Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 19 gennaio 2016, n. 168
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4903 del 2015, proposto da:
Ma. Ma. ed altri;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali;
nei confronti di
De.. Ma. Id.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE VI n. 01747/2015, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire in sanatoria – ordine di demolizione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e di Id. De. Ma.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Andrea Abbamonte, l’avvocato dello Stato Marrone, l’avvocato Giglio per sè e per delega degli avvocati Pantalone e Cottone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti, proprietari di un immobile sito in (omissis), con accesso dalla via Michele Ma.. n. 48/A, censito in catasto al fol. 8, p.lla 1264 sub 1, espongono che:
– a seguito di avviso pubblico, sollecitavano la definizione della domanda di sanatoria, prot.llo n. 8911, presentata in data 23.4.1986 ex lege 47/1985;
– a tali fini evidenziavano che il pendente procedimento di sanatoria aveva ad oggetto opere realizzate in parziale difformità dalla licenza edilizia n. 146/68 e che la superficie complessiva interessata dalle difformità era pari a mq. 72,32. Segnatamente, le difformità in questione concernevano essenzialmente la variazione d’uso del piano seminterrato, trasformato in piano per abitazione, i balconi sui lati lunghi del fabbricato, alcune aperture in facciata, i parapetti del terrazzo di copertura praticabile. Venivano, altresì, richiesti interventi di completamento e di riqualificazione;
– con decreto n. 46 del 29.12.2009 il responsabile dell’ufficio condono rilasciava la prescritta autorizzazione ai fini della tutela paesaggistica ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 146 e 159 del d.lgs. 42/2004, che veniva trasmessa, in data 31.12.2009, alla Soprintendenza ed acquisita al protocollo del suddetto organo tutorio, in data 4.1.2010 (prot.llo 27);
– con nota recante prot. n. 27 e data dell’1.3.2010 la Soprintendenza chiedeva al Comune di (omissis) un’integrazione documentale: l’istanza di condono ed i grafici allegati e la tabella illustrativa delle superfici;
– di fatto la suddetta nota sarebbe stata acquisita al protocollo solo in data 12.4.2010 e registrata in partenza il successivo 13.4.2010;
– il Comune di (omissis), ritenuto esecutivo il decreto ai fini paesaggistici, assentiva, con atto n. 23 del 30.6.2011, il permesso di costruire in sanatoria, nonché le opere di completamento e di riqualificazione richieste;
– a seguito di esposti e diffide inoltrate dalla sig.ra Ra. Ma.., prima, e dalla sig.ra Id. De. Ma., dopo, il Comune di (omissis) avviava un procedimento di verifica sulla regolarità delle opere assentite, ordinando al contempo la sospensione dei lavori;
– nel corso del suddetto procedimento il Comune di (omissis) chiedeva, con nota prot.llo n. (omissis) del 19.3.2014, chiarimenti alla Soprintendenza circa l’interlocuzione avvenuta a valle del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;
– il predetto organo tutorio, nel riscontrare con nota prot. n. (omissis) del 29.4.2014 la suddetta richiesta, ribadiva la piena attitudine della propria richiesta n. (omissis) dell’1.3.2010 ad interrompere i termini del procedimento di verifica sull’autorizzazione paesaggistica concessa in prime cure e concludeva per l’illegittimità del permesso di costruire n. (omissis) del 30.6.2011 siccome rilasciato sul falso presupposto della intervenuta decorrenza dei termini di decadenza previsti dalla disciplina di settore all’epoca vigente;
– a conclusione dell’iter procedimentale di riesame il Comune di (omissis), con provvedimento prot. n. (omissis) del 26.06.2014, annullava il permesso di costruire in sanatoria n. (omissis) del 30.6.2011; di poi, con l’ordinanza n. 128 del 22.7.2014, disponeva la demolizione delle opere ivi compiutamente descritte.
2. Avverso tali provvedimenti gli odierni appellanti proponevano ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, il quale, con sentenza n. 1747 del 2015, ha dichiarato inammissibile il ricorso in ragione della mancata notifica ad almeno un soggetto controinteressato, nella specie individuato nella signora De. Ma. Id..
3. Ma. e Lo. Ma. hanno proposto appello per ottenere la riforma di tale sentenza.
4. All’odierna udienza di discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello merita accoglimento.
6. La sentenza appellata non è condivisibile nella parte in cui riconosce alla signora De. Ma. la qualifica di controinteressata, cui il ricorso avrebbe dovuto essere notificato a pena di inammissibilità.
