Consiglio di Stato, sezioni III, sentenza 27 marzo 2017, n. 1379

Se è vero che di regola la spontanea esecuzione della sentenza di annullamento da parte dell’Amministrazione soccombente non implica acquiescenza, non altrettanto può dirsi quando i nuovi atti posti in essere dopo il decisum giudiziale eccedano i limiti della stretta esecuzione di esso, ponendosi quindi come nuove e autonome determinazioni; altrettanto vale per l’eventuale appello proposto dall’originario controinteressato rimasto soccombente, qualora egli non provveda a impugnare i nuovi atti posti in essere dall’Amministrazione

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 27 marzo 2017, n. 1379

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 3635 del 2016, proposto da Pa. CONSORZIO DI COOPERATIVE SOCIALI Soc. coop. soc. e Nu. Co. Or. CONSORZIO DI COOPERATIVE Soc. coop. soc., in proprio e rispettivamente quale mandataria e mandante di costituendo r.t.i., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv.ti Sa. Fi. e An. As., con domicilio eletto presso l’avv. Fi. Ca. in Roma, via (…),

contro

– il COMUNE DI (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Do. Di. Ru., domiciliato ex art. 25 cod. proc. amm. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

– Ne. CONSORZIO DI COOPERATIVE SOCIALI Soc. coop. soc. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vi. Ri. e St. La. Ma., con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

– i COMUNI DI (omissis), in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, non costituiti in giudizio;

– COOPERATIVA SOCIALE As., COOPERATIVA SOCIALE He., Ar. SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE, CONSORZIO DI COOPERATIVE SOCIALI Co. e COOPERATIVA SOCIALE Os., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio;

per la riforma e/o l’annullamento,

previa sospensione in via cautelare,

della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione staccata di Latina, nr. 189/2016, emessa e pubblicata in data 29 marzo 2016, non notificata, con cui è stato accolto il ricorso nr. 666/2015 proposto da Ne. Consorzio di Cooperative Sociali Soc. coop. soc. Onlus per l’annullamento: a) della deliberazione del Comune di (omissis) nr. 544 del 29 settembre 2015 avente a oggetto: “Gestione del servizio di assistenza domiciliare a favore di persone anziane, malate, minori e disabili CIG:5829087ACI – Approvazione verbali di gara – Aggiudicazione definitiva non efficace”; b) della comunicazione prot. nr. 2015.0037831 del 2 ottobre 2015; c) dei verbali di gara contraddistinti dai nn. da 1 a 19 e dei successivi atti emessi dal Comune di (omissis) in esecuzione della predetta sentenza.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Ne. Consorzio di Cooperative Sociali Soc. coop. soc. Onlus;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 16 marzo 2017, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. As., in proprio e per delega dell’avv. Fi., per le appellanti e l’avv. An. Ci., su delega dell’avv. Ri., per Ne. Consorzio di Cooperative Sociali Soc. coop. soc. Onlus;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Le odierne appellanti, Pa. Consorzio di Cooperative Sociali Soc. coop. soc. (d’ora innanzi “Pa.”) e Nu. Cooperazione Organizzata Consorzio di Cooperative Soc. coop. soc. (d’ora innanzi “Nu. Cooperazione”) hanno partecipato, riunite in costituendo r.t.i., alla gara indetta dal Comune di (omissis) per l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare distrettuale in favore di persone anziane, minori e disabili, risultando aggiudicatarie in via definitiva.

2. La seconda classificata, Ne. Consorzio di Cooperative Sociali Soc. coop. soc. Onlus (d’ora innanzi “Ne.”) ha impugnato in sede giurisdizionale la predetta aggiudicazione, lamentandone l’illegittimità sotto plurimi profili.

3. Con la sentenza in epigrafe, la Sezione di Latina del T.A.R. del Lazio ha accolto l’impugnazione, sull’assorbente rilievo della fondatezza della censura afferente la necessità di esclusione del r.t.i. aggiudicatario a cagione della carenza del requisito di idoneità professionale richiesto dall’art. 8 del disciplinare di gara, non risultando la mandante Nu. Cooperazione in possesso dell’iscrizione alla camera di commercio in via prevalente per l’attività oggetto dell’appalto.

4. Va fin d’ora evidenziato che, a seguito della suindicata decisione di annullamento, il Comune ha parzialmente rinnovato la procedura, provvedendo a verifica di congruità dell’offerta di Ne. (ricorrente vittorioso in primo grado), ad aggiudicazione definitiva in suo favore e a stipula del contratto di appalto.

5. Con l’appello oggi all’esame della Sezione le società originarie controinteressate lamentano l’erroneità del decisum di prime cure sulla scorta dei seguenti motivi in diritto:

I) travisamento delle eccezioni formulate dal Consorzio Pa.; errata interpretazione dell’art. 8 del disciplinare di gara sull’imputazione del requisito di professionalità; omessa applicazione dell’art. 3 del disciplinare di gara e dell’art. 20 del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163; errata applicazione dell’art. 39 del d.lgs. nr. 163 del 2006;

II) errata interpretazione dell’art. 8 del disciplinare di gara in merito alla sussistenza di una disposizione che richieda l’indicazione dell’attività prevalente nel C.C.I.A. per l’attività oggetto di appalto; errata/omessa valutazione della documentazione prodotta da Nu. Cooperazione attestante il possesso del requisito di professionalità; errata applicazione del d.lgs. nr. 163 del 2006.

