Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 8 febbraio 2018, n. 826. Il c.d. “principio di precauzione”, di derivazione comunitaria

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In concreto, il Comune non avrebbe svolto adeguata istruttoria prima di emettere le ordinanze annullate.

15. Va rilevato, inoltre, che nella sentenza n. 1138 del 2015 è risultata confermata la nota prot. n. 116 del 23.10.2009 della Giunta Regionale della Campania (indirizzata, tra gli altri, al Sindaco di (omissis)), con cui era stato prescritto alle Amministrazioni comunali, il cui territorio rientrava nel Piano di caratterizzazione, di adottare i provvedimenti a tutela della salute pubblica e di interdizione, in particolare prevedendo:

“ – il divieto di utilizzo delle acque dei laghetti interessati dal piano di caratterizzazione;

– l’interdizione delle aree dei laghetti inquinati da qualsiasi attività ricreativa, sportiva e di pesca;

– l’accertamento dell’eventuale utilizzo pregresso delle acque dei laghetti inquinati per l’irrigazione dei campi, per l’abbeveramento degli animali e per le attività di acquacoltura;

– il campionamento su “sospetto” delle derrate vegetali e di origine animale, a cura delle AA.SS.LL., per la ricerca degli appezzamenti oggetto dei provvedimenti di interdizione per i quali è definito dalla norma il tenore massimo consentito… “.

Tale nota è stata adottata in esito ad un incontro, tenutosi il 22 ottobre 2009, fra la Regione, le ASL interessate ed altri soggetti, nel corso del quale è emersa la necessità che i Sindaci adottassero i provvedimenti a tutela della salute pubblica e di interdizione di qualunque attività nelle aree interessate dall’inquinamento.

15.1. Si evidenzia che le menzionate determinazioni sono state precedute da una serie di determinazioni, interlocuzioni e riunioni tutte volte a sollecitare i sindaci dei territori interessati a porre in essere le misure cautelari coerenti con i contenuti del Piano di caratterizzazione (cfr. verbale della conferenza di servizi in data 29 luglio 2009; nota della Prefettura di Caserta in data 6 ottobre 2009; esiti riunione in data 15 ottobre 2009).

In effetti, nella ricordata conferenza di servizi del 29 luglio 2009, era emersa la necessità, ai fini della tutela della salute, di provvedere ad intervenire nel complesso dell’area oggetto del Piano di caratterizzazione, con particolare riferimento al lago Patria e agli specchi d’acqua limitrofi, compresi i laghetti di (omissis) (cfr. punto 8 dell’ordine del giorno).

Tant’è che il Ministero dell’Ambiente, con nota del 9 novembre 2009, ha rappresentato l’urgenza di disporre interventi di messa in sicurezza dell’area nell’ambito della quale erano state riscontrate contaminazioni diffuse di Cr, V Pb, IPA, idrocarburi e fitofarmaci, nonché la presenza di zone di smaltimento abusivo di rifiuti, e la stessa Regione Campania ha inviato, in base ad un principio di precauzione, la ricordata nota prot. n. 116 del 23.10.2009 ai Sindaci della zona.

Dal complesso delle situazione emerge, dunque, che tutta una serie di iniziative sono state adottate, sia dall’Amministrazione centrale, sia dagli Enti territoriali, al fine di indurre i Sindaci dei Comuni ricadenti all’interno del Piano ad adottare provvedimenti cautelari per diminuire i rischi per l’ambiente e la salute esistenti nell’area.

15.2. In aggiunta a quanto sopra illustrato, va poi segnalato che nel giudizio deciso con la sentenza impugnata, il consulente di ufficio nominato dal T.a.r. per le analisi chimiche delle acque ha sottolineato di avere effettuato un prelievo delle stesse il giorno 22 aprile 2015, con il seguente risultato “in nessuno dei due campioni, rappresentativi dei due citati laghetti, sono stati riscontrati valori di contaminanti superiori a quelli elencati nell’Allegato V, Tabella e del d.lgs. 152/2006”.

L’accertamento tecnico disposto dal Tribunale, posto a base della successiva C.T.U sulla determinazione del danno, è quindi intervenuto dopo diversi anni dall’adozione delle ordinanze sindacali annullate.

15.3. Tuttavia – come rilevato dall’ARPAC nella sua memoria di costituzione nel presente grado di giudizio (pagine 10 ss.) e non specificamente contestato da controparte – l’attività del consulente si è svolta in un periodo lontano nel tempo e con uno stato dei luoghi completamente diverso da quello in cui la stessa Agenzia aveva effettuato i campionamenti (cfr. i citati prelievi ARPAC del 16 novembre 2009 e rapporto ARPAC – ISPRA del 23 dicembre 2010 sull’analisi delle acque dei laghetti nel periodo novembre 2009 – aprile 2010).