Il T.a.r. è giunto a tale conclusione valorizzando:
– sotto il profilo formale, la circostanza che nel corpo del provvedimento impugnato si dava espressamente conto, fra l’altro, di un atto di diffida (prot. n. (omissis) del 20 febbraio 2014) a firma della signora De. Ma., nella qualità di proprietaria dell’immobile confinante con la proprietà dei germani Ma., di una nota integrativa all’atto di diffida acquisita al protocollo n. (omissis) del 6 giugno 2014, a firma della signora De. Ma. e della partecipazione attiva di quest’ultima alla dialettica procedimentale;
– sotto il profilo sostanziale, la titolarità in capo alla signora De. Ma. di un diritto soggettivo (il diritto di proprietà dell’immobile confinante) asseritamente leso dall’edificazione. In ordine a tale secondo profilo, la sentenza appellata, pur richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui nel caso di impugnazione di un diniego di permesso di costruire o di un’ordinanza di demolizione non sono normalmente configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio, e ciò anche nel caso in cui sia palese la posizione di vantaggio che scaturirebbe per il terzo dell’esecuzione della misura repressiva e anche quando il terzo avesse provveduto a segnalare all’amministrazione l’illecito edilizio da altri commesso, ha, tuttavia, ritenuto che il suddetto principio subirebbe un’eccezione quando l’interesse del terzo risulti “vestito” (come accadrebbe nel caso di specie) dalla necessità di una concreta e specifica tutela del proprio diritto dominicale.
7. Le conclusioni cui è giunto il T.a.r. non sono condivise dal Collegio.
Esse contrastano con il consolidato orientamento giurisprudenziale, richiamato peraltro nella sentenza appellata, secondo cui nel caso di impugnazione di un diniego di permesso di costruire o di una ordinanza di demolizione non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contradditorio, atteso che la qualifica di controinteressato va riconosciuta non già a chi abbia un interesse anche legittimo, a mantenere in via il provvedimento impugnato (e tanto meno a che ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse), ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto ed immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 11 marzo 2013, n. 1473).
Tale indirizzo giurisprudenziale, a differenza di quanto ritenuto dal T.a.r., non può trovare eccezione nel caso di specie in ragione del fatto che in questo caso il terzo sarebbe titolare di un diritto di proprietà sull’immobile confinante con quello interessato dall’attività di edificazione.
La situazione soggettiva della signora De. Ma., infatti, rispetto al potere dell’Amministrazione in materia edilizia, non si atteggia più come diritto soggettivo, ma, confrontandosi con un potere amministrativo finalizzato alla cura di un concreto e specifico interesse pubblico, assume la fisionomia e la consistenza dell’interesse legittimo.
La pretesa del terzo proprietario dell’immobile confinante volta ad evitare trasformazioni del territorio da cui possano indirettamente derivare pregiudizi per le facoltà che costituiscono il contenuto del diritto dominicale quando si relaziona con il potere autoritario dell’amministrazione preposta al governo del territorio non riceve più la tutela assoluta e incondizionata tipica del diritto soggettivo di proprietà, ma beneficia di un diverso tipo di tutela, condizionata e relativa, essendo tale pretesa astrattamente sacrificabile in none dell’esigenza di tutela dell’interesse pubblico alla cui cura è finalizzato il potere attribuito all’amministrazione.
Non è, quindi, corretta la conclusione (cui giunge la sentenza appellata) secondo cui nel caso di specie la signora De. Ma. sarebbe titolare di un diritto soggettivo e proprio in ragione di tale titolarità sarebbe giustificata la deroga all’indirizzo giurisprudenziale che non ammette controinteressati rispetto ai ricorsi diretti ad impugnare dinieghi di permessi di costruire o ordinanze di demolizione.
Tale conclusione non tiene conto della duplicità di rapporti che vengono in considerazione rispetto al potere amministrativo diretto ad assentire l’attività edilizia dei privati.
Da un lato, vi è il rapporto tra i privati confinanti, regolato dalle norme del diritto civile, in cui vengono in considerazione situazioni di diritto soggettivo che trovano nell’ordinamento civile e nel giudice ordinario rispettivamente fonte e sede di tutela.
Dall’altro altro, vi è il rapporto pubblicistico con l’Amministrazione titolare del potere, rapporto regolato dal diritto amministrativo e caratterizzato dalla presenza di situazioni di interesse legittimo, che si configurano tanto in capo a chi chiede il permesso di costruire quanto in capo a chi si oppone al suo rilascio.
La signora De. Ma., quindi, rispetto all’impugnazione del diniego di permesso di costruire in sanatoria e della conseguente ordinanza di demolizione, si configura come un terzo titolare di un interesse legittimo. In tale veste, ella non può essere considerata come controinteressata in senso tecnico, non essendovi ragioni per discostarsi nel caso di specie, dal consolidato indirizzo giurisprudenziale, richiamato e condiviso, almeno in linea di principio, dalla stessa sentenza appellata, che esclude controinteressati rispetto all’impugnazione di provvedimenti che negano l’assenso all’attività edilizia.
8. Superata tale ragione di inammissibilità, occorre, tuttavia, esaminare l’eccezione (riproposta in appello) di inammissibilità del ricorso per la mancata notifica al Comune di (omissis), amministrazione che ha emesso il provvedimento impugnato.
