Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 22 aprile 2020, n. 12632.
Massima estrapolata:
Sì alla continuazione tra il reato di emissione di fatture inesistenti e quello di bancarotta.
Sentenza 22 aprile 2020, n. 12632
Data udienza 29 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Fatture per operazioni inesistenti – Decreto legislativo 74 del 2000 – Condanna – Presupposti – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 9148 del 1996 – Criteri – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 3286 del 2008 – Trattamento sanzionatorio – Recidiva reiterata – Circostanze attenuanti generiche – Diniego – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 35738 del 2010 – Continuazione – Unitarietà del disegno criminoso – Esclusione – Difetto di motivazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 07/05/2018 della Corte d’appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
udito, per il ricorrente, l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 7 maggio 2018, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona che aveva dichiarato la penale responsabilita’ di (OMISSIS) per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, commessi nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS) quale amministratore della “(OMISSIS)”, e aveva condannato il medesimo alla pena di tre anni di reclusione, ritenute la continuazione e la recidiva reiterata, e negate le circostanze attenuanti generiche.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe (OMISSIS), con atto sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’articolo 81 c.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), avendo riguardo alla ritenuta esclusione della continuazione tra i reati oggetto del presente processo ed il reato di bancarotta fraudolenta giudicato in altro processo.
Si deduce che la sentenza impugnata ha illegittimamente escluso la continuazione dei reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti oggetto del presente processo con il reato di bancarotta fraudolenta. Si premette che il reato di bancarotta fraudolenta consegue alla dichiarazione di fallimento della medesima societa’ la quale aveva rilasciato la documentazione fiscale mendace, in entrambi i casi la “(OMISSIS)”. Si rappresenta, poi, che, nell’atto di appello, si era evidenziato come i reati fossero stati preventivamente ed unitariamente programmati perche’: a) il fallimento era stato causato dall’acquisto di autoveicoli provenienti da paesi stranieri e dalla successiva rivendita degli stessi a prezzi inferiori a quelli di mercato; b) le fatture per operazioni inesistenti si riferivano esattamente a tali compravendite, in ragione della fittizieta’ dell’intervento della “(OMISSIS)”, in realta’ formalmente coinvolta solo per consentire l’evasione dell’IVA mediante il meccanismo delle c.d. frodi carosello; c) le condotte erano state commesse in un periodo contiguo e sin dalla costituzione della societa’ lo scopo perseguito dall’imputato risultava essere quello di trarre vantaggio dalle scorrettezze fiscali. Si osserva, inoltre, che la sentenza impugnata, contraddittoriamente, in una parte della motivazione, ha ritenuto causa ostativa al riconoscimento della continuazione la mancata programmazione del fallimento, e, in altra parte della medesima motivazione, ha riconosciuto che non necessariamente il fallimento deve essere intenzionalmente voluto quando lo stesso segue ad operazioni dolose, come appunto l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Si aggiunge, ancora, che l’istituto della continuazione non e’ precluso dall’eterogeneita’ dei reati e che sia la sentenza impugnata sia quella relativa al reato di bancarotta rilevano come il nucleo centrale delle condotte fosse costituito dalla intermediazione fittizia tra il venditore estero ma intra-comunitario dei veicoli ed il reale acquirente in Italia, con difetto totale di versamento dell’IVA all’erario.
Si osserva, quindi, che il riconoscimento della continuazione avrebbe dovuto determinare la dichiarazione di estinzione dei reati tributari per prescrizione, posto che il reato piu’ grave e’ quello di bancarotta fraudolenta, e che, in relazione a quest’ultimo, e’ stata esclusa la recidiva.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’articolo 129 c.p.p. e vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), avendo riguardo alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.
Si deduce che l’affermazione della continuazione tra i reati tributari ed il reato di bancarotta fraudolenta avrebbe determinato l’estinzione dei primi per prescrizione. Si osserva che il reato di bancarotta fraudolenta e’ piu’ grave dei reati tributari avendo riguardo tanto alle pene edittali, quanto alle sanzioni concretamente irrogate (per la bancarotta fraudolenta e’ stata inflitta la pena di tre anni e quattro mesi di reclusione), e che, nel processo per bancarotta fraudolenta, la recidiva e’ stata espressamente “disapplicata” dalla sentenza di secondo grado. Si rileva, poi, che la mancata applicazione della recidiva per il reato piu’ grave avrebbe dovuto impedire l’applicazione della stessa ai reati meno gravi, con conseguente riduzione del termine necessario a prescrivere per questi ultimi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione, mentre e’ infondato nella parte in cui contesta la mancata dichiarazione di prescrizione dei reati per i quali la sentenza impugnata ha confermato la condanna.
