Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 11 gennaio 2018, n. 139. In tema di accesso ai documenti amministrativi

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Avverso tale decisione propone appello -OMISSIS- precisando, in fatto, che altre richieste di analoga natura sono state, in precedenza, accolte e che la richiesta di accesso oggetto del presente giudizio è motivata dalla necessità di assumere informazioni in ordina al trattamento farmacologico post-dimissioni cui è sottoposto il dott. -OMISSIS-con specifico riferimento alla prescrizione di psicofarmaci e/o farmaci stabilizzanti dell’umore, al fine di individuare le maggiori tutele giudiziarie nel regime di affidamento della figlia della coppia.
Lamenta, pertanto, con un primo motivo di gravame, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22 e ss. della l. 241/90; violazione dell’art. 60 del codice della privacy ed eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria e illogicità manifesta.
Con un secondo motivo deduce la violazione dei principi di ripartizione dell’onere della prova, avendo il Tar omesso di considerare che l’istanza non riguardava la sola rimozione della cisti, ma, soprattutto, la prescrizione farmacologica che ne è seguita per la degenza ed il periodo successivo alla stessa.
Con tempestiva memoria si è costituita in giudizio la Fondazione Policlinico Universitario Ag. Ge. deducendo l’inammissibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse.
Si è, altresì, costituito in giudizio -OMISSIS- invocando il rigetto dell’appello.
Nella camera di consiglio del 12 dicembre 2017, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’Appello è infondato e deve essere respinto.
In tema di accesso ai documenti amministrativi le necessità difensive, riconducibili all’effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., debbano ritenersi, di regola, prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, ma l’applicazione di tale principio va adeguatamente bilanciata allorchè vengano in considerazione dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) ovvero, come nella fattispecie, dati sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto interessato.
In questi casi l’accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall’art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (c.d. Codice della Privacy) secondo cui “Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”.
Tale disposizione, riguardante, com’è noto, il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi, chiarisce in modo inequivoco che, in questi casi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute dell’interessato.
Tale comparazione va effettuata in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza.
Soccorre in questa direzione la norma di cui all’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 – complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy – secondo cui l’accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici.
Tanto premesso, nel presente giudizio (ove, come è ben evidenziato nella sentenza di primo grado, l’accesso al dato sensibilissimo attiene, principalmente, alla contesa giudiziaria per l’affidamento della figlia minore dell’odierna appellante) assume valenza centrale ed assorbente la questione dell’assolvimento dell’onere probatorio gravante sul soggetto istante, in ordine all’indispensabilità dell’accesso richiesto per la tutela dei propri interessi giuridici.

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