Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 8 febbraio 2018, n. 826. Il c.d. “principio di precauzione”, di derivazione comunitaria

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4.3. Errore di giudizio (violazione dell’art. 30, comma 3, e dell’art. 64 c.p.a, violazione degli artt. 1227, 20143 e ss. del c.c.). Erronea valutazione delle prove, mancata valutazione delle circostanze e dei comportamenti, irragionevolezza della determinazione del danno.

Rileva il Comune appellante, che diverse sono state le Amministrazioni che hanno concorso all’adozione dei provvedimenti annullati (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero della Salute, Regione Campania, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania, ASL Ce 2, Provincia di Caserta), in particolare, a seguito della conferenza di servizi del 29 luglio 2009, con cui si è imposto ai Comuni interessati di adottare specifiche ordinanze di messa in sicurezza, e della nota della Giunta regionale della Campania n. 116 del 23 ottobre 2009 che ha ampliato il novero delle prescrizioni cautelari includendo anche il divieto di utilizzo delle acque e l’interdizione di qualsiasi attività nei laghetti interessati al Piano di caratterizzazione.

L’appellante evidenzia, inoltre, che nel contesto dell’ampio intervento pubblico che ha riguardato la zona, conseguente all’allarme sociale per i danni all’ambiente e alla salute, avrebbe dovuto essere considerata dal T.a.r. la condizione di pericolo cui i provvedimenti impugnati facevano fronte anche sotto il profilo del grado e della configurabilità della colpa.

Gli stessi provvedimenti, peraltro, sono stati assunti dopo i rapporti di prova dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (ARPAC) effettuati il 16 novembre 2009 e il rapporto ARPAC – ISPRA del 23 dicembre 2010 sull’analisi delle acque dei laghetti nel periodo novembre 2009 – aprile 2010 che avevano rilevato “una discreta concentrazione di metalli”.

Il Comune rileva, inoltre, che ne è stata richiesta la sospensione dinanzi al T.a.r. solo nel 2011 (cioè con riferimento alle ordinanze che nello stesso anno hanno reiterato quelle del 2009).

4.4. Evento dannoso. I danni lamentati dalla società Be. sono stati solo enunciati e non sono state offerte prove significative.

Il T.a.r. ha disposto due C.T.U. violando il principio in base al quale la consulenza d’ufficio non è mezzo di prova, ma strumento di valutazione delle prove fornite dalle parti.

Nel caso di specie, la ricorrente originaria non avrebbe allegato elementi per sostenere la sua richiesta di risarcimento e, tuttavia, il giudice di primo grado avrebbe non solo disposto la consulenza d’ufficio, ma l’avrebbe anche acriticamente recepita, in particolare laddove la stessa ha valutato l’evento dannoso nel mancato pagamento dei canoni contrattuali da parte degli operatori che utilizzavano le strutture della Be..

Il T.a.r., inoltre, non avrebbe considerato gli effetti della misura cautelare dallo stesso concessa con ordinanza n. 725 del 28 aprile 2011, che ha ridotto l’eventuale effetto pregiudizievole dei provvedimenti poi annullati a meno di quattro mesi, né l’insussistenza del danno all’immagine accordato in via equitativa in ragione del perdurante svolgimento delle attività da parte della società appellata.

5. La società Be. si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, ed ha depositato appello incidentale il 12 settembre 2016.

5.1. La società ha anche eccepito l’inesistenza della notificazione dell’atto di appello principale:

-alla data di notifica del ricorso, 1° luglio 2016, la stessa era in liquidazione, con modifica societaria ritualmente iscritta al registro delle C.C.I.A.A. di Napoli e con annotazione del liquidatore e dei rispettivi poteri e della nuova sede legale;

– la notifica da parte del comune di (omissis) è stata invece effettuata alla Be. s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore Se. Pa., presso lo studio dell’avvocato Sa. Pe. e non presso la nuova sede legale della liquidazione.

5.2. La Be. ha, inoltre, rilevato l’inammissibilità delle contestazioni contenute nell’appello principale relative alle statuizioni della sentenza del T.a.r. per la Campania n. 1138/2015, non impugnata dal comune di (omissis).

5.3. Con il ricorso incidentale ha poi chiesto la riforma della sentenza impugnata perché non avrebbe adeguatamente statuito sulla misura del risarcimento del danno, soprattutto nella parte in cui il giudice di primo grado ha stabilito una riduzione forfettaria del 30% del danno subito.

6. Il 21 luglio 2016 si è costituita la Regione Campania, che ha evidenziato, con memoria del 28 luglio 2016, la sua estraneità alla controversia e la sua infondatezza.

7. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e il Ministero della Salute si sono costituiti in giudizio il 18 agosto 2016.

8. L’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (Arpac) si è costituita in giudizio il 1° settembre 2016, ribandendo la sua estraneità alla domanda risarcitoria.

9. Il Comune di (omissis) e la Be. hanno depositato ulteriori scritti difensivi.

10. Questa Sezione, con ordinanza cautelare n. 3994 del 16 settembre 2016, ha accolto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata presentata contestualmente al ricorso.

In particolare, l’ordinanza è stata così motivata: “ Ritenuto che nella specie il Comune è effettivamente esposto, per effetto dell’eventuale esborso delle somme al cui pagamento è stato condannato, al pericolo di un grave pregiudizio patrimoniale, a fronte del quale può dirsi recessivo l’interesse della società originaria ricorrente (la quale, in disparte quanto appresso si dirà circa il fumus dell’appello, risulta attualmente essere in piena attività, e pertanto non risentire da un eventuale differimento all’esito dell’appello del soddisfacimento della propria pretesa risarcitoria);

Ritenuto, altresì, che appaiono meritevoli di attento approfondimento nel merito i profili evocati nell’appello del Comune in ordine alla correttezza delle statuizioni di prime cure sotto il profilo della prova sia dell’an che del quantum del danno di cui è stato chiesto il risarcimento”.

11. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 30 novembre 2017.

12. Il Collegio esamina preliminarmente le eccezioni di nullità della notificazione e di inammissibilità dei motivi di gravame formulate dall’appellata Be..

12.1. Quanto alla notificazione del ricorso, va innanzitutto rilevato che la sentenza impugnata non è stata notificata alla parte appellante. Pertanto, nel caso di specie, valgono le disposizioni dell’art. 93 del c.p.a. che al comma 1 prevede la notifica dell’atto di impugnazione presso il difensore o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio di primo grado e risultante nella sentenza (nella specie tali adempimenti risultano effettuati nei confronti del legale rappresentate Se. Pa. e presso il domicilio dell’avvocato Sa. Pe. in Napoli, via Toledo, 156).
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