Conto corrente bancario e la decorrenza della prescrizione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 maggio 2022| n. 14818.

In materia di contratto di conto corrente bancario, poiché la decorrenza della prescrizione è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti effettuati dal cliente, essa matura sempre dalla data del pagamento, qualora il conto risulti in passivo e non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento; ne discende che, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, è onere del cliente provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito, che qualifichi quel versamento come mero ripristino della disponibilità accordata

Ordinanza|10 maggio 2022| n. 14818. Conto corrente bancario e la decorrenza della prescrizione

Data udienza 13 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Banca – Interessi e capitalizzazioni – Ripetizione di indebito – Prescrizione – Giudicato – Onere della prova – Ordinaria prescrizione decennale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 11349/2021 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l. elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende con l’Avvocato (OMISSIS) per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio degli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, n. 243/2021 pubblicata il 15/02/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/04/2022 dal Cons. Laura Scalia.

RILEVATO

Che:
1. Il (OMISSIS) S.r.l. ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’Appello dell’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Teramo, ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla (OMISSIS) S.p.A., appellante, ha rigettato la domanda proposta in primo grado dall’odierna ricorrente di condanna della banca al pagamento della somma di Euro 549.701,53 a titolo di ripetizione di indebito per somme versate per capitalizzazione trimestrale degli interessi e commissioni massimo scoperto, previo accertamento delle illegittimita’ dei relativi addebiti.
2. Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.A..

CONSIDERATO

Che:
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (e/ o ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione agli articoli 345 e 346 c.p.c., per aver la Corte d’Appello errato nell’imporre all’attuale ricorrente l’onere dell’appello incidentale e cosi’ per aver ritenuto che (OMISSIS) S.R.L. avrebbe dovuto riproporre l’eccezione di decadenza dalla proposizione della eccezione di prescrizione con l’appello incidentale, non proposto”.
La corte di merito ritenuta corretta la tardivita’, sollevata dall’attrice in primo grado, dell’eccezione di prescrizione fatta valere della banca, in violazione degli articoli 166 e 167 c.p.c., ha tuttavia rilevato che, poiche’ il tribunale non aveva pronunciato sulla inammissibilita’ dell’eccezione di prescrizione, ma, direttamente nel merito rigettandola, si era “formato il giudicato sulla violazione dell’ordine di esame delle questioni” ed ha ritenuto che la parte vittoriosa in primo grado, ed appellata, avrebbe dovuto rimuovere tale errore in procedendo con appello incidentale condizionato ponendo a carico dell’appellata, totalmente vittoriosa in primo grado, un onere insus sistente.
3.1. Il motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza perche’ la ricorrente non ha dedotto in quale sede processuale avrebbe fatto valere la tardivita’ dell’eccezione di prescrizione frapposta da (OMISSIS) S.p.A., non ne ha indicato l’esatto tenore e non ha allegato il relativo atto.
3.2. Il motivo e’ ancora inammissibile.
La corte di merito ha fondato l’assunta decisione su di una ratio, la formazione del giudicato sulla violazione dell’ordine di esame delle questioni e la ricorrente invece di impugnare detto capo della sentenza ex articolo 276 c.p.c., comma 2, c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Il motivo ha invece dedotto la violazione degli articoli 345 e 346 c.p.c. per avere la corte di merito posto a carico della ricorrente l’onere dell’appello incidentale, ritenendo che la parte avrebbe dovuto riproporre l’eccezione di decadenza dalla proposizione dell’eccezione di prescrizione cui era incorsa l’altra.
3.3. Il motivo e’ manifestamente infondato.
L’ordine di trattazione delle questioni, imposto dall’articolo 276 c.p.c., comma 2, mentre lascia libero il giudice di scegliere, tra varie questioni di merito, quella che ritiene “piu’ liquida”, gli impone, per contro, di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito. La violazione di tale regola costituisce una causa di nullita’ del procedimento che e’, tuttavia, sanata se non venga fatta valere con l’impugnazione o, nel caso in cui la parte che ne risulti svantaggiata sia quella vittoriosa in primo grado ed appellata, con l’appello incidentale (Cass. n. 30745 del 26/11/2019).
La parte aveva comunque obbligo di proporre appello incidentale sulla questione preliminare, per se’ vantaggiosa, su cui vi era stata una omissione di pronuncia da parte del primo giudice.
4. Con il secondo motivo la ricorrente fa valere in via subordinata “violazione o falsa applicazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (e/ o ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) in relazione all’articolo 2697 c.c. ed in relazione alla norma di cui alla L. n. 385 del 1993, articolo 127 (TUB), per aver la Corte d’Appello disatteso il principio generale dell’onere della prova e cosi’ per aver ritenuto che la corretta distribuzione dell’onere probatorio imporrebbe al correntista l’onere di provare sia l’esistenza del fido sia il relativo limite, sia la natura repristinatoria delle rimesse e cosi’ per aver ritenuto, vieppiu’, che la obbligatorieta’ della forma scritta dei contratti bancari imporrebbe al correntista di provare l’esistenza ed il limite del contratto di apertura di credito e cosi’ la natura ripristinatoria delle rimesse de quibus, solo per iscritto attraverso l’esibizione del relativo documento di contratto”
4.1. Il motivo e’ inammissibile per mescolanza e sovrapposizione dei motivi di ricorso tra loro eterogenei ed in cui risultano comprese denunce del principio sulla distribuzione dell’onere della prova (articolo 2697 c.c.), del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 127, questioni sulle modalita’ di valutazione tra rimesse solutorie e ripristinatorie, sul dies a quo della prescrizione, sulla obbligatorieta’ della forma scritta dei contratti di affidamento, deducendo, pure, su principi e pronunzie adottate in materia di Codice del consumo.
4.2. Il motivo e’ manifestamente infondato per il principio secondo il quale:
“in tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’adone di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, e’ soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte” (Cass. SU 13/06/2019, n. 15895),
4.3. Il motivo e’ ancora manifestamente infondato poiche’ i giudici di appello hanno fatto corretta applicazione delle regole di diritto affermate da questa Corte in materia di contratto di conto corrente bancario, decorrenza della prescrizione e carattere solutorio o ripristinatorio dei versamenti effettuati dal cliente, stabilendo nella natura solutoria dei primi, la prescrizione dell’indebito azionato ferma la regola che pone a carico del cliente l’onere della prova del carattere degli eseguiti pagamenti.
Questi i principi:
1) “l’azione di ripetizione dell’indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullita’ della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di conto corrente, e’ soggetta all’ordinaria prescrizione decennale che decorre, in assenza di un’apertura di credito, dai singoli versamenti aventi natura solutoria” cosicche’ “grava sull’attore in ripetizione dimostrare la natura indebita dei versamenti e, a fronte dell’eccezione di prescrizione dell’azione proposta dalla banca, dimostrare l’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio ed a spostare l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto” (Cass. n. 27794 del 30/10/2018).
2) “in materia di contratto di conto corrente bancario, poiche’ la decorrenza della prescrizione e’ condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti effettuati dal cliente, essa matura sempre dalla data del pagamento, qualora il conto risulti in passivo e non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento; ne discende che, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, e’ onere del cliente provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito, che qualifichi quel versamento come mero ripristino della disponibilita’ accordata” (Cass. 30/01/2019, n. 2660; Cass. n. 31927 del 06/12/2019; Cass. n. 18144 del 10/07/2018).
La corte di merito ha operato in termini, ritenendo non provata dal cliente l’esistenza di un contratto di apertura di credito o di affidamento e, per l’effetto, dichiarando prescritta la pretesa del cliente qualificata come solutoria con individuazione del relativo “dies a quo”.
5. Il ricorso e’ conclusivamente infondato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna (OMISSIS) S.r.l. a rifondere a (OMISSIS) S.p.A. le spese di lite che liquida in Euro 11.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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