Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 24 gennaio 2018, n. 492. L’art. 1, comma 55, della l. n. 190 del 2012, il quale prevede che l’impresa iscritta nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa nei settori interessati (c.d. white list) comunica alla Prefettura competente «qualsiasi modifica dell’assetto proprietario e dei propri organi sociali»

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3.1. Si è costituita la società appellata per resistere all’appello, di cui ha chiesto la reiezione.
3.2. Nella camera di consiglio del 21 settembre 2017 il Collegio, sull’accordo dei difensori, ha ritenuto di dover fissare con sollecitudine l’udienza pubblica del 21 dicembre 2017 per una più approfondita trattazione della questione.
3.3. Infine, nella pubblica udienza del 21 dicembre 2017, il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
4. L’appello delle Amministrazioni è fondato e va accolto.
5. La sentenza impugnata ha ritenuto che non sussista alcun obbligo di comunicare alla Prefettura le variazioni del direttore tecnico, con il conseguente annullamento della cancellazione qui impugnata, in quanto:
a) la formulazione letterale dell’art. 1, comma 55, della l. n. 190 del 2012 si riferisce esclusivamente alle modifiche dell’assetto proprietario e degli organi sociali, nulla prescrivendo in ordine alla figura del direttore tecnico;
b) il criterio ermeneutico della c.d. stretta interpretazione, che deve guidare l’operatore del diritto nell’applicare le disposizioni, tenuto conto della gerarchia delle fonti e dei valori in gioco, non può condurre ad estendere le ipotesi di obbligo comunicativo, con la conseguente cancellazione dell’impresa dall’elenco nell’ipotesi di sua violazione;
c) il rilievo costituzionale della libera iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost., non tollera limitazioni se non per il contemperamento di interessi di pari rilievo costituzionale e, comunque, per espressa previsione di legge;
d) la considerazione secondo cui, ove a carico del direttore tecnico di una impresa inserita nella c.d. white listdovessero emergere elementi rilevanti ai fini della legislazione antimafia, le esigenze di tutela anticipata sottese a tale legislazione potrebbero essere, comunque, tutelate in modo adeguato dall’adozione di altre misure previste dall’anzidetto apparato normativo.
5.1. Nessuna di tali ragioni pare al Collegio condivisibile in quanto:
a) l’art. 1, comma 55, della l. n. 190 del 2012, il quale prevede che l’impresa iscritta nell’elenco comunica alla Prefettura competente «qualsiasi modifica dell’assetto proprietario e d dei propri organi sociali», entro trenta giorni dalla modifica, con la conseguenza che «la mancata comunicazione comporta la cancellazione dell’iscrizione», non può essere letto separatamente dalle generali disposizioni del codice antimafia e, in particolare, dall’art. 85, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, che sottopone ad attente verifiche antimafia anche la figura del direttore tecnico per il suo delicato ruolo sul piano gestionale ed operativo, in quanto le disposizioni relative all’iscrizione nella c.d. white list formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia per le misure antimafia (comunicazioni ed informazioni), tanto che, come chiarisce l’art. 1, comma 52-bis, della l. n. 190 del 2012 introdotto dall’art. 29, comma 1, d.l. n. 90 del 2014 conv., con modificazioni, dalla l. n. 114 del 2014, «l’iscrizione nell’elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta»;
b) l’unicità e l’organicità del sistema normativo antimafia vietano all’interprete una lettura atomistica, frammentaria e non coordinata dei due sottosistemi – quello della c.d. white list e quello delle comunicazioni antimafia – che, limitandosi ad un criterio formalisticamente letterale e di c.d. stretta interpretazione, renda incoerente o addirittura vanifichi il sistema dei controlli antimafia, dovendosi al contrario leggere l’espressione “organi sociali”, di cui all’art. 1, comma 55, della l. n. 190 del 2012 non in abstracto, secondo le generalissime coordinate del diritto societario, e quindi in modo avulso dalla specifica disciplina in esame, ma alla luce di una complessiva ratio di sistema, che renda tale espressione normativa rispondente e armonica rispetto alla finalità perseguite dalle disposizioni antimafia e come riferentesi a tutti i soggetti comunque titolari di incarichi di amministrazione, direzione e controllo, in coerenza, quindi, non solo con i controlli previsti dall’art. 85, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, estesi anche alla figura del direttore tecnico, ma anche alla disposizione dell’art. 1, comma 52, della l. n. 190 del 2012, la quale prescrive alla Prefettura «verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa», verifiche che ben potrebbero essere eluse se tale figura non fosse oggetto di comunicazione, in caso di sua modificazione soggettiva nel corso del tempo;
c) il principio della libera iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost., ben può conoscere ragionevoli limitazioni, come per l’obbligo di comunicazione in esame, dettate dalla tutela della pubblica sicurezza e, per quanto qui rileva, in riferimento ai controlli antimafia volti a prevenire l’infiltrazione mafiosa nell’impresa, secondo quanto questa Sezione ha più volte chiarito (v., da ultimo, Cons. St., sez. III, 9 febbraio 2017, n. 565), senza dire che comunque, ai sensi dell’art. 1, comma 59, della l. n. 190 del 2012, anche le disposizioni di cui ai commi 52-55 costituiscono «diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione»;
d) proprio l’esigenza di scongiurare le infiltrazioni mafiose nell’attività di impresa impone alla Prefettura di estendere le verifiche antimafia anche alla figura del direttore tecnico e, conseguentemente, all’impresa di comunicare ogni variazione che riguardi tale figura, non comprendendosi a quali altre misure, adottabili dalla Prefettura, la sentenza impugnata alluda se non, appunto, alla necessità di sottoporre a verifica tale figura, come prescrive l’art. 85, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 159 del 2011 al fine di controllarne la eventuale permeabilità mafiosa.
5.2. Ne discende pertanto, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, la piena legittimità del provvedimento di cancellazione, impugnato in primo grado, doverosamente adottato dalla Prefettura di Benevento ai sensi dell’art. 1, comma 55, della l. n. 190 del 2012 in conseguenza dell’omessa comunicazione della variazione del direttore tecnico da parte dell’impresa e, altresì e a livello sistematico, dell’interpretazione della normativa seguita dalla circolare ministeriale pure contestata nel presente giudizio.

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