Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 16 luglio 2015, n. 3553

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE SESTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4572 del 2014, proposto da:

Si.Do., rappresentata e difesa dall’avv. Pe.Ma., con domicilio eletto presso Sa.Ta. in Roma, Via (…);

contro

Comune di Catanzaro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sa.Du. e An.De., con domicilio eletto presso Va.Zi. in Roma, Via (…);

Comune di Catanzaro – Settore Edilizia Privata e S.U.A.P.;

nei confronti di

Al.Bu., rappresentato e difeso dall’avv. Be.Bo., con domicilio eletto presso Ra.Mi. in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Calabria – Catanzaro, Sezione I, n. 270/2014, resa tra le parti, concernente ordine di demolizione e annullamento in autotutela di due titoli in sanatoria rilasciati alla ricorrente;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Catanzaro e di Al.Bu.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 maggio 2015 il Cons. Maddalena Filippi e uditi per le parti gli avvocati Bo.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Calabria, sede di Catanzaro, la signora Do.Si. ha impugnato il provvedimento con cui il Comune di Catanzaro (con determinazione dirigenziale n. 42 in data 26 novembre 2012) ha ordinato la demolizione e il ripristino di opere edilizie abusive – realizzate su immobili di cui l’appellante è comproprietaria – nonché gli atti di annullamento in autotutela di due titoli edilizi in sanatoria rilasciati il 25 giugno 2009 (con determinazioni dirigenziali nn. 658 e 659) con riguardo alle opere medesime.

L’intervento edilizio oggetto del procedimento sanzionatorio riguarda la realizzazione di un locale deposito e l’ampliamento di un garage.

Nel giudizio di primo grado è intervenuto ad opponendum il signor Bu.Al., in qualità di proprietario di terreno adiacente e di comproprietario di terreno destinato a corte comune, sui quali insisterebbero, in parte qua, le opere edilizie in contestazione.

1.a – La sentenza impugnata ha prima di tutto ritenuta infondata l’eccezione con cui l’interveniente aveva dedotto l’inammissibilità del ricorso per non essergli stato notificato lo stesso in qualità di controinteressato necessario. Ha poi respinto il ricorso muovendo dalla considerazione che – sulla scorta della documentazione prodotta (in particolare, le informative della Polizia Municipale e i verbali di sopralluogo) – è emerso che “gran parte dei lavori” oggetto delle domande di condono e dei titoli in sanatoria annullati in autotutela non è stata ultimata entro la data del 31 marzo 2003. Da ultimo, ha ritenuto infondate le censure dirette avverso il conseguente ordine di demolizione che – in quanto atto vincolato – non richiedeva motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico attuale alla eliminazione del vulnus.

1.c – Con l’atto di appello si lamenta l’erroneità della sentenza sotto il profilo del difetto di motivazione, della manifesta illogicità, dell’erroneità dei presupposti, del travisamento dei fatti e dell’ingiustizia manifesta.

Si sostiene in particolare che la sentenza non avrebbe sufficientