Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 12 febbraio 2018, n. 882. Sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge

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Con deliberazione n. 3363 del 25 maggio 1988 è stato concesso, in via provvisoria, un contributo per un importo totale di Lire 2.766.720.000 (concessione n. 41216/00/01 Prog. CI 52777). Il finanziamento è stato erogato e le opere sono state compiutamente realizzate e, successivamente è intervenuto il decreto di concessione in via definitiva del contributo (decreto n. 13565 dell’11 luglio 1995).

In data 10 febbraio 1989, è stata quindi trasmessa all’Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno la richiesta di agevolazione n. 15352 – Prog. 6D183/CI. Tale richiesta, che riguardava la realizzazione di un reparto per la produzione di resine che, per ragioni di sicurezza doveva essere accolto in uno stabile indipendente rispetto all’originario capannone, è stata interpretata dalla banca concessionaria, ente istruttore, come un’integrazione della domanda precedentemente presentata ed accolta.

In seguito, il Ministero dell’Industria allora competente ha emesso il decreto n. 1192 del 2 novembre 1994, con cui sono state concesse le richieste agevolazioni per la posizione n. 41216/00/03 Prog. 6D183/DI ed è stato emesso il mandato per il 90% del contributo in conto capitale.

In data 17 marzo 2000, poi, l’ente istruttore, ha trasmesso al Ministero dell’Industria copia della documentazione finale di spesa.

Con comunicazione del 21 luglio 2000, il Ministero ha chiesto chiarimenti in merito alla posizione oggetto di causa, rilevando che non risultava presente alcuna domanda e relazione istruttoria relativa all’iniziativa, ma la sola relazione integrativa del 10 febbraio 1989, mentre la relazione finale presentava solo una maggiorazione di spese sostenute con riferimento alla concessione n. 41216/00/01.

Con comunicazione del 10 novembre 2000 è stato quindi avviato il procedimento di revoca relativo all’agevolazione di cui alla posizione n. 41216/00/03 Prog. 6D183/DI, oggetto di causa, e dopo circa 15 anni è stato emesso il provvedimento impugnato in questa sede, di revoca dell’agevolazione concessa con il decreto n. 1192 del 2/11/1994.

Nel provvedimento di revoca si evidenzia che dalla relazione integrativa del 10 febbraio 1989 risulterebbe che il programma relativo al provvedimento n. 41216/00/01 del 25 maggio 1998 – Prog. 52777 – aveva inizialmente previsto la costruzione di un capannone, l’installazione di una linea per la produzione di laminato plastico e la realizzazione di un reparto per la produzione delle resine e impregnazione della carta e che il programma proposto con la relazione integrativa risulterebbe essere un’integrazione a quello del provvedimento n. 41216/00/01 – Prog. 52777 e non un programma organico, autonomo e funzionale. Inoltre, le spese previste originariamente avrebbero subito degli incrementi sia per la lievitazione dei costi sia per la nuova dislocazione del reparto resine in un fabbricato indipendente. Nel prospetto della relazione finale di spesa, le spese sostenute sarebbero state poi contabilizzate cumulativamente, per cui dall’ammontare delle stesse risulterebbe impossibile dedurre a quali linee di produzione vanno imputate. Ovvero le maggiori spese documentate (differenze matematiche tra quelle approvate il 25 maggio 1988 e quelle sostenute a fine programma) non si riferirebbero esclusivamente alla linea resine, ma a tutte le maggiori spese sostenute, indipendentemente dalle linee realizzate e pertanto non si riferirebbero ad un programma autonomo, funzionale ed organico.

Ritiene il Collegio che, in base alla ricostruzione della vicenda oggetto di causa nei termini appena illustrati, appaia evidente che, con il provvedimento oggetto di causa, l’Amministrazione non sia intervenuta sul titolo iniziale di concessione (provvisoria) del contributo, procedendo ad una rivalutazione discrezionale dei requisiti di ammissione a quest’ultima e dell’interesse pubblicistico in generale, ma abbia adottato una revoca che incide piuttosto sul rapporto sinallagmatico in essere tra le parti, essendo la medesima sostanzialmente motivata con riguardo ad un inadempimento del beneficiario, in particolare, alla rilevata difformità delle modalità di realizzazione dell’intervento e dei suoi costi di realizzazione, rispetto al programma oggetto del finanziamento. Non può essere quindi revocato in dubbio che tale rilievo attenga alla fase esecutiva del rapporto.

Per questo motivo, il ricorso esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, alla luce dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 29 gennaio 2014, n. 6, recante conferma del “tradizionale e consolidato indirizzo giurisprudenziale, condiviso sia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (S.U., ord. 25 gennaio 2013, n. 1776; id. 24 gennaio 2013, n. 1710; id. 7 gennaio 2013, n. 150; id. 20 luglio 2011, n. 15867 id. 18 luglio 2008, n. 19806; id. 26 luglio 2006, n. 16896; id. 10 aprile 2003, n. 5617) sia dal Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, Ad. Plen., 29 luglio 2013, n. 13), secondo cui il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata”; segnatamente, ai sensi di tale pronuncia:

a) “sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione (cfr. Cass. Sez. Un., 7 gennaio 2013, n. 150)”;

b) “qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 25 gennaio 2013, n. 1776)”;

c) “viceversa, è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (Cass. Sez. Un., 24 gennaio 2013, n. 1710; Cons. Stato, Ad. Plen., 29 luglio 2013, n. 17)”.

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