2. Le censure concernenti il mancato riconoscimento della continuazione, esposte nel primo motivo di ricorso, sono fondate, in quanto evidenziano vizi logici e giuridici della sentenza impugnata in relazione a tale punto.
La Corte d’appello ha escluso la continuazione tra i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, commessi nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS), oggetto della sentenza impugnata, ed il reato di bancarotta fraudolenta, per il quale e’ intervenuta condanna in altro processo, osservando che: a) le norme violate sono strutturalmente diverse; b) i comportamenti si collocano in diversi momenti temporali; c) non risultano elementi da cui desumere che l’odierno ricorrente avesse progettato ed ideato sia l’attivita’ di interposizione fittizia tradottasi nei reati tributari, sia il fallimento.
Tuttavia, in questo modo, la Corte d’appello e’ incorsa in una errata interpretazione della legge penale ed ha omesso di confrontarsi con elementi significativi ai fini del giudizio sulla continuazione, pur riportando gli stessi, almeno in parte, in sentenza.
Innanzitutto, la diversita’ delle norme violate non puo’ essere indicata come ostacolo alla operativita’ dell’istituto della continuazione: e’ lo stesso articolo 81 c.p., a prevedere che la disciplina del reato continuato riguarda chi “commette anche in tempi diversi piu’ violazioni (…) di diverse disposizioni di legge”.
In secondo luogo, poi, sia i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, sia il reato di bancarotta fraudolenta attengono non solo alla medesima societa’, la “(OMISSIS)”, ma anche, in misura estremamente significativa, alle medesime operazioni. Invero, e’ la stessa sentenza impugnata che descrive il fallimento della precisata societa’ come evento causato dalle operazioni dolose costituite dalla combinazione degli acquisti di autoveicoli da fornitori intracomunitari a prezzi di mercato e in esenzione di IVA, delle successive rivendite “sottocosto” delle medesime vetture con emissione di regolari fatture gravate di IVA, percio’ detraibile dai cessionari, e del mancato versamento di tale IVA all’erario. Ora, il profilo appena evidenziato costituisce plausibile indizio di una ideazione e progettazione unitaria delle condotte delittuose, e, quindi, richiedeva uno specifico approfondimento motivazionale nella sentenza impugnata.
In terzo luogo, infine, gia’ dalla lettura delle imputazioni dei diversi reati si evince che la condotta integrante il reato di bancarotta fraudolenta e’ contestata in contiguita’ temporale con le condotte di emissione di fatture per operazioni inesistenti. La bancarotta, infatti, e’ riferita alla c.d. “frode carosello” precedentemente descritta ed alla conseguente distrazione dell’IVA non versata all’erario, nonche’ alla mancata istituzione delle scritture contabili sulle quali le riferite operazioni di compravendita di veicoli avrebbero dovuto essere annotate. Non va trascurato, inoltre, che, ai fini della continuazione, occorre valutare la contiguita’ delle condotte senza attribuire specifico rilievo alla data della sentenza dichiarativa di fallimento: non a caso, secondo la giurisprudenza di legittimita’, in tema di continuazione tra reati di bancarotta fraudolenta, ai fini dell’individuazione della contiguita’ cronologica quale indice della sussistenza della medesima identita’ del disegno criminoso, assume rilievo la data di commissione della condotta (cfr. per tutte, Sez. 1, n. 24657 del 05/02/2019, Baldini, Rv. 276194-01, e Sez. 1, n. 45602 del 14/12/2010, Sica, Rv. 249353-01). Di conseguenza, risulta viziata, o comunque non congruamente motivata, l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui le condotte illecite relative al reato previsto dalla Legge Fallimentare e quelle configuranti il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, si collocano in diversi momenti temporali.
3. Evidenziato che la sentenza impugnata ha illegittimamente motivato l’esclusione della continuazione tra il reato di bancarotta fraudolenta ed i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, resta pero’ da precisare che infondate sono le residue censure, formulate in parte del primo motivo e nel secondo motivo, che contestano la mancata dichiarazione di estinzione dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000.
3.1. Secondo il ricorrente, il riconoscimento del vincolo di continuazione tra i diversi reati, la maggiore gravita’ di quello di bancarotta fraudolenta e l’esclusione, in relazione a quest’ultimo, della recidiva reiterata sono elementi che, unitariamente considerati, determinerebbero l’impossibilita’ di ritenere la recidiva reiterata con riferimento ai delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti e, di conseguenza, la maturazione del tempo necessario a prescrivere in ordine ai medesimi.
3.2. Ai fini dell’esame della questione, e’ utile una premessa di carattere preliminare.
Secondo la consolidatissima giurisprudenza di legittimita’, anche delle Sezioni Unite, non sussiste incompatibilita’ tra l’istituto della recidiva e quello della continuazione, con conseguente applicazione, sussistendone i presupposti normativi, di entrambi, in quanto il secondo non comporta l’ontologica unificazione dei diversi reati avvinti dal vincolo del medesimo disegno criminoso, ma e’ fondata su una mera fictio iuris a fini di temperamento del trattamento penale (cfr., per tutte, Sez. U, n. 9148 del 17/04/1996, Zucca, Rv. 205543-01, nonche’, da ultimo, Sez. 3, n. 54182 del 12/09/2018, Pettenon, Rv. 275296-01).
3.3. Cio’ posto, deve ritenersi che l’esclusione della recidiva per uno dei reati unificati dal vincolo della continuazione, anche se si tratta del reato piu’ grave, non preclude di per se’ la configurabilita’ della recidiva per gli altri reati.
In proposito, appare opportuno richiamare gli argomenti in forza dei quali la giurisprudenza conclude che, pur quando sussistono i presupposti per l’operativita’ dell’istituto del reato continuato, le circostanze applicate ad uno dei reati unificati ex articolo 81 cpv. c.p., non si estendono automaticamente a tutti gli altri reati. In particolare, sono significative le osservazioni svolte dalle Sezioni Unite, allorche’ hanno affermato che la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso (Sez. U., n. 3286 del 27/11/2008, dep. 2009, Chiodi, Rv. 241755-01). Precisamente, ad avviso delle Sezioni Unite, non solo “deve ritenersi (…) definitivamente superata la concezione dell’unitarieta’ del reato continuato”, ma occorre pure considerare che, a norma dell’articolo 533 c.p.p., comma 2, la pena per ciascuno degli illeciti deve essere determinata preliminarmente in via autonoma, in quanto, secondo questa disposizione, “se la condanna riguarda piu’ reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione”. Sulla base di queste premesse, le Sezioni Unite osservano: “Va affermato, conseguentemente, il principio secondo il quale i reati uniti dal vincolo della continuazione, con riferimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, conservano la loro autonomia e si considerano come reati distinti”.
Una volta rilevato che, in caso di continuazione, la pena deve essere determinata autonomamente per ciascun reato, risulta ragionevole concludere che anche la recidiva puo’ essere ritenuta per uno, o per alcuni, ed esclusa per altri dei reati unificati ex articolo 81 cpv. c.p..
Ed infatti, a questa soluzione non si puo’ obiettare in modo dirimente che la recidiva opera come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole. Invero, la sussistenza dei presupposti per la sua applicazione deve essere verificata in concreto in considerazione di molteplici aspetti relativi anche al “singolo” fatto da aggravare a norma dell’articolo 99 c.p.: come osservano le Sezioni Unite, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’articolo 99 c.p., e’ compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosita’ del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualita’ e al grado di offensivita’ dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneita’ esistente tra loro, all’eventuale occasionalita’ della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalita’ del reo e del grado di colpevolezza, al di la’ del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (cfr., per tutte Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibe’, Rv. 247838-01, nonche’, di recente, in termini omogenei, tra le altre, Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, Del Chicca, Rv. 270419-01).
4. In conclusione, alla fondatezza delle censure relative al mancato riconoscimento della continuazione segue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente a tale punto.
Il giudice del rinvio procedera’ a nuovo esame della questione concernente l’eventuale sussistenza della continuazione tra il reato di bancarotta fraudolenta ed i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti evitando di incorrere negli errori precedentemente rilevati al § 2.
Nel resto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente irrevocabilita’ dell’accertamento della responsabilita’ del ricorrente per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Venezia per nuovo esame.
Rigetta nel resto il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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