Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 22 gennaio 2018, n. 407. La destinazione a verde agricolo di un’area, stabilita da un P.R.G., non implica per forza che essa soddisfi in modo diretto ed immediato gli interessi agricoli, potendosi giustificare con le esigenze di un ordinato governo del territorio

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3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello il Comune di

(omissis), lamentando l’erroneità per le seguenti ragioni: a) il TAR

avrebbe errato nel non fare applicazione dei principi giurisprudenziali

affermati da questo Consiglio, secondo i quali l’onere di motivazione

gravante sull’Amministrazione in sede di adozione di uno strumento

urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone

territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di

carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili

generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità

di una motivazione puntuale e “mirata”, così come, nell’ambito del

procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre

controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione ed

opposizione. Inoltre, il primo giudice avrebbe dovuto rilevare che le

ragioni favorevoli alla nuova classificazione impressa, con destinazione a

verde agricolo dell’area in proprietà dei ricorrenti, si sarebbe dovuta

rinvenire non solo nelle motivazioni contenute nella risposta alle

osservazioni degli appellati, ma anche nella relazione di accompagnamento

al PUC, in cui si sarebbe ampiamente dimostrata quale sia la necessità di

alloggi e di aree edificabile per (omissis). Si sarebbe anche dimostrata la

necessità di impegnare meno aree possibili per soddisfare tale bisogno,

dando precedenza alle aree intercluse all’edificato e alle aree limitrofe

alla urbanizzazione, in una logica di densinficazione tale da frenare il

perpetuo consumo di suolo a favore della conservazione delle aree agricole

attuali; b) del pari il riferimento al PTCP sarebbe stato fatto solo in

prospettiva, al fine di evitare determinazioni in potenziale contrasto con

il contenuto del detto piano: c) del pari sarebbe del tutto ininfluente la

“storia” urbanistica dell’area di proprietà degli attuali appellati,

atteso che neanche le convenzioni di lottizzazione che siano divenute

operative con l’approvazione di un piano di lottizzazione, conferiscono ai

lottizzanti un diritto soggettivo pieno ed incondizionato, restando

subordinato la permanenza del suddetto piano in ogni caso alle scelte

discrezionali in ordine all’interesse pubblico urbanistico in grado di

prevalere sulle aspettative dei lottizzanti, purché assistite da congrua e

puntuale motivazione; d) infine, il primo giudice avrebbe dovuto rilevare

come la destinazione agricola di un fondo non deve necessariamente

garantire l’esercizio dell’impresa agricola, potendo invece obbedire a

finalità di tutela ambientale e paesistica, oltre che di contenimento del

consumo di suolo.

In via istruttoria, l’appellante chiede verificazione e consulenza tecnica

sull’effettivo stato dei luoghi.

4. Costituitisi in giudizio, gli originari ricorrenti invocano la conferma

della pronuncia di prime cure. Specularmente, la città metropolitana di

Napoli, evocata in giudizio a seguito di integrazione del contraddittorio

disposta con ordinanza di questo Consiglio 1099 del 17 marzo 2017 resa in

occasione dell’udienza cautelare del 16 marzo 2017, ne invoca

l’accoglimento.

5. L’appello è fondato e merita di essere accolto.

La giurisprudenza di questo Consiglio ha, da sempre (cfr. ex plurimis,

Cons. St., Sez. IV, 28 aprile 198i, n. 374), rilevato che pur non essendo

un piano di lottizzazione, al pari di tutti gli altri strumenti

urbanistici anche di grado più elevato, di ostacolo ad una successiva

pianificazione generale del territorio e potendo quindi essere superato da

strumenti urbanistici che dispongano in modo difforme, l’amministrazione

deve motivare ampiamente ed in modo rigoroso le ragioni per cui le nuove

scelte urbanistiche facciano ritenere superati gli interventi lottizzativi

precedentemente approvati.

Pertanto, la necessità di un’ampia e rigorosa motivazione si è ritenuta

necessaria nel caso in cui la qualificazione edificatoria di un’area,

ulteriormente valorizzata dalla presenza di un piano esecutivo, mutasse a

seguito della nuova disciplina contenuta nel piano urbanistico generale.

Nella fattispecie, tuttavia, la storia urbanistica delle aree degli

originari ricorrenti si caratterizza per la presenza di una proposta di

convenzione di lottizzazione non andata a buon fine, sicché l’unico

elemento di riferimento effettivo ai fini del decidere è rappresentato dal

fatto che la previgente disciplina urbanistica comunale avesse qualificato

le dette aree come C2.

In quest’ipotesi, occorre rammentare che la giurisprudenza di questo

Consiglio (cfr. Cons. St., Sez. IV, 17 agosto 2016, n. 3643) ha chiarito

che la destinazione a verde agricolo di un’area, stabilita da un P.R.G.,

non implica per forza che essa soddisfi in modo diretto ed immediato gli

interessi agricoli, potendosi giustificare con le esigenze di un ordinato

governo del territorio; tra queste ultime rientra pure la necessità

d’impedire un’ulteriore edificazione o un congestionamento delle aree,

affinché si mantenga l’equilibrato rapporto quantitativo tra aree libere

ed edificate o industriali e si realizzino i bisogni collettivi di maggior

vivibilità dello spazio urbano, se del caso mercé la contrazione

dell’illimitata espansione edilizia. Tutto ciò non determina né veri e

propri insediamenti agricoli nuovi, né puntigliose verifiche sulla reale

vocazione delle aree stesse allo sfruttamento produttivo agricolo.

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