Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 2 marzo 2018, n. 1307. Stabilisca la Corte se l’art. 3, comma 3, lett. a) della Direttiva 2009/28/CE debba essere interpretato – anche alla luce del generale principio di tutela del legittimo affidamento e del complessivo assetto della regolazione apprestata dalla Direttiva in punto di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili

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I) che la “mancata apertura del registro relativo al secondo semestre 2012 risulta legittima alla luce di quanto stabilito dall’art. 6 del d.m. 5 maggio 2011, secondo cui <>; come comunicato dal Gestore in data 20 gennaio 2012, infatti, il costo degli incentivi per gli impianti entrati in esercizio entro il 31 agosto 2011 e per quelli ammessi al precedente registro aveva azzerato la disponibilità relativa al secondo semestre 2012 il che ha legittimato, proprio sulla base della norma citata, la mancata apertura del successivo registro”; per altro verso, la ricorrente non potrebbe utilmente richiamare la disciplina transitoria di cui all’art. 1, comma 4, del d.m. 5 luglio 2012, poiché il proprio impianto non sarebbe stato iscritto in posizione utile nei registri previsti dal d.m. 5 maggio 2011;

II) che “il d.m. 5 luglio 2012, in virtù della possibilità di revisione del sistema incentivante prevista dall’art. 2 del d.m. 5 maggio 2011, trova la sua fonte normativa ultima nell’art. 25 del d.lgs. n. 28 del 2011”;

III) che “l’art. 65 d.l. n. 1/2012 non ammette indiscriminatamente alla disciplina del d.m. del 05/05/2011 gli impianti realizzati entro il 24 maggio 2012 (come dedotto dalla ricorrente) ma per tale categoria di impianti si limita a prevedere l’inapplicabilità degli specifici limiti stabiliti dai commi 4 e 5 dell’art. 10 d.lgs. n. 28/2011 fermo restando, per la restante disciplina del sistema d’incentivazione, e, quindi, anche per quella concernente il regime transitorio, quanto previsto in materia dai decreti ministeriali succedutisi nel tempo”;

IV) che “dall’esame della normativa comunitaria e della legislazione nazionale applicabile alla fattispecie emerge che:

a) il regime di sostegno agli impianti che producono energia rinnovabile non costituisce un obbligo ma è solo una delle possibili modalità con cui gli Stati possono raggiungere gli obiettivi di produzione di energia rinnovabile previsti dalla Comunità Europea (art. 3 della direttiva 2009/28/CE);

b) la stessa normativa comunitaria attribuisce estrema rilevanza all’efficienza energetica e alla riduzione dei costi per il raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia rinnovabile ivi previsti prescrivendo, a tal fine, il controllo degli effetti e dei costi dei regimi di sostegno (17, 25 e 36 Considerato e artt. 3 e 4 direttiva 2009/28/CE);

c) la normativa nazionale di attuazione (d.lgs. n. 28/2011) conferma, quale principio generale, la necessità di prevedere criteri e strumenti che promuovano l’efficacia, l’efficienza, la semplificazione e la stabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l’armonizzazione con altri strumenti di analoga finalità e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori; tra gli ulteriori principi generali cui deve essere ispirato il riordino del sistema incentivante figurano, inoltre, la gradualità di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalità agli obiettivi, nonché la flessibilità della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell’evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica (art. 23 d.lgs. n. 28/2011).

Ciò posto, il d.m. del 05/07/2012 ha operato la revisione del sistema d’incentivazione in coerente e razionale applicazione dei principi di gradualità, flessibilità, efficacia ed efficienza previsti dalle norme primarie ora richiamate”;

V) che “contrariamente a quanto prospettato nella censura, nella fattispecie non sussiste alcuna disparità di trattamento tra piccoli e grandi impianti ravvisabile tra la disciplina del “Quarto” e quella del “Quinto Conto Energia” posto che, stando a quanto dedotto dalla ricorrente (titolare di un grande impianto), la stessa, già nel vigore del d.m. del 05/05/2011 (da essa invocato come disciplina preferenziale), non è stata ammessa ai benefici. In particolare, va evidenziato che la misura dell’incentivo costituisce uno strumento indispensabile per raggiungere gli obiettivi d’interesse generale in precedenza citati tra cui l’implementazione dell’efficienza degli impianti e la riduzione del carico fiscale a carico dei consumatori finali e, a fronte di questo razionale nesso di strumentalità, la ricorrente non ha fornito specifici elementi da cui desumere, in concreto, la non remuneratività dell’incentivo usufruito in relazione al costo dell’impianto, tenuto, comunque, conto di quanto in precedenza rilevato circa l’inconfigurabilità di un affidamento giuridicamente tutelabile. Per altro, proprio le ricordate esigenze di interesse generale inducono il Tribunale a ritenere razionale il riferimento, presente nei decreti ministeriali del 2011 e del 2012, ad un limite massimo di costo piuttosto che ad un arco temporale di tempo specifico quale presupposto per l’operatività del sistema d’incentivazione”;

VI) che “nella fattispecie non è configurabile l’obbligo d’indennizzo, invocato dalla ricorrente ex art. 21 quinquies l. n. 241/90, in quanto il d.m. del 05/07/12 non può essere qualificato come “revoca”, se non altro per l’assenza di discrezionalità quanto ai presupposti della sua adozione che sono stati tassativamente individuati dal d.m. del 05/05/2011 nel superamento dei limiti di costo ivi previsti. In ogni caso, l’indennizzo non sarebbe mai dovuto ai soggetti, come la ricorrente, che non hanno conseguito i benefici ex d.m. del 05/05/2011 in quanto, proprio per tale motivo, gli stessi non rientrano nella categoria dei soggetti “direttamente interessati” cui l’art. 21 quinquies l. n. 241/90 riconosce il beneficio dell’indennizzo. In quest’ottica, va evidenziato che l’art. 8 comma 6 d. m. 05/05/11 ha previsto che, qualora un impianto, iscritto al registro nell’anno 2011, non si collochi in posizione utile per la fruizione degli incentivi (come nel caso della ricorrente), lo stesso non diviene titolare di alcun diritto o interesse giuridicamente tutelabile ma è tenuto ad inoltrare una nuova domanda al Gestore per accedere ai benefici relativi all’anno 2012”.

IL RICORSO IN APPELLO

5. La ricorrente ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure articolate in prime cure sub I), III) e IV) e richiedendo, altresì, la sospensione del giudizio e il deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea di una questione pregiudiziale di interpretazione del diritto europeo inerente alla compatibilità della normativa nazionale in subiecta materia con “i principi espressi dalla direttiva 2009/28/CE”.

6. Si sono costituite le Amministrazioni intimate; il Ministero ha riproposto, con apposita memoria, la censura assorbita in prime cure di carenza di interesse alla decisione in capo alla ricorrente.

7. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 25 gennaio 2018, in vista della quale la ricorrente ed il Gestore hanno prodotto difese scritte.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il Collegio prescinde dalla questione di rito ed attinge direttamente il merito della causa, osservando che il ricorso non merita accoglimento nei limiti e per le ragioni che seguono.

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