Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 30 marzo 2015, n. 1643

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE SESTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9016 del 2012, proposto da:

Università degli Studi di Milano, in persona del Rettore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via (…);

contro

At.Lo., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma.Sa., con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, viale (…);

nei confronti di

Br.St., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma.Ca.Mi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi.de., in Roma, via (…);

sul ricorso numero di registro generale 3208 del 2013, proposto da:

Br.St., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi.de. e Ma.Ca.Mi., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…);

contro

Ma.Me., non costituito in giudizio nel presente grado;

nei confronti di

Università degli Studi di Milano, Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via (…);

per la riforma

quanto al ricorso n. 9016 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lombardia – Milano, Sezione IV, n. 1209/2012, concernente: procedura comparativa per la copertura di un posto di ricercatore universitario;

quanto al ricorso n. 3208 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Lombardia – Milano, Sezione IV, n. 259/2013, concernente: procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ricercatore universitario;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle rispettive parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2015, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Gi.Ba. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

1. Occorre premettere che, sebbene gli appelli in epigrafe siano stati proposti avvero due separate sentenze, gli stessi vanno riuniti e trattati congiuntamente in ragione della loro connessione oggettiva e parzialmente soggettiva (inerendo alla medesima procedura comparativa).

2. Con le due sentenze in epigrafe, il T.a.r. per la Lombardia pronunciava definitivamente sui ricorsi n. 804 del 2011 e n. 805 del 2011, proposti da At.Lo. e, rispettivamente, da Me.Ma. avverso gli atti della procedura comparativa per n. 1 posto di ricercatore universitario di ruolo, settore scientifico-disciplinare IUS/18 (Diritto Romano e Diritti dell’Antichità), presso l’Università degli Studi di Milano, indetta con decreto rettorale n. 4059 del 16 dicembre 2009 e conclusa con decreto rettorale n. 4516 del 14 dicembre 2010, da cui era uscita vincitrice la candidata Br.St., controinteressata in primo grado, annullando di conseguenza i provvedimenti impugnati e disponendo (con la sentenza n. 259/2013, resa sul ricorso n. 805 del 2011, proposto dal candidato Me.) che, “in sede di riedizione della procedura comparativa, l’Amministrazione dovrà provvedere a nominare una Commissione in diversa composizione, al fine di garantire il principio di imparzialità e la par condicio tra i concorrenti”.

L’adìto T.a.r., con entrambe le sentenze, accoglieva il terzo motivo, dedotto, in modo omologo, nei due separati giudizi ed avente ad oggetto la censura dell’erronea valutazione comparativa dei titoli.

2.1. Quanto al ricorso proposto dalla candidata At., il T.a.r., nella sentenza n. 1209/2012, osservava che:

– tra i vari titoli vantati dalla ricorrente (tra cui il titolo di preferenza costituito da un dottorato di ricerca), la commissione, in violazione dell’art. 2 d.m. 28 luglio 2009, n. 89 (Valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche), si era limitata, sia nel giudizio sintetico che nei giudizi individuali, alla valutazione generica e solo quantitativa di uno dei titoli (e, precisamente, della collaborazione didattica con alcune cattedre romanistiche dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, dove la stessa aveva svolto attività seminariale negli anni dal 1995 al 2008), mentre mancava sia l’analisi analitica, sia l’analisi qualitativa, di tutti i titoli dalla stessa indicati;

– nei confronti della controinteressata Be., il giudizio collegiale della commissione si era, invece, esteso ad una valutazione analitico-qualitativa dei titoli da essa vantati (con particolare valorizzazione, da parte della commissione, del piano di ricerca dell’assegno biennale ex art. 51 l. n. 449 del 1997);

– la valutazione analitico-qualitativa dei titoli doveva ritenersi tanto più necessaria nel caso di specie, connotato dalla circostanza che uno dei componenti della commissione giudicatrice aveva collaborato in modo stabile con la controinteressata e conosceva, pertanto, personalmente l’attività da questa svolta, sicché – pur non ricorrendo gli estremi dell’incompatibilità – con la valutazione minuziosa di detta attività si era venuto a creare un vantaggio per la menzionata candidata, che poteva essere controbilanciata solo da una valutazione rigorosa, ed altrettanto minuziosa, dei titoli di tutti gli altri candidati, nella specie mancante.

2.2. Quanto al ricorso proposto dal candidato Me., il T.a.r., nella sentenza n. 259/2013, rilevava che la commissione, in violazione del citato art. 2 d.m. n. 89 del 2009, non aveva valutato il dottorato di ricerca vantato da tale candidato, non potendosi all’uopo ritenere sufficiente il semplice riscontro (risultante dal verbale n. 4, allegato 6) della mancata pubblicazione della tesi di dottorato, trattandosi di rilievo irrilevante ai fini della valutazione del titolo di preferenza costituito dal dottorato di ricerca in sé considerato.

3. Avverso la sentenza sub 2.1. (sent. n. 1209/2012) interponeva appello l’Università degli Studi di Milano (con ricorso rubricato sub r.g. n. 9016 del 2012), deducendo, quale unico motivo, “Violazione e falsa applicazione del bando di concorso e delle regole di procedimento, dell’art. 1 L. 230/2005, del D.M. 28 luglio 2009 n. 89”, in quanto doveva escludersi “un obbligo per la Commissione di procedere ad un minuzioso esame dei titoli e delle pubblicazioni, non solo quantitativo, ma anche qualitativo che, ove omesso, come ritenuto nella sentenza, renderebbe viziata l’intera procedura” (v. così, testualmente, il ricorso in appello), essendo per contro richiesta una valutazione unitaria dei titoli, delle pubblicazioni e del curriculum complessivo dei candidati, nella specie correttamente eseguita e sorretta da adeguata, seppure stringata, motivazione quanto alla valutazione dei titoli della ricorrente. L’Amministrazione appellante chiedeva dunque, in riforma della sentenza, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.

3.1. Si costituiva in giudizio l’originaria controinteressata Be., aderendo all’appello proposto dall’Università e chiedendone l’accoglimento.

3.2. Con atto del 16 febbraio 2015 si costituiva, altresì, in giudizio l’originaria ricorrente At. Lo., contestando la fondatezza dell’appello ed eccependone l’improcedibilità (nella memoria del 19 febbraio 2015) sotto il profilo che l’Università, nell’ambito del giudizio di appello proposto dalla stessa At. avverso la sentenza del T.a.r. Lombardia n. 2369/2014 – con cui era stato accolto il ricorso ex art. 112 cod. proc. amm., proposto dalla originaria vincitrice Be. avverso l’operato della nuova commissione (la quale, nelle more, in attuazione della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, aveva rinnovato la procedura ed aveva dichiarato vincitrice la candidata At.) per asserita violazione delle statuizioni della sentenza ottemperanda n. 1209/2012, in quanto la nuova commissione non si sarebbe limitata a rinnovare la valutazione dei soli titoli, ma avrebbe valutato ex novo anche le pubblicazioni, in tal modo eccedendo dai limiti del decisum–, aveva proposto appello incidentale a difesa dell’operato della nuova commissione, integrante rinuncia implicita al presente appello (proposto avverso la sentenza ottemperanda).

4. Avverso la sentenza sub 2.2. (sent. n. 259/2013) interponeva appello la soccombente Be. (con ricorso rubricato sub r.g. n. 3208 del 2013), deducendo, quale unico motivo, “Violazione e/o falsa applicazione del bando di concorso, dei criteri di valutazione stabiliti dalla commissione, del D.M. n. 89 del 28 luglio 2009 – errore di fatto e di diritto”, in quanto:

– per un verso, il T.a.r. avrebbe omesso di rilevare che la commissione, nel verbale n. 4, allegato 6, aveva precisato che la tesi di dottorato del candidato Me. non solo non era stata pubblicata, ma non era nemmeno stata prodotta dal candidato, sicché la commissione non avrebbe potuto giudicarne i contenuti e, dunque, neppure valutare il titolo di dottorato di ricerca;

– per altro verso, nella procedure comparativa per i posti di ricercatore e professore universitario non sarebbe necessaria una valutazione analitica dei singoli titoli didattici e scientifici, quanto una valutazione unitaria ai fini della verifica della maturità scientifica dei candidati, nella specie effettuata dalla commissione anche con riguardo alla posizione del candidato Me..

