (OMISSIS) e (OMISSIS) citavano in giudizio l’ (OMISSIS) s.r.l., deducendo che il riconoscimento del debito costituiva il saldo del prezzo dovuto da essi opponenti per la vendita di un’abitazione di cui all’atto per notar (OMISSIS) di (OMISSIS) del 24.7.2000; esponevano che il saldo non era stato corrisposto per la presenza di vizi dell’immobile e per il pericolo di evizione di una striscia di terreno circostante il fabbricato.
Si costituiva il (OMISSIS) chiedendo il rigetto dell’opposizione proposta; l’ (OMISSIS) s.r.l eccepiva preliminarmente l’inammissibilita’ della chiamata diretta, la decadenza della garanzia per vizi, poiche’ denunciati al (OMISSIS) in proprio e non quale rappresentante della societa’, nonche’ la tardivita’ della denuncia, avvenuta oltre i termini di legge; eccepiva, inoltre, l’inoperativita’ della garanzia per la riconoscibilita’ dei vizi.
Il Tribunale di Pistoia, con sentenza pubblicata il 19.9.2006; rigettava l’opposizione proposta da (OMISSIS) ed (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS); dichiarava il minor valore dell’immobile in Euro 35.119,06.
Avverso detta sentenza proponevano appello il (OMISSIS) e la (OMISSIS), resistito dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) s.r.l., che spiegava appello incidentale.
La Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 6-19.9.2012 accoglieva l’appello principale, revocava il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Pistoia in data 12.10.2000 e, per l’effetto, accertava che nulla era dovuto al (OMISSIS); condannava l’ (OMISSIS) s.r.l. al pagamento della somma di Euro 9296,22 oltre interessi dal 24.7.2000. Dichiarava inammissibile l’appello incidentale e regolava le spese di lite secondo il principio della soccombenza. Secondo la corte territoriale, gli appellanti (OMISSIS) e (OMISSIS), opponenti nel giudizio di primo grado, avevano provato che la somma di Lire 50.000,00 costituiva il saldo del prezzo per l’acquisto dell’immobile, sia perche’ la scrittura privata di riconoscimento del debito in favore del (OMISSIS) non era coeva al preliminare e corrispondente al suo contenuto, sia perche’ l’atto di vendita indicava una somma inferiore ai soli fini fiscali, mentre l’importo effettivo sarebbe stato versato direttamente al (OMISSIS). Ravvisava, pertanto, un accordo simulatorio in virtu’ del quale il prezzo residuo dovesse essere corrisposto non alla societa’ ma al suo legale rappresentante, il quale, pertanto, non poteva vantare una pretesa autonoma ed ulteriore rispetto a quella del creditore originario. Accertava, inoltre, il diritto degli acquirenti alla restituzione delle somme pagate a seguito dell’accoglimento della domanda di riduzione del prezzo pari ad Euro 9.296,22, oltre interessi dal pagamento effettuato in data 24.7.2000.
Avverso detta sentenza, con distinti atti di impugnazione proponevano ricorso (OMISSIS) s.r.l. sulla base di due motivi e (OMISSIS) sulla base di un unico motivo; sono rimasti intimati (OMISSIS) e (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’ (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione di legge in relazione all’articolo 342 c.p.c., per avere la corte territoriale dichiarato inammissibile l’appello incidentale per genericita’ del motivo relativo alla riconoscibilita’ dei vizi, poiche’ prospettati attraverso la mera riproposizione degli argomenti dedotti innanzi al giudice di primo grado, mentre, invece, il motivo era idoneo a censurare il percorso logico seguito dal primo giudice.
Il motivo e’ fondato.
Va, in primo luogo rilevato che, attesa la formulazione del motivo, che denunzia, evidentemente, un error in procedendo ex articolo 360 c.p.c., n. 4, trova applicazione il principio affermato da questa Corte, secondo cui, quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullita’ del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attivita’ deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, il giudice di legittimita’ non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicita’ della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma e’ investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purche’ la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformita’ alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (Cass. S.u. 22 maggio 2012 n. 8077).
Cio’ implica che la Corte assume sul punto la veste di giudice del fatto processuale e puo’ procedere alla verifica circa la fondatezza del motivo di ricorso, mediante accesso diretto agli atti processuali e, nella specie, all’atto di appello.
Nella specie, il ricorrente ha, in primo luogo, assolto l’onere di specificita’ del motivo, trascrivendo la motivazione della parte della sentenza impugnata ed il motivo d’appello.
Va, inoltre, osservato che al presente giudizio si applica la disciplina previgente alla modifica di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, in quanto l’atto di appello e’ stato notificato il 4.12.2010. L’articolo 342 c.p.c., ante modifica, prevedeva che l’appello dovesse contenere l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione.
Secondo la disciplina previgente, per soddisfare il requisito della specificita’ del motivo di appello e’ necessario che alle argomentazioni del giudice di primo grado vengano contrapposte quelle dell’appellante, in grado di incrinarne il fondamento logico giuridico della decisione, senza che sia necessario anche un esplicito esame dei passaggi argomentativi sviluppati dal giudice di primo grado.
L’appello deve, pertanto, contenere tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione (Cass., 30.7.2001, n. 10401) anche richiamando le difese svolte in primo grado (cfr. Cass., 16 dicembre 2005, n. 27727), purche’ cio’ determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata, tale da consentire al giudice del gravame di cogliere con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice. E’ stato, pertanto, ritenuto che la specificita’ dei motivi di impugnazione possa essere integrata anche dalla mera prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purche’ la critica alla sentenza impugnata sia adeguata e specifica, in modo da consentire al giudice del gravame di enucleare con certezza il contenuto delle censure (Cass., 29.11.2011 n. 25218; Cass. 19.10.2009 n. 22123).