Inoltre, l’appellante ha chiesto condannarsi l’Amministrazione al risarcimento in forma specifica mediante subentro nel contratto di appalto, previa declaratoria di inefficacia di quello eventualmente già stipulato, e in subordine per equivalente.

6. Si sono costituiti il Comune di (omissis) e l’originaria ricorrente Ne., entrambi opponendosi all’accoglimento dell’appello e instando per la conferma della sentenza impugnata; inoltre, Ne. ha eccepito l’inammissibilità e/o improcedibilità dell’appello a cagione della mancata impugnazione degli atti successivi posti in essere dalla stazione appaltante.

7. Alla camera di consiglio del 23 giugno 2016, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata formulata in una all’appello, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

8. Da ultimo, all’udienza del 16 marzo 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Tutto ciò premesso, l’appello va dichiarato in parte improcedibile e in parte inammissibile, dovendo trovare favorevole delibazione l’eccezione in tal senso sollevata dalle parti appellate.

10. Ed invero, come già sopra accennato, a seguito della sentenza di annullamento dell’originaria aggiudicazione, qui censurata, il Comune di (omissis) ha posto in essere una nuova attività amministrativa, culminata nella nuova aggiudicazione in favore dell’originaria ricorrente e nella successiva stipula del contratto di appalto, che non può essere considerata – come vorrebbe parte appellante, in replica ai rilievi ex adverso mossi – strettamente esecutiva del decisum giudiziale e pertanto suscettibile di essere travolta da un ipotetico accoglimento del presente gravame.

Ciò risulta non solo dall’entità dell’attività medesima, comportante nuova istruttoria (ivi compresa la verifica di congruità dell’offerta della ricorrente vittoriosa) ed anche una nuova valutazione di convenienza dell’offerta stessa per l’Amministrazione, ma dalla stessa condotta del Comune, che non solo non ha accompagnato tale rinnovazione procedimentale da alcuna riserva sull’esito del presente giudizio ma neanche ha in proprio appellato la sentenza in epigrafe, con ciò mostrando chiaramente di volersi ad essa conformare.

Pertanto, è del tutto pertinente il richiamo all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, se è vero che di regola la spontanea esecuzione della sentenza di annullamento da parte dell’Amministrazione soccombente non implica acquiescenza, non altrettanto può dirsi quando i nuovi atti posti in essere dopo il decisum giudiziale eccedano i limiti della stretta esecuzione di esso, ponendosi quindi come nuove e autonome determinazioni (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 27 febbraio 2003, nr. 3); altrettanto vale per l’eventuale appello proposto dall’originario controinteressato rimasto soccombente, qualora egli non provveda a impugnare i nuovi atti posti in essere dall’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2012, nr. 3440).

11. Peraltro, a conclusioni analoghe può pervenirsi richiamando il diverso (e pacifico) indirizzo per cui il ricorso proposto dal concorrente in una gara pubblica avverso la propria esclusione diviene improcedibile allorché egli non provveda a impugnare tempestivamente la successiva aggiudicazione, con la quale si consolida definitivamente l’impossibilità per lui di conseguire il bene della vita costituito dall’affidamento dell’appalto (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, nr. 754; id., 1 aprile 2015, nr. 1714; id., 21 febbraio 2012, nr. 936).

Applicando tali principi alla fattispecie in esame, è agevole rilevare che l’onere di impugnare tempestivamente la sopravvenuta aggiudicazione disposta in favore di terzi incombe anche al concorrente il quale reagisca in sede giudiziale non già avverso la propria esclusione disposta dalla stazione appaltante, ma avverso la propria esclusione determinata da accoglimento di ricorso giurisdizionale proposto da altri concorrenti.

12. La conclusione testé raggiunta trova conferma indiretta nella condotta processuale delle stesse parti appellanti, le quali, non potendo evidentemente negare la propria conoscenza degli atti sopravvenuti de quibus, li hanno contestati per la prima volta proprio con l’odierno appello, lamentandone – per paradosso – non già un’eccedenza rispetto al decisum di primo grado, sibbene una violazione di esso, dal quale a loro dire avrebbe dovuto discendere la caducazione dell’intera procedura selettiva.

È del tutto evidente che di tali doglianze la Sezione non può conoscere nella presente sede, trattandosi di domande nuove proposte per la prima volta in grado di appello in violazione del divieto posto dall’art. 104 cod. proc. amm. a presidio del principio del doppio grado di giudizio; attraverso di esse, parte istante pretende di porre rimedio alla mancata impugnazione degli atti sopravvenuti in discorso nella sede propria, ossia con l’ordinaria azione di annullamento dinanzi al T.A.R. (ovvero, ove se ne predicasse la nullità per violazione della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 114, comma 4, lettera c), cod. proc. amm., con azione di ottemperanza da proporre sempre dinanzi al T.A.R. che ha pronunciato la sentenza in epigrafe: cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 15 gennaio 2013, nr. 2).

In parte qua, pertanto, l’appello deve essere dichiarato inammissibile.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Terza,

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e in parte inammissibile.

Condanna le appellanti al pagamento, pro quota in favore del Comune di (omissis) e dell’appellata Ne. Onlus, di spese e onorari del presente grado del giudizio che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila) oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani – Presidente

Francesco Bellomo – Consigliere

Raffaele Greco – Consigliere, Estensore

Giulio Veltri – Consigliere

Sergio Fina – Consigliere

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