4.1. Nell’ambito di tale giudizio si costituivano l’Università ed il M.i.u.r. con comparsa di stile, resistendo, mentre ometteva di costituirsi l’appellato Me..

5. All’odierna udienza pubblica del 10 marzo 2015 entrambe le cause sono state trattenute in decisione.

6. Entrambi gli appelli – tra di loro riuniti (v. sopra sub 1.) – sono infondati nel merito (sicché, per motivi di economia processuale, si può soprassedere all’esame dell’eccezione di improcedibilità dell’appello proposto dall’Università, sollevata dall’appellata At. nell’ambito del ricorso incardinato sub r.g. n. 9016 del 2012).

Giova premettere, in linea di diritto, che l’art. 2 d.m. 28 luglio 2009, n. 89 (Valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche) – attuativo dell’art. 1, comma 7, d.-l. 10 novembre 2008, n. 180 (Parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati nelle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario), convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1 –, che qui viene in rilievo come fonte di disciplina, testualmente recita:

“Art. 2. Valutazione dei titoli

1. Le commissioni giudicatrici delle procedure di cui al comma 1 effettuano analiticamente la valutazione comparativa dei titoli dei candidati sulla base dei seguenti elementi debitamente documentati:

a) possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, conseguito in Italia o all’estero;

b) svolgimento di attività didattica a livello universitario in Italia o all’estero;

c) prestazione di servizi di formazione e ricerca, anche con rapporto di lavoro a tempo determinato, presso istituti pubblici italiani o all’estero;

d) svolgimento di attività di ricerca, formalizzata da rapporti istituzionali, presso soggetti pubblici e privati italiani e stranieri;

e) svolgimento di attività in campo clinico relativamente a quei settori scientifico-disciplinari in cui sono richieste tali specifiche competenze;

f) realizzazione di attività progettuale relativamente a quei settori scientifico-disciplinari nei quali è prevista;

g) organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali;

h) titolarità di brevetti relativamente a quei settori scientifico-disciplinari nei quali è prevista;

i) partecipazione in qualità di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali;

l) conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca.

2. Ai sensi dell’art. 1, comma 7, della legge 4 novembre 2005, n. 230, costituiscono titoli preferenziali il dottorato di ricerca, le attività svolte in qualità di assegnasti contrattisti ai sensi dell’art. 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti post-dottorato ai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, nonché di contrattisti ai sensi dello stesso art. 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230.

3. La valutazione di ciascun elemento indicato dal comma 1 è effettuata considerando specificamente la significatività che esso assume in ordine alla qualità e quantità dell’attività di ricerca svolta dal singolo candidato”.

Secondo consolidato orientamento di questa Sezione, il senso delle citate prescrizioni legislative e regolamentari circa il carattere analitico della valutazione da compiere dalle commissioni giudicatrici nelle procedure comparative per ricercatori universitari è quello di imporre alla commissione di tenere conto di tutti i dati curriculari indicati dai candidati (titoli e pubblicazioni), e di sceverare, secondo percorsi logici trasparenti, coerenti e di congruo apprezzamento scientifico, i dati rilevanti al fine della compiuta valutazione della maturità scientifica dei candidati e della correlativa valutazione comparativa, da quelli non significativi, sulla base di un’altrettanto congrua ed adeguata motivazione, e di esprimere il giudizio comparativo sui dati così (motivatamente) enucleati. Per quanto, in particolare, concerne l’oggetto della valutazione comparativa “analitica” dei titoli, esso deve essere riferito alla singole tipologie o categorie di titoli ed attività individuate dall’art. 2, nelle quali siano sussumibili le singole, concrete attività indicate dai concorrenti nei rispettivi curricula, e non già a queste ultime in sé e per sé considerate, che possono anche sottrarsi ad una valutazione comparativa per il difetto di un omogeneo tertium comparationis, sicché il criterio metodologico da seguire dalla commissione riguarda la analiticità tipologica, e non già la analiticità oggettuale, in funzione di un giudizio comparativo sulla significatività scientifica dei curricula presentati dai candidati (v. sul punto, per tutte, Cons. St., Sez. VI, 11 settembre 2014, n. 4626, con ampi richiami giurisprudenziali).