Si tratta, quindi, di verificare in concreto la specificita’ dell’atto di appello, mediante il raffronto tra la motivazione della sentenza appellata e gli argomenti contenuti nell’atto di appello.
Nella specie, il giudice di primo grado ha ritenuto che non vi fosse prova della facile riconoscibilita’ dei vizi, in quanto, nonostante il possesso dell’immobile fosse stato trasferito il 24.7.2000 e la denuncia fosse stata effettuata con lettera del 15.9.2000, i compratori fecero affidamento sul successivo rilascio del certificato di abitabilita’, che doveva avvenire entro l’anno; la denuncia, seppur effettuata al (OMISSIS) in proprio, era valida anche nei confronti della societa’, perche’ diretta al suo legale rappresentante.
L’appello incidentale censura entrambi i profili in quanto contesta che la lettera del 15.9.2000 fosse volta a denunciare i vizi e deduce che, pur ammettendo validamente effettuata la denuncia dei vizi alla societa’, considerando che i (OMISSIS) – (OMISSIS) avevano avuto il possesso del bene in data 24.7.2000, i vizi sarebbero stati facilmente riconoscibili ai sensi dell’articolo 1491 c.c.. Infine, sulla circostanza che i vizi fossero apparenti e conosciuti dal compratore, la societa’ ricorrente richiamava e trascriveva, nella comparsa di costituzione d’appello, la deposizione del teste (OMISSIS), che non era stata oggetto di valutazione da parte di primo grado.
Ne consegue che il motivo d’appello era specifico ed idoneo a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione, proponendo una critica adeguata alla decisione impugnata, tale da consentire al giudice del gravame di cogliere con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate.
Il motivo di ricorso va, pertanto, accolto.
Va dichiarato assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale la (OMISSIS) s.r.l. censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione agli articoli 345 e 112 c.p.c. e articolo 1492 c.c.
Va quindi esaminato l’unico motivo di ricorso proposto da (OMISSIS), il quale censura la violazione e falsa interpretazione degli articoli 1414, 1417 e 1988 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale ritenuto che vi fosse un accordo simulatorio tra le parti, in assenza di una controdichiarazione sottoscritta delle parti contraenti, e, quindi, in violazione dell’articolo 1417 c.c.. Contesta, inoltre, la violazione dell’articolo 1988 c.c., per non avere i coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) fornito la prova del rapporto sottostante la promessa di pagamento, non potendo ritenersi che fosse incontestato che esso si riferisse al saldo del prezzo per la vendita dell’immobile, in quanto il principio di non contestazione era stato introdotto dalla Lire 18.6.2009, dopo l’inizio della presente controversia.
Il motivo e’ fondato.
La simulazione presuppone la partecipazione di tutti i soggetti che hanno partecipato all’accordo simulatorio e la prova della simulazione va fornita con la controdichiarazione, vietando l’articolo 1417 c.c., la prova per testi o per presunzioni.
E’ vero che la controdichiarazione, che nei rapporti fra le parti costituisce il mezzo usualmente adoperato per documentare una simulazione, costituisce atto di accertamento o di riconoscimento scritto non avente carattere negoziale e che non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio (Cass. 4 maggio 1998 n. 4410), di tal che la controdichiarazione non solo non deve essere coeva all’atto simulato ma non deve neppure necessariamente provenire da tutti i partecipi all’accordo simulatorio, potendo provenire anche dalla sola parte che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione. Tuttavia, per potersi attribuire alla controdichiarazione unilaterale il significato e gli effetti di riconoscimento della simulazione e’ necessario che questa provenga dalla parte contro il cui interesse e’ redatta, da quella parte, cioe’, che trae vantaggio dall’atto simulato mentre assume, con la controdichiarazione, obblighi diversi e maggiori di quelli che le derivano dall’atto contro cui questa e’ redatta (Cassazione civile, sez. II, 30/01/2013, n. 2203; Cassazione civile, sez. II, 09/06/1992, n. 7084).
La Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di simulazione.
Ha ritenuto, infatti, che il contratto di compravendita fosse simulato sia con riferimento al prezzo, poiche’ il saldo sarebbe stato rappresentato dalla somma indicata nella ricognizione di debito, sia con riferimento al destinatario del saldo del pagamento, apparentemente attribuito dagli acquirenti in favore del legale rappresentante della societa’ e non della societa’ stessa.
Secondo la ricostruzione effettuata dalla corte territoriale, la prova della simulazione del prezzo della compravendita intercorso tra i coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) e la societa’, e’ costituita dalla ricognizione di debito sottoscritta dai medesimi, ai quali ha attribuito valore di controdichiarazione.
Tuttavia, l’atto ricognitivo indicava quale creditore un soggetto – il (OMISSIS) – diverso rispetto alla parte che nel rogito figurava quale venditrice, e, quindi, titolare del diritto al pagamento del corrispettivo, cioe’ l’ (OMISSIS).
La ricognizione di debito, non puo’ pertanto assumere valore di controdichiarazione, perche’ rivolta non alla societa’ ma al (OMISSIS) in proprio. Vi e’ stata altresi’ un’errata applicazione dell’articolo 1988 c.c., non avendo gli opponenti a decreto ingiuntivo fornito la prova contraria dell’inesistenza di un autonomo diritto di credito del (OMISSIS), in ragione dei vizi della cosa compravenduta, perche’ il contratto di vendita era stato stipulato non con il (OMISSIS) in proprio ma con la societa’.
Anche il ricorso di (OMISSIS) deve essere, pertanto, accolto.
La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata innanzi alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso proposto dalla (OMISSIS) s.r.l., dichiara assorbito il secondo; accoglie il ricorso proposto da (OMISSIS), cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia innanzi alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimita’.
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