Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 21 luglio 2017, n. 3602

La sospensione necessaria del giudizio amministrativo in ragione della pendenza di un giudizio penale  che di suo deroga al principio fondamentale introdotto con il nuovo processo penale della reciproca autonomia e del parallelismo dei due accertamenti giurisdizionali, i quali operano in ambiti diversi e con finalità differenti  è ammessa soltanto se la definizione del giudizio amministrativo irrimediabilmente “dipenda” (come dispone l’art. 295 c.p.c.) da quella del giudizio penale, in quanto ne sia vincolata in modo esclusivo, diretto e consequenziale, e comunque deve essere disposta sulla base di una accezione restrittiva dei presupposti su cui si fonda proprio perché la sospensione rappresenta un’eccezione al principio generale dell’autonomia dei giudizi che ormai informa l’intera giurisdizione.

 

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 21 luglio 2017, n. 3602

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1052 del 2013, proposto da:

RA. MO., rappresentata e difesa dall’avvocato An. Ma. Na., presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, corso (…);

contro

COMUNE di (omissis), non costituito in giudizio;

per la riforma:

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – REGGIO CALABRIA n. 416/2012;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 aprile 2017 il Cons. Dario Simeoli, mentre nessuno è presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con il ricorso promosso in primo grado, la signora Ra. Mo. impugnava l’ordinanza del Comune di (omissis) n. 12 del 2011, notificata il 18.07.2011, con la quale era stata ingiunta la demolizione delle opere realizzate, in assenza del necessario titolo abilitativo, all’interno della proprietà condominiale dell’immobile di cui alla particella n. (omissis) del foglio n. (omissis), e segnatamente: a) una veranda sopraelevata con parapetti in muratura e scale di circa mq. 16 di pertinenza dell’alloggio di proprietà della ricorrente; b) un’area pavimentata con piastrelle di mq. 70 circa; c) due manufatti in muratura adibiti a deposito; d) un muro divisorio. La ricorrente censurava il provvedimento impugnato per violazione dei principi in tema di irretroattività delle sanzioni, inapplicabilità dell’art. 31 comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, ineseguibilità dell’ingiunzione demolitoria per mancata individuazione del bene oggetto di demolizione, mancata applicazione degli artt. 22 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere.

2.- Il Tribunale amministrativo regionale per la T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, con sentenza n. 416 del 2012, ha respinto il ricorso.

3.- La signora Mo. ha quindi proposto appello, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado.

L’appellate, in via preliminare chiede la sospensione del presente giudizio ex art. 295 c.p.c. per la pendenza di due precedenti penali, le cui relative risultanze processuali potrebbero rivelarsi utili ai fini della “più ampia visualizzazione della vicenda trattata in ricorso”.

Nel merito, la decisione del Tribunale Amministrativo sarebbe errata, nella parte in cui non avrebbe tenuto in debita considerazione la documentazione versata in atti da cui si desumerebbe che: – i locali deposito sarebbero stati costruiti anteriormente al 1981 (come risulterebbe da due estratti catastali e perizia giurata del geometra Fl.), dunque prima della entrata in vigore della legge 8.02.1985 n. 47; – la veranda, il muro divisorio e la pavimentazione sarebbero stati costruiti anteriormente al 1998 (come risulterebbe dall’aerofotogrammetria del 1998 allegata alla perizia del geometra Fl.), quindi anteriormente alla vigenza del d.P.R. 06.06.2001 n. 380.

Sotto altro profilo, ai sensi del regolamento edilizio comunale del.13.06.2003, art. 67, i locali deposito dovrebbero intendersi comunque sanati, non comportando essi alcun aumento di superficie o alterazione della sagoma e costituendo, semplicemente, modestissima pertinenza (mq 14 circa cadauno) del fabbricato.