Secondo l’ARPAC, tali risultanze, esistenti prima dei provvedimenti del Sindaco di (omissis), si sarebbero dovute ritenere irripetibili e non paragonabili a campionamenti “ora per allora” fatti dal C.T.U, tenuto conto che nel lasso di tempo intercorso avrebbero potuto essere effettuate delle bonifiche che hanno influito sulla condizione dei sedimenti controllati (nella C.T.U. tale profilo non risulta esaminato).

16. E’ all’interno del contesto (come dianzi ricostruito) in cui si è trovato ad operare il comune di (omissis) che deve essere esaminato il profilo della colpa dell’Amministrazione, ritenuta sussistente dal giudice di primo grado, secondo cui: “Invero, con la ripetuta sentenza 1138/2015, la Sezione ha censurato le impugnate misure adottate dal Comune di (omissis) in quanto non precedute da idonei accertamenti circa la sussistenza dei presupposti idonei a giustificare i gravosi ed assoluti divieti imposti alle attività ricettive, turistiche e sportive fino a quel momento svolte dai privati nel sito in questione, osservando testualmente (al capo 14) che: “le ordinanze interdittive degli specchi d’acqua, adottate dal resistente Comune non sono supportate dai necessari e preliminari accertamenti sull’effettiva sussistenza delle fonti d’inquinamento e/o contaminazione, né possono giustificarsi tout court dagli esiti della conferenza di Servizi decisoria del luglio 2009 che – come sopra rilevato – demanda agli enti Locali la verifica, caso per caso, delle situazioni di inquinamento.”.

Ad avviso del Collegio, il vizio istruttorio che ha connotato l’azione amministrativa, stigmatizzato sotto diversi profili nella pronuncia citata – che deve pertanto intendersi integralmente recepita anche nella presente decisione – manifesta, con tutta evidenza, il requisito soggettivo della colpa a carico dell’autorità emanante, che in palese violazione delle comuni regole di buona amministrazione, correttezza e buon andamento, ha reiterato i divieti senza compiere una minima attività di verifica circa la sussistenza del segnalato rischio di inquinamento delle acque. L’inescusabilità della superficiale condotta amministrativa emerge ancor più chiaramente ove si consideri che a tal fine lo svolgimento di adeguate analisi chimiche sui campioni di acqua dei laghetti n. 8 e n. 9 – come quelle disposte dalla Sezione, attraverso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, in esito alle quali si è verificato che “in nessuno dei due campioni, rappresentativi dei due citati laghetti, sono stati riscontrati valori di contaminanti superiori a quelli elencati nell’Allegato V, Tabella e del d.lgs. 152/2006” (come da relazione del 26 giugno 2015 del prof. A. Piccolo) – avrebbero permesso di riscontrare, in tempi rapidi, la sussistenza o meno di contaminanti nocivi ed i rischi anche potenziali per la salute pubblica e l’ambiente”.

17. La ricostruzione effettuata dall’impugnata sentenza non può essere condivisa.

17.1. La rilevanza straordinaria della situazione di fatto e la complessità delle circostanze che l’hanno caratterizzata, avrebbe dovuto indurre il T.a.r. – al di là della pregressa declaratoria di annullamento per difetto di istruttoria delle ordinanze del Sindaco di (omissis) – a considerare, in sede di esame della domanda risarcitoria, l’effettiva negligenza della Amministrazione alla luce del principio di precauzione, cui ha ispirato la propria azione su impulso delle superiori istanze istituzionali.

17.2. Il c.d. “principio di precauzione”, di derivazione comunitaria (articolo 7 del Regolamento n. 178/2002), impone, infatti, che quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 febbraio 2017, n. 1392; sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3767).

Nel caso di specie, non vi è dubbio che potenzialmente vi fossero rischi, vista l’inclusione anche dei laghetti del comune di (omissis) nel Piano di caratterizzazione.

17.3. D’altra parte, è altrettanto pacifico, sempre sotto il profilo della precauzione, che se il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall’Amministrazione competente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2015, n. 933; sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6250; sul principio di protezione rafforzata in materia di danno ambientale cfr. anche Corte giustizia UE, sez. II, 13 luglio 2017, n. 129).

