Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 30 gennaio 2018, n. 626.  L’istituto della revocazione è rimedio eccezionale

L’istituto della revocazione è rimedio eccezionale, che non può convertirsi in un terzo grado di giudizio, per cui, come d’altra parte sancito dalla stessa lettera dell’art. 395, comma 4, c.p.c., non sussiste vizio revocatorio se la dedotta erronea percezione degli atti di causa, che si sostanzia nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero nella supposizione dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita, ha costituito un punto controverso e, comunque, ha formato oggetto di decisione nella sentenza revocanda, ossia è il frutto dell’apprezzamento, della valutazione e dell’interpretazione delle risultanze processuali da parte del giudice.

Sentenza 30 gennaio 2018, n. 626
Data udienza 18 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10686 del 2014, proposto, ai sensi degli artt. 106 e 107 c.p.a., da:

El. Mo., rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Co., con domicilio eletto presso lo studio degli avvocati De Ci. e Na. in Roma, corso (…);

contro

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV, n. 01994 del 18 aprile 2014.

Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2018 il Cons. Roberto Caponigro e uditi per la parte l’avvocato Co.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. La signora El. Mo. espone di essere proprietaria di un terreno con annesso comodo rurale di antica costruzione in (omissis), alla via (omissis), e che il detto comodo rurale è costituito da un corpo ormai unico ed armonicamente fuso formato dalla parte antica preesistente di 11 mq e da un successivo ampliamento di circa 16 mq.

Soggiunge, tra l’altro, che il Comune di (omissis), con ordinanza n. 40 del 13 marzo 2008, ha ingiunto la demolizione dell’ampliamento del comodo rurale preesistente, con l’avvertenza che, in caso di inottemperanza all’ordine impartito, si sarebbe proceduto all’acquisizione di diritto dell’immobile, dell’area di sedime e di un’area pari a mq 260 circa da distaccare dalla particella (omissis) del foglio (omissis), al patrimonio disponibile del Comune di (omissis).

Sostiene che l’amministrazione non avrebbe tenuto conto dell’esistenza della parte pienamente legittima del fabbricato (di circa 11 mq), ormai incorporata nelle opere contestate, e che tale errore di valutazione avrebbe determinato, nell’ipotesi in cui la demolizione della sola parte abusiva fosse stata possibile, che questa sarebbe avvenuta non senza un grave danno dell’antico comodo rurale, per cui il Comune, avrebbe dovuto optare, ai sensi dell’art. 33, comma 2, del TU Edilizia, per l’applicazione di una sanzione pecuniaria alternativa, ammontante al doppio del valore dell’opera realizzata abusivamente.

La signora Mo. pone ancora in rilievo che il TAR Campania, con sentenza in forma semplificata n. 3143 del 2008, ha respinto il gravame dalla stessa proposto e che la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 1994 del 2014, ha respinto il conseguente appello.

Ritiene che la pronuncia di questa Sezione sia viziata da un errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, comma 4, c.p.c., essendo fondata sull’erroneo presupposto “dell’assenza della prova della preesistenza e della legittimità del preteso rustico” oggetto del successivo ampliamento realizzato senza titolo per il quale è stata adottata l’ordinanza impugnata in primo grado.

Secondo la prospettazione di parte, in altri termini, la sentenza muoverebbe dall’erroneo presupposto che “della documentazione che proverebbe la preesistenza del comodo rurale, nulla è stato prodotto in giudizio dall’appellante al fine del sostegno della sua tesi, non risulta utile la generica affermazione circa la preesistente presenza del predetto rustico in un rilievo aereo fotogrammetrico, nelle foto d’epoca o in non meglio specificate dichiarazione di testi”, mentre non avrebbe tenuto conto della documentazione probatoria prodotta in giudizio dall’interessata e, specificamente, della perizia giurata di parte a firma del geometra Fr. Lu. La. del dicembre 2008 e dei relativi allegati.

Pertanto, il Giudice avrebbe trascurato che in giudizio era stata fornita la prova che si assume carente; di qui, il suo errore di fatto.

All’udienza pubblica del 18 gennaio 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il ricorso per revocazione, rivolto avverso la sentenza di questa Sezione n. 1994 del 18 aprile 2014, deve essere dichiarato inammissibile.

Segue pagina successiva in calce all’articolo (…..)

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