In linea di fatto, si rileva che, ad un attento esame dei verbali della commissione giudicatrice (v., in particolare, verbale n. 4, con relativi allegati, di cui l’allegato 1 relativo alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni della candidata At., l’allegato 2 relativo alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni della candidata Be. e l’allegato 6 relativo alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni del candidato Me.), emerge, con riguardo alla candidata Be. (proclamata vincitrice), che la commissione, nella valutazione dei titoli, ha espresso un puntuale e motivato giudizio analitico-qualitativo, testualmente osservando: “Il rilievo del piano di ricerca dell’assegno biennale ex art. 51 comma 6, l. 27.12.1997 n. 449, rinnovato per quattro anni, avente ad oggetto le diverse angolature prospettiche del concetto di nullità degli atti nella elaborazione giurisprudenziale repubblicana e classica appare rilevante sia per la difficoltà oggettiva della materia oggetto della ricerca che per il materiale raccolto ed in via di elaborazione” (v. allegato 2 del verbale n. 4).

Invece, con riferimento ai candidati At. e Me. manca un’espressa e motivata valutazione dei titoli.

Infatti, quanto alla candidata At., la commissione si è limitata ad un’enunciazione meramente generica del titolo costituito dalla collaborazione con l’attività didattica di alcune cattedre romanistiche dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma (attività seminariale dagli anni 1995 al 2008) e a un riferimento, altrettanto generico, alla circostanza che la tesi di dottorato, discussa nel 2003, non era stata pubblicata, nonché all’impegno di formazione scientifica, svolto anche all’estero, senza procedere ad una valutazione qualitativa, puntuale, specifica e motivata dei titoli, anche preferenziali, vantati da detta candidata (dottorato di ricerca, borsa di studio post-dottorato rilasciato da ente non universitario, prestazione di attività di ricerca all’estero, partecipazione a diversi convegni di studio nazionali ed internazionali), in tal modo venendo meno all’onere motivazionale imposto dalla citata disciplina normativa ed impedendo un controllo dell’iter logico che ha condotto al giudizio di prevalenza della candidata Be., in punto di valutazione comparativa dei titoli, da esplicitare con una motivazione trasparente ed espressa, e non apodittica e implicita, in quanto tale imperscrutabile ed inaccessibile ad un controllo razionale da parte dei relativi destinatari.

Quanto al candidato Me., pure è dato riscontrare una carenza di valutazione motivata sui titoli dallo stesso indicati, in particolare dovendosi ritenere insufficiente il rilievo della commissione circa la mancata pubblicazione della tesi del dottorato e l’omessa relativa produzione in sede procedimentale, dovendo il dottorato di ricerca essere considerato come titolo preferenziale in sé considerato, ed avendo il candidato comprovato il relativo conseguimento attraverso la produzione del relativo diploma, conseguito il 6 febbraio 2004 presso l’Università degli Studi di Padova. Anche qui vale il rilievo che la motivazione dell’esito valutativo deve essere espressa, puntuale e specifica, onde rendere comprensibile appieno l’iter logico-giuridico seguito dalla commissione e consentire un sindacato ab externo sulla relativa logicità, coerenza interna e conformità ai parametri normativi, nella specie impedito dalla natura apodittica del giudizio di prevalenza della candidata Be..

Conclusivamente, in reiezione degli interposti appelli, devono confermarsi le statuizioni del T.a.r., affermative dell’illegittimità della procedura di valutazione comparativa, in punto di valutazione dei titoli dei candidati, in quanto lesiva della sopra citata disciplina normativa.

7. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti e tra di loro riuniti (ricorsi n. 9016 del 2012 e n. 3208 del 2013), li respinge e, per l’effetto, conferma le impugnate sentenze; dichiara le spese di causa interamente compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2015, con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini – Presidente

Sergio De Felice – Consigliere

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Carlo Mosca – Consigliere

Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 30 marzo 2015

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