17.4. Ciò significa che, a prescindere dal rilevato difetto istruttorio, sia i nominati C.T.U., sia il T.a.r., nell’esaminare la specifica richiesta di risarcimento del danno avrebbero quantomeno dovuto considerare la complessità della vicenda relativa all’area interessata, la quale rientra nel territorio del litorale Domizio Flegreo e dell’agro Aversano soggetto al ricordato Piano ministeriale di caratterizzazione per il recupero ambientale.

18. La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione derivante da un provvedimento illegittimo è di natura extra contrattuale e, nel caso di un provvedimento cautelare adottato ai fini della tutela ambientale, la collegata posizione giuridica del privato è di interesse legittimo.

Ciò significa che non può sussistere una forma di responsabilità oggettiva che prescinda dall’accertamento della colpevolezza che peraltro risulta necessario anche se si potesse configurare un diritto soggettivo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 luglio 2017, n. 3520)

18.1. In presenza di atti illegittimi la colpa in astratto si potrebbe presumere, integrando l’accertamento dell’illegittimità, ai sensi degli artt. 2727 e 2729, comma 1, c.c., una forma di presunzione semplice in ordine alla sua sussistenza in capo all’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4439), tuttavia anch’essa superabile da prova contraria (cfr. Ad. Plen. n. 2 del 2017).

18.2. Nel caso di specie, non si può configurare in nessuna forma la colpa dell’Amministrazione perché la sentenza che ha statuito sulla domanda di risarcimento, in conseguenza dell’annullamento delle ordinanze del Sindaco del comune di (omissis) per un vizio formale delle stesse, non ha tenuto conto del contesto di grave danno all’ambiente e alla salute, del principio di precauzione e della complessa vicenda procedimentale attivata per la bonifica delle aree.

18.3. Inoltre, la C.T.U. sull’accertamento del grado di inquinamento delle acque dei due laghetti di cui è causa, è stata svolta a distanza di tempo e pertanto non può ritenersi, in assenza di significativi indizi in senso contrario, comparabile con le analisi svolte dall’ARPAC nel 2009 e nel 2010.

18.4.. In sostanza, alla luce della complessiva vicenda e della C.T.U. posta a base della successiva determinazione del danno, non si può ritenere sufficiente il mero annullamento dei provvedimenti sindacali nn. 3 e 4 del 2011 per considerare comprovata l’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa dell’Amministrazione comunale.

Il vizio formale di istruttoria rilevato del T.a.r. per la Campania, nella situazione data, non sembra, infatti, poter comportare una evidente violazione delle regole proprie dell’azione amministrativa in relazione al complesso di disposizioni ed interventi previsti per la messa in sicurezza e la bonifica dell’area in cui ricadono i due laghetti oggetto di contezioso.

18.5. Nel caso di specie, l’accertato difetto di istruttoria va, infatti, rapportato all’esigenza di una immediata tutela dell’incolumità pubblica in coerenza con la finalità preventiva e cautelare del potere esercitato (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 11 luglio 2014, n. 3547).

Cosicché, l’annullamento giurisdizionale per vizi “formali”, che non intacca sostanzialmente la discrezionalità dell’agire della p.a., non dà spazio per alcun risarcimento del danno, poiché la pretesa alla legittimità formale del provvedimento viene adeguatamente ristorata con l’eliminazione del vizio formale stesso, non potendosi accertare la spettanza o meno del sottostante bene della vita (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675).

18.6. In ogni caso, la condotta dell’Amministrazione può ritenersi scusabile in relazione agli elementi concreti che la hanno indotta a provvedere con la massima urgenza e comprovati da tutta la documentazione versata nel fascicolo d’ufficio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 2017, n. 190; Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3858).

19. Per le ragioni sopra esposte, va accolto l’appello principale e di conseguenza dichiarato improcedibile l’appello incidentale. Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va quindi respinta la domanda di risarcimento del danno presentata dalla società Be. nei confronti del comune di (omissis).

20. In considerazione della novità e complessità della vicenda, le spese del doppio grado di giudizio, ex artt. 92, co.2, c.p.c. e 26, co.1, c.p.a., possono essere compensate, incluse quelle relative alle C.T.U. (nella misura determinata dal T.a.r. nella sentenza impugnata e non contestata dalle parti).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Quarta,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

a) accoglie l’appello principale e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge la domanda di risarcimento del danno proposta dalla società Be. s.r.l. in liquidazione;

b) dichiara improcedibile l’appello incidentale;

c) compensa integralmente fra tutte le parti costituite le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Daniela Di Carlo – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore

Giovanni Sabbato – Consigliere

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