9. In relazione a tale eccezione, la sentenza appellata ha rilevato che:
– i ricorrenti hanno corredato il ricorso introduttivo, depositato in atti fin dal 9 settembre 2014, della produzione dei moduli di raccomandata attestanti la relativa spedizione, a mezzo posta, tanto a beneficio del Ministero per i beni e le attività culturali che del Comune di (omissis);
– con successiva produzione del 6 ottobre 2014, i ricorrenti anno prodotto in atti anche i corrispondenti avvisi di ricevimento intestati ai predetti Enti, presso i relativi domicili;
effettivamente risulta apposta su entrambi i suddetti avvisi di ricevimento – ancorché uno di essi fosse riferito al Comune di (omissis), l’impronta di un timbro di ricezione dell’Avvocatura dello Stato;
– nei confronti del Comune di (omissis), il procedimento di notificazione non si è, quindi, mai perfezionato in quanto l’agente postale ha erroneamente proceduto alla consegna del ricorso unicamente all’Avvocatura dello Stato, qui presentando – e senza che gli stessi uffici dell’Avvocatura se ne avvedessero – anche il ricorso destinato al Comune di (omissis);
– in base alla documentazione versata in atti, quindi, i ricorrenti hanno ritualmente compilato la raccomandata con avviso di ricevimento avente come destinatario il Comune di (omissis) e, tuttavia, il plico in questione è stato recapitato ad un domicilio diverso (uffici del’Avvocatura dello Stato) da quello riferibile al soggetto al quale era indirizzato (Comune di (omissis));
– il descritto vizio del procedimento di notificazione non può ritenersi sanato in ragione della costituzione del Comune di (omissis), trattandosi di un profilo di patologia dell’atto ascrivibile alla categoria giuridica della c.d. inesistenza, configurabile ogni qualvolta che – come nel caso di specie – la consegna effettuata non appaia in alcun modo riconducibile allo schema legale di riferimento, in quanto eseguita in luogo o a persona non solo diversi da quelli previsti dalla legge, ma privi di qualsiasi collegamento con il destinatario;
– da qui l’impossibilità di far applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, prevista, per i soli casi di nullità, dall’art. 156 c.p.c.;
– il mancato perfezionamento del procedimento di notifica, nel caso qui in rilievo, deve essere riferito a quel complesso di attività che rientrano nelle esclusive competenze dell’agente postale e che, per definizione, si collocano all’esterno della sfera di signoria del notificante, di talché andrebbe esplorata la predicabilità di una rimessione in termini per errore scusabile, come espressamente richiesto dal ricorrente.
10. A questo punto, tuttavia, la sentenza appellata, anziché disporre la rimessione in termini, ha ritenuto, in ossequio al principio di economia dei mezzi giuridici, di esaminare le altre eccezioni di inammissibilità del ricorso e, avendo ritenuto fondata quella derivante dalla mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati, ha dichiarato inammissibile il ricorso, senza disporre la rimessione in termini per la nuova notifica al Comune di (omissis).
11. Ora è evidente che, superata la ragione di inammissibilità del ricorso per la mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati, diventi centrale la questione relativa alla ritualità della notifica effettuata al Comune di (omissis) e all’eventuale sussistenza dei presupposti per riconoscere la rimessione in termini.
Sotto tale profilo, il Collegio condivide le conclusioni della sentenza appellata secondo cui il vizio in questione dà luogo ad una ipotesi di inesistenza e non è, quindi, sanato dalla costituzione in giudizio del Comune, non essendo applicabili gli artt. 39, comma 2, c.p.a. e art. 156 c.p.c. riferiti ai soli casi di nullità.
Tuttavia è evidente che, come pure rilevato dalla sentenza appellata, la mancata notifica al Comune di (omissis) sia derivata da un errore non imputabile ai ricorrenti, che hanno correttamente compilato sia i moduli di raccomandata sia gli avvisi di ricevimento. L’errore è stato commesso dall’agente postale, nello svolgimento di quelle attività che esulano dalla sfera di controllo del notificante.
12. Sussistono certamente, pertanto, gli estremi per riconoscere l’errore scusabile e la conseguente rimessione in termini per la notificazione del ricorso al Comune di (omissis).
Tale attività non può essere, tuttavia, disposta direttamente in appello, atteso che altrimenti verrebbe in radice “saltato” un grado di giudizio.
Del resto, l’inesistenza della notificazione al Comune di (omissis) (sia pure “sanabile” attraverso la rimessione in termini) dà luogo ad una ipotesi di mancanza del contraddittorio che, ai sensi dell’art. 105, c.p.a., determina l’annullamento con rinvio della sentenza appellata.
Il giudizio va, quindi, rimesso innanzi al Tribunale amministrativo regionale, il quale, dopo aver disposto la rinnovazione della notificazione nei confronti del Comune di (omissis) (e salva ovviamente l’eventualità che nelle more i ricorrenti procedano autonomamente alla rinnovazione della notificazione) provvederà a decidere nel merito.
13. La peculiarità della vicenda e le ragioni stesse della decisione giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, riconosciuta la sussistenza dei presupposti della rimessione in termini per la notifica del ricorso introduttivo al Comune di (omissis), annulla la sentenza appellata, con rimessione del giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini – Presidente
Ma. Meschino – Consigliere
Roberto Giovagnoli – Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder – Consigliere
Andrea Pannone – Consigliere
Depositata in Segreteria il 19 gennaio 2016.
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