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3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello il Comune di
(omissis), lamentando l’erroneità per le seguenti ragioni: a) il TAR
avrebbe errato nel non fare applicazione dei principi giurisprudenziali
affermati da questo Consiglio, secondo i quali l’onere di motivazione
gravante sull’Amministrazione in sede di adozione di uno strumento
urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone
territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di
carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili
generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità
di una motivazione puntuale e “mirata”, così come, nell’ambito del
procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre
controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione ed
opposizione. Inoltre, il primo giudice avrebbe dovuto rilevare che le
ragioni favorevoli alla nuova classificazione impressa, con destinazione a
verde agricolo dell’area in proprietà dei ricorrenti, si sarebbe dovuta
rinvenire non solo nelle motivazioni contenute nella risposta alle
osservazioni degli appellati, ma anche nella relazione di accompagnamento
al PUC, in cui si sarebbe ampiamente dimostrata quale sia la necessità di
alloggi e di aree edificabile per (omissis). Si sarebbe anche dimostrata la
necessità di impegnare meno aree possibili per soddisfare tale bisogno,
dando precedenza alle aree intercluse all’edificato e alle aree limitrofe
alla urbanizzazione, in una logica di densinficazione tale da frenare il
perpetuo consumo di suolo a favore della conservazione delle aree agricole
attuali; b) del pari il riferimento al PTCP sarebbe stato fatto solo in
prospettiva, al fine di evitare determinazioni in potenziale contrasto con
il contenuto del detto piano: c) del pari sarebbe del tutto ininfluente la
“storia” urbanistica dell’area di proprietà degli attuali appellati,
atteso che neanche le convenzioni di lottizzazione che siano divenute
operative con l’approvazione di un piano di lottizzazione, conferiscono ai
lottizzanti un diritto soggettivo pieno ed incondizionato, restando
subordinato la permanenza del suddetto piano in ogni caso alle scelte
discrezionali in ordine all’interesse pubblico urbanistico in grado di
prevalere sulle aspettative dei lottizzanti, purché assistite da congrua e
puntuale motivazione; d) infine, il primo giudice avrebbe dovuto rilevare
come la destinazione agricola di un fondo non deve necessariamente
garantire l’esercizio dell’impresa agricola, potendo invece obbedire a
finalità di tutela ambientale e paesistica, oltre che di contenimento del
consumo di suolo.
In via istruttoria, l’appellante chiede verificazione e consulenza tecnica
sull’effettivo stato dei luoghi.
4. Costituitisi in giudizio, gli originari ricorrenti invocano la conferma
della pronuncia di prime cure. Specularmente, la città metropolitana di
Napoli, evocata in giudizio a seguito di integrazione del contraddittorio
disposta con ordinanza di questo Consiglio 1099 del 17 marzo 2017 resa in
occasione dell’udienza cautelare del 16 marzo 2017, ne invoca
l’accoglimento.
5. L’appello è fondato e merita di essere accolto.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha, da sempre (cfr. ex plurimis,
Cons. St., Sez. IV, 28 aprile 198i, n. 374), rilevato che pur non essendo
un piano di lottizzazione, al pari di tutti gli altri strumenti
urbanistici anche di grado più elevato, di ostacolo ad una successiva
pianificazione generale del territorio e potendo quindi essere superato da
strumenti urbanistici che dispongano in modo difforme, l’amministrazione
deve motivare ampiamente ed in modo rigoroso le ragioni per cui le nuove
scelte urbanistiche facciano ritenere superati gli interventi lottizzativi
precedentemente approvati.
Pertanto, la necessità di un’ampia e rigorosa motivazione si è ritenuta
necessaria nel caso in cui la qualificazione edificatoria di un’area,
ulteriormente valorizzata dalla presenza di un piano esecutivo, mutasse a
seguito della nuova disciplina contenuta nel piano urbanistico generale.
Nella fattispecie, tuttavia, la storia urbanistica delle aree degli
originari ricorrenti si caratterizza per la presenza di una proposta di
convenzione di lottizzazione non andata a buon fine, sicché l’unico
elemento di riferimento effettivo ai fini del decidere è rappresentato dal
fatto che la previgente disciplina urbanistica comunale avesse qualificato
le dette aree come C2.
In quest’ipotesi, occorre rammentare che la giurisprudenza di questo
Consiglio (cfr. Cons. St., Sez. IV, 17 agosto 2016, n. 3643) ha chiarito
che la destinazione a verde agricolo di un’area, stabilita da un P.R.G.,
non implica per forza che essa soddisfi in modo diretto ed immediato gli
interessi agricoli, potendosi giustificare con le esigenze di un ordinato
governo del territorio; tra queste ultime rientra pure la necessità
d’impedire un’ulteriore edificazione o un congestionamento delle aree,
affinché si mantenga l’equilibrato rapporto quantitativo tra aree libere
ed edificate o industriali e si realizzino i bisogni collettivi di maggior
vivibilità dello spazio urbano, se del caso mercé la contrazione
dell’illimitata espansione edilizia. Tutto ciò non determina né veri e
propri insediamenti agricoli nuovi, né puntigliose verifiche sulla reale
vocazione delle aree stesse allo sfruttamento produttivo agricolo.
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