Contratto quadro concluso nella vigenza del vecchio assetto regolativo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 luglio 2022| n. 21993.

Contratto quadro concluso nella vigenza del vecchio assetto regolativo

In tema di intermediazione finanziaria, le modifiche legislative succedutesi negli anni in ordine ai presupposti ed ai requisiti formali prescritti per il contratto quadro, in applicazione dell’ordinaria disciplina della successione delle leggi nel tempo, non caducano i contratti regolarmente stipulati nel vigore delle leggi precedenti; ne consegue che gli ordini di acquisto impartiti in esecuzione del contratto quadro concluso nella vigenza del vecchio assetto regolativo non sono per tale sola ragione da considerarsi nulli. ( In attuazione del predetto principio, la S.C. ha ritenuto validi gli ordini di acquisto impartiti nella vigenza del testo unico della finanza, d. lgs. n. 58 del 1998, ma sulla base di contratti quadro stipulati, ai sensi del d. lgs. n. 415 del 1996 e del reg. Consob n. 1093 del 1997, nonché della l. n. 1 del 1991).

Ordinanza|12 luglio 2022| n. 21993. Contratto quadro concluso nella vigenza del vecchio assetto regolativo

Data udienza 17 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Borsa – Obblighi informativi – Applicabilità dello jus superveniens – Ordini di acquisto emessi in esecuzione di contratto quadro concluso nella vigenza della disciplina anteriore – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28892/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), domiciliati presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2039/2017 della Corte di appello di Napoli di depositata il giorno 10 maggio 2017;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17 giugno 2022 dal Consigliere Relatore Dott. Massimo Falabella.