L’appellante precisa da ultimo che, in ogni caso: la pavimentazione del cortile non rientrerebbe nel concetto di opera urbanistica; la veranda non modificherebbe la struttura estetica del prospetto principale del fabbricato e, quindi, il paesaggio urbano del Comune; il muro divisorio costituirebbe per la sua peculiare natura e destinazione un’opera interna non assoggettabile a regime concessorio ma più semplicemente a DIA.

4.- L’amministrazione appellata non si è costituita in giudizio.

5.- Con ordinanza n. 982 del 2013, il Consiglio di Stato – “considerato che l’appello non appare prima facie assistito da fumus boni iuris avuto riguardo al carattere assorbente del difetto di autorizzazione paesaggistica” – ha respinto la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata.

6.? All’udienza del 20 aprile 2017, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.? In via pregiudiziale, la sospensione necessaria del giudizio amministrativo in ragione della pendenza di un giudizio penale ? che di suo deroga al principio fondamentale introdotto con il nuovo processo penale della reciproca autonomia e del parallelismo dei due accertamenti giurisdizionali, i quali operano in ambiti diversi e con finalità differenti ? è ammessa soltanto se la definizione del giudizio amministrativo irrimediabilmente “dipenda” (come dispone l’art. 295 c.p.c.) da quella del giudizio penale, in quanto ne sia vincolata in modo esclusivo, diretto e consequenziale, e comunque deve essere disposta sulla base di una accezione restrittiva dei presupposti su cui si fonda proprio perché la sospensione rappresenta un’eccezione al principio generale dell’autonomia dei giudizi che ormai informa l’intera giurisdizione. Un parametro per ravvisare una tale stretta dipendenza è posto con l’art. 654 c.p.p., per il quale vi è efficacia di giudicato della sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, nel giudizio amministrativo ? cioè un’efficacia extrapenale della sentenza penale ? “quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale” (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato, sezione sesta, 12/03/2012, n. 1386). Nel caso di specie, in ragione delle scarne deduzioni contenute in appello sui procedimenti penali pendenti, non emerge che la cognizione dei reati imputati alla ricorrente sia tale da influire effettivamente e pregiudizialmente sulla decisione della controversia amministrativa.

2.? Nel merito, ai fini del rigetto dell’appello, è dirimente rilevare che l’ordine demolitorio trova autonomo fondamento giuridico nella norma speciale che sanziona la violazione del vincolo paesaggistico. L’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 attribuisce infatti, all’amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l’adozione di provvedimenti di demolizione anche in presenza di opere realizzate in zone vincolate in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio non autorizzato.

2.1.? La documentazione versata in atti attesta l’imposizione del vincolo paesaggistico ? a seguito della dichiarazione di notevole interesse pubblico contenuta nel decreto ministeriale 1 ottobre 1974, pubblicato sulla G.U.R.I. del 27.02.1975, espressamente richiamato nel provvedimento impugnato ? sull’area (foglio (omissis) di mappa) nel quale ricadono i manufatti oggetto dell’ordine demolitorio.

2.2.? Ebbene, le opere contestate, come emerge chiaramente dalle fotografie e dalla relazione del 21.06.2011, hanno comportato un aumento del volume e delle superfici, nonché una modifica del prospetto e della sagoma del fabbricato, che avrebbero reso necessario il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Il legislatore ? a partire dal comma 12 dell’art. 82 del d.P.R. n. 616/77, il cui contenuto prescrittivo è refluito oggi nell’art. 149, comma 1, lettera a del d.lgs. 42 del 2004 ? esclude infatti la necessità dell’autorizzazione paesaggistica per i soli “interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”.

4.? Per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e va respinto.

4.1.? Nulla è dovuto per le spese di lite, in quanto l’amministrazione comunale appellata non si è costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla è dovuto per le spese di lite, in quanto l’amministrazione comunale appellata non si è costituita in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco – Presidente

Bernhard Lageder – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere

Dario Simeoli – Consigliere, Estensore

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