Il c.d. “principio di precauzione”, di derivazione comunitaria (articolo 7 del Regolamento n. 178/2002), impone che quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi . Sempre sotto il profilo della precauzione, se il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall’Amministrazione competente
Sentenza 8 febbraio 2018, n. 826
Data udienza 30 novembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5471 del 2016, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Ca., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Ga. in Roma, via (…);
contro
Be. s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
nei confronti di
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Ministero della Salute, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sa. Co., con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, 29;
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (ARPAC), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. Ru., con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, 29;
Azienda Sanitaria Locale Ce2 e Provincia di Caserta, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sezione quinta, nr. 11 del 7 gennaio 2016, concernente la condanna del Comune di (omissis) al risarcimento dei danni in favore della società Be. s.r.l.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Be. s.r.l. in liquidazione, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, del Ministero della Salute, della Regione Campania e dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 novembre 2017 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per la società Be., l’avvocato Sa. per i Ministeri dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e della Salute, l’avvocato dello Stato Ma., per la Regione Campania, l’avvocato Pa. per delega dell’avvocato Co., e, per l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania, l’avvocato Ru.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza non definitiva n. 1138 del 18 febbraio 2015 (passata in giudicato), il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, ha tra l’altro, annullato, sostanzialmente per difetto di istruttoria e motivazione, le ordinanze sindacali n. 3 del 10 febbraio 2011 e n. 4 dell’11 febbraio 2011, con le quali il Comune di (omissis) aveva intimato alla società Be. s.r.l. l’osservanza delle seguenti prescrizioni: “urgente messa in sicurezza dell’area costituente l’invaso” dei laghetti n. 8 e n. 9, “divieto assoluto di utilizzo delle acque […] per l’eventuale irrigazione dei fondi agricoli circostanti e l’abbeveraggio di animali” e il “divieto assoluto di utilizzo” degli invasi “per eventuali attività ittiche e/o di acquacoltura, di pesca sportiva e di qualsiasi attività ricreativa funzionale e connessa all’utilizzo delle acque”, nonché l’ordinanza commissariale n. 2 del 5 febbraio 2012, limitatamente alla parte in cui si ordinava alla Be. s.r.l. “di procedere, ai sensi dell’art. 192 del D.L. vo n. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni alla rimozione, allo smaltimento ed al ripristino dello stato dei luoghi”.
Nella stessa sentenza il T.a.r., riservata ogni determinazione in ordine alla domanda risarcitoria, ha poi disposto due C.T.U. aventi ad oggetto, rispettivamente, delle analisi chimiche su campioni di acqua prelevati dai laghetti n. 8 e n. 9 e la determinazione contabile dei danni lamentati dalla società Be..
2. La vicenda oggetto del giudizio, deciso con la predetta sentenza non definitiva, trae origine dalla circostanza che la Be., dal 2003, è il soggetto attuatore di un progetto di riqualificazione territoriale e di risanamento ambientale di un’area del comune di (omissis) caratterizzata dalla presenza di due laghetti. Questi ultimi, nel tempo, hanno costituito il polo di una serie di attività ricreative e turistiche svolte dalla Be., in un complesso denominato Hy. Ka. Re. s.r.l., con il concorso di diversi operatori locatari di lotti di terreno e di alcuni immobili lungo le rive dei due specchi d’acqua.
2.1. Il territorio che si estende dal lago Patria fino al fiume Volturno, lungo la costa della provincia di Caserta, entro il quale si colloca l’area oggetto di giudizio, è stato, tuttavia, oggetto di un Piano di caratterizzazione del Ministero dell’Ambiente finalizzato a contrastare il fenomeno dell’inquinamento, Piano approvato dal DM n. 471 del 1999 con l’intervento di altre Autorità competenti (Regione Campania, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania, ASL Ce 2, Provincia di Caserta).
2.2. Nell’ambito degli interventi previsti dal Piano è stata indetta una conferenza decisoria che il 29 luglio 2009 ha posto a carico dei Comuni interessati l’onere di adottare specifiche ordinanze di messa in sicurezza delle diverse aree, tra le quali (cfr. punto 8 del verbale della conferenza di servizi) i due laghetti gestiti dalla Be., con l’avvertenza, in caso di inadempimento, dell’attivazione dei poteri sostitutivi
2.3. Nel 2009 il Sindaco del comune di (omissis) ha quindi ingiunto con due distinte ordinanze, nn. 447 e 448 del 16 novembre 2009, la messa in sicurezza ed il divieto assoluto di utilizzo delle acque dei due laghetti. Tali provvedimenti, anch’essi gravati dinanzi al T.a.r. per la Campania, sono stati poi reiterati con le citate ordinanze nn. 3 e 4 del 2011.
2.4. Queste ultime, insieme alla successiva ordinanza commissariale n. 2 del 2012, adottata ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 per un riscontato abbandono di rifiuti, sono state annullate con la sentenza n. 1138 del 2015, non impugnata dal comune di (omissis).
3. La società Be. ha quindi chiesto il risarcimento dei danni conseguenti all’adozione dei suddetti provvedimenti con ricorso proposto dinanzi allo stesso Tribunale.
Con la sentenza oggetto del presente giudizio, il T.a.r. per la Campania, sulla base delle C.T.U. disposte con la sentenza n. 1138 del 2015, ha accolto il ricorso, riconoscendo un risarcimento pari ad euro 446.250,00, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi.
4. Il comune di (omissis) ha impugnato la predetta sentenza, prospettando i seguenti motivi di appello.
4.1. Premette il Comune che la sentenza appellata è la n. 11 del 2016 che ha deciso in ordine al risarcimento dei danni. I riferimenti contenuti nel ricorso alla sentenza n. 1138 del 2015 sono dunque necessari alla luce dell’espresso richiamo di quest’ultima (punto 4.3. della sentenza n. 11/2016).
4.2. Error in procedendo (art. 63, comma 4, e art. 64, comma 4, del c.p.a.). Contraddittorietà. Irragionevolezza. Errore nella valutazione delle prove perché inattendibili.
Con la sentenza parziale n. 1138/2015 il T.a.r. per la Campania ha reputato di disporre due C.T.U. aventi ad oggetto, rispettivamente, l’effettuazione di analisi chimiche su campioni di acqua prelevati dai due laghetti e la determinazione dei danni lamentati dalla Be..
In particolare, nella richiamata sentenza il T.a.r. ha affidato al primo C.T.U. la verifica dell’eventuale inquinamento e, nel caso di negativo accertamento, al secondo C.T.U l’ulteriore incarico di determinare il danno.
Tutto ciò in ragione, secondo l’appellante, dell’erroneo presupposto che l’Amministrazione non avesse svolto una istruttoria tecnica a supporto delle ordinanze emesse.
Evidenzia inoltre il Comune che le analisi disposte dal T.a.r. sono state effettuate dopo cinque anni dall’adozione dei provvedimenti annullati e che la disposta consulenza d’ufficio ha in sostanza formato la prova del danno, sostituendosi alla valutazione delle prove offerte dalla Be..
segue pagina successiva
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