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno convenuto in giudizio il (OMISSIS) s.p.a. per sentir dichiarare la nullita’, l’annullamento o la risoluzione di alcuni ordini di acquisto di obbligazioni (OMISSIS) e, in via alternativa o subordinata, la condanna della controparte al risarcimento del danno. Gli attori hanno lamentato non essere stata loro fornita un’adeguata informativa sui prodotti finanziari acquistati, oltre che il conflitto di interessi in cui avrebbe operato l’intermediario.
Nella resistenza della banca convenuta il Tribunale di Napoli ha respinto la domanda attrici, reputando inammissibile, in quanto tardivamente proposta, la domanda, diretta alla declaratoria di invalidita’ del contratto quadro, che gli attori avevano spiegato con la memoria di replica nel corso del giudizio.
2. – La pronuncia di primo grado e’ stata impugnata da (OMISSIS) e (OMISSIS). Il giudizio di gravame, cui ha partecipato la banca, e’ stato definito da sentenza della Corte di appello di Napoli di rigetto dell’impugnazione.
3. – Ricorrono ora per cassazione, facendo valere quattro motivi di censura, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS): il primo in proprio e nella qualita’ di erede (OMISSIS), gli altri nella sola qualita’ di eredi della medesima. Resiste con controricorso il (OMISSIS), incorporata, nelle more del giudizio di legittimita’ da (OMISSIS) s.p.a., che ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c., oltre che la nullita’ della sentenza o del procedimento e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. La censura investe l’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo cui le domande proposte da (OMISSIS) sarebbero da ritenere inammissibili, non avendo la medesima provato di essere in possesso dei titoli (OMISSIS) al momento del default della societa’ americana. Si deduce che il (OMISSIS) nulla aveva prospettato con riferimento alla posizione della nominata attrice e che la medesima aveva offerto piena prova della sua legittimazione attiva mediante l’esibizione della documentazione attestante l’acquisto delle obbligazioni e gli estratti conto della banca depositaria dei titoli. Si deduce non essere intercorsa alcuna cessione di titoli ma “semplice passaggio da un deposito in custodia ad un altro”.
Il motivo attiene, a ben vedere, al merito della controversia: il fatto che (OMISSIS) piu’ non fosse nel possesso dei titoli all’epoca in cui si determino’ il crollo delle loro quotazioni rileva ai fini del danno: gli eredi della detta ricorrente non potrebbero difatti lamentare alcun pregiudizio se al momento del default di (OMISSIS) la loro dante causa se ne fosse gia’ privata. La sentenza impugnata esibisce, pero’, con riguardo alla posizione di (OMISSIS), una ratio decidendi che si aggiunge a quella basata sulla mancata prova quanto al fatto che la medesima, nel frangente considerato, conservasse la disponibilita’ dei prodotti finanziari in questione. La Corte di merito motiva, infatti, pure sull’adempimento della banca intermediaria agli obblighi che le competevano; e lo fa prendendo in considerazione la posizione di entrambi gli investitori: sia (OMISSIS) che (OMISSIS).
D’altro canto, come subito si vedra’, gli altri motivi di ricorso, vertenti proprio sulle asserite inadempienze dell’odierna controricorrente, sono privi di fondamento: sicche’ va fatta applicazione del principio secondo cui qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre, alla cassazione della decisione stessa (per tutte: Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 24 maggio 2006, n. 12372).
2. – Col secondo motivo sono lamentate la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 6, comma 2, degli articoli 23 e ss. t.u.f. (Decreto Legislativo n. 58 del 1998), dell’articolo 30 reg. Consob n. 11522/1998 e degli articoli 1418 c.c. e ss. e articolo 1421 c.c.; sono inoltre denunciate la violazione e falsa applicazione dei principi di diritto affermati da Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, n. 26242, Cass. 27 marzo 2016, n. 5919 e da Cass. 27 aprile 2016, n. 839, nonche’ l’omessa pronuncia e la nullita’ della sentenza o del procedimento. I ricorrenti si dolgono della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo al tema del mancato adeguamento dei contratti quadro alle disposizioni del testo unico della finanza, in vigore al momento in cui furono impartiti gli ordini di investimento. Viene osservato che il contratto di investimento di (OMISSIS) era stato stipulato ai sensi del Decreto Legislativo n. 415 del 1996, articolo 17 e dell’articolo 7 reg. Consob n. 10943 del 1997, mentre quello concluso da (OMISSIS) risaliva ad epoca in cui era in vigore la L. n. 1 del 1991. Osservano i ricorrenti che l’eccezione della nullita’ degli ordini d’acquisto motivata dal mancato adeguamento dei suddetti contratti di investimento risultava essere stata tempestivamente proposta nella memoria di replica alla comparsa di risposta della banca. Censurano, inoltre, la sentenza impugnata nell’affermazione, ivi contenuta, circa l’impossibilita’ di rilevare d’ufficio la nullita’ dedotta. Contestano infine il rilievo, formulato dalla Corte di merito, circa l’infondatezza, nel merito, dell’eccezione proposta: rilievo basato sull’impossibilita’ di correlare alla violazione degli obblighi di comportamento dell’intermediario la conseguenza della nullita’ del contratto quadro; a quest’ultimo proposito e’ osservato come il mancato adeguamento del detto contratto alle disposizioni del Decreto Legislativo n. 58 del 1998 costituisca un vizio di contenuto del contratto stesso.
Il motivo non merita accoglimento.
Nel periodo che interessa il contenuto del contratto quadro e’ stato regolamentato a piu’ riprese dalla Consob con le prescrizioni – in larga parte sovrapponibili – contenute, rispettivamente, nell’articolo 9 reg. Consob n. 5387/1991, nell’articolo 7 reg. Consob n. 8850/1994, nell’articolo 7 reg. Consob n. 10943/1997 e nell’articolo 30 reg. Consob n. 11522/1998. Rispetto alle intervenute modifiche della disciplina secondaria risulta assorbente il rilievo, gia’ formulato da questa Corte, per cui lo ius superveniens integrato dalle disposizioni contenute nel testo unico sull’intermediazione finanziaria, pur modificando in parte i presupposti e i requisiti anche formali del contratto quadro, non per questo ha caducato i contratti regolarmente stipulati nel vigore delle leggi precedenti, in applicazione dell’ordinaria disciplina della successione delle leggi nel tempo (Cass. 9 febbraio 2016, n. 7067, non massimata in CED; in senso conforme, ad es.: Cass. 10 settembre 2019, n. 22554, non massimata in CED; Cass. 18 gennaio 2019, n. 1460, non massimata in CED). E’ conseguentemente escluso che, per il sol fatto dell’introduzione della nuova disciplina, gli ordini di acquisto impartiti in esecuzione del contratto di investimento concluso nel periodo di vigenza del vecchio assetto regolativo siano da considerarsi nulli.
3. – Il terzo motivo e’ rubricato come il precedente. Viene rilevato che i contratti di investimento erano stati sottoscritti solo dai signori (OMISSIS) e (OMISSIS) e che la produzione in giudizio, da parte della banca, dei documenti negoziali recanti la sottoscrizione dei soli clienti, e non anche quella dell’intermediario, realizzava un equivalente della sottoscrizione stessa, ma solo a partire dal momento della detta produzione. Gli istanti si dolgono che la Corte distrettuale abbia trascurato di fare uso, con riguardo al tema in questione, dei propri poteri di rilevazione officiosa della nullita’.
Il motivo e’ inammissibile.
La questione e’ nuova e implica accertamenti di fatto, preclusi in sede di legittimita’: infatti, nel giudizio di cassazione non e’ consentita la proposizione di nuove questioni di diritto, ancorche’ rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione, salvo che nelle ipotesi previste dall’articolo 372 c.p.c., tra le quali rientra la nullita’ della sentenza, purche’ il vizio infici direttamente il provvedimento e non sia effetto di altra nullita’ relativa al procedimento (Cass. 8 febbraio 2016, n. 2443; Cass. 5 maggio 2006, n. 10319).
Deve osservarsi, al riguardo, che il dato della mancata sottoscrizione del contratto quadro da parte dell’intermediario non vale di per se’ a dar ragione della nullita’ del contratto stesso. Infatti, il requisito della forma scritta del contratto quadro relativo ai servizi di investimento, previsto dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 e’ rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente: e’ sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si puo’ desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Cass. Sez. U. 16 gennaio 2018, n. 898; Cass. 2 aprile 2021, n. 9187). Lo scrutinio della questione implica, dunque, un accertamento di fatto, non spendibile nella presente sede.
4. – Col quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 21 ss. t.u.f., oltre che degli articoli 28 e 44 reg. Consob n. 11522/1998; e’ denunciata, altresi’, la nullita’ o il vizio della sentenza, o del procedimento, ed e’ lamentata, infine, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Si deduce, con riferimento alla consegna del documento sui rischi generali, che nella fotocopia del contratto prodotta dal (OMISSIS) non si rinveniva alcuna dichiarazione di ricezione del documento da parte del cliente. Inoltre il detto documento era stato redatto, per (OMISSIS), sulla base dello schema allegato al reg. Consob n. 10943 del 1997, il quale era sensibilmente diverso dallo schema di documento allegato al reg. Consob n. 11522 del 1998. E’ aggiunto che il documento sui rischi non esaurisce l’obbligo di informazione attiva dell’intermediario e che era mancata una comunicazione della banca circa le caratteristiche e i rischi dei titoli oggetto di negoziazione. Si contesta poi che gli attori si fossero rifiutati di fornire informazioni sul loro profilo finanziario e patrimoniale e sui loro obiettivi di investimento e si rileva che in caso di rifiuto, da parte del cliente, di dare tali informazioni debbano ritenersi adeguate solo le operazioni a basso rischio. Gli istanti deducono che la storia pregressa dei due investitori evidenziava un quadro ben diverso da quello evidenziato nella sentenza impugnata e censurano, inoltre, le valutazioni espresse dalla Corte di appello quanto al grado di rischiosita’ dei titoli negoziati. Osservano infine che sul tema dell’adempimento dell’obbligo informativo avevano articolato prova per testimoni e’ richiesto l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio.
Il motivo e’, nel complesso, infondato.
La Corte di appello ha anzitutto dato atto dell’acquisita prova della consegna del documento sui rischi generali, conferendo rilievo alla circostanza per cui ciascuno dei due contraenti aveva dato atto di aver ricevuto copia del detto documento, di cui aveva pure preso visione (sentenza, pag. 9). La confutazione dei ricorrenti contenuta nel motivo e’ chiaramente inammissibile, in quanto investe il giudizio di fatto riservato al giudice del merito.
Quanto al rilievo per cui ad (OMISSIS) venne consegnato il documento sui rischi generali redatto sulla base dello schema di cui al reg. Consob n. 10943 del 1997, la censura e’ priva di concludenza, visto che il reg. n. 11522/1998 non ha previsto il rinnovo della consegna del detto documento. D’altro canto, i ricorrenti nemmeno indicano quali specifici contenuti, presenti nello schema di cui all’allegato 3 del regolamento del 1998, e ipoteticamente assenti nello schema di cui all’allegato 1 del regolamento del 1997, assumessero, con riferimento alla vicenda controversa, concreto rilievo sul piano dell’inadempimento degli obblighi informativi imputati alla banca intermediaria: per il che la censura si rivela, sotto tale aspetto, pure carente di specificita’.
Occorre poi rilevare che la Corte di appello in presenza del rifiuto dei clienti di fornire informazioni in ordine al loro profilo di rischio e ai loro obiettivi di investimento, ha preso in esame la storia pregressa degli investitori, giungendo alla conclusione che essa dava ragione del fatto che (OMISSIS) e (OMISSIS) dovevano ritenersi soggetti capaci di compiere operazioni finanziarie con una soglia di rischio elevata (sentenza, pag. 8), quindi investitori esperti, propensi ad accettare rischi anche elevati (pag. 9): tale era l’accertamento che il Giudice distrettuale era chiamato a compiere. Infatti, l’intermediario finanziario non e’ esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza ove l’investitore si sia rifiutato di fornire le informazioni sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio, dovendo, in tal caso, comunque compiere quella valutazione, in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso (Cass. 16 marzo 2016, n. 5250; Cass. 19 ottobre 2012, n. 18039). Ovviamente, il giudizio di fatto cui e’ pervenuta la Corte di appello sfugge a censura.
Allo stesso modo, sfuggono a censura gli ulteriori accertamenti, contenuti nella sentenza impugnata, quanto all’effettiva opposizione del detto rifiuto, all’adempimento degli obblighi di informazione “attiva” gravanti sulla banca e all’adeguatezza dell’operazione.
Con riguardo, infine, alle istanze istruttorie, la Corte di merito ha spiegato che le considerazioni da essa svolte risultavano assorbenti, avendo anche riguardo alle dette richieste: e sul punto i ricorrenti non hanno nemmeno articolato una censura motivazionale, ma si sono limitati ad assumere che il Giudice di appello avrebbe dovuto dar corso alla prova testimoniale e alla consulenza tecnica che reputavano necessarie ai fini del decidere.
5. – Il ricorso e’ respinto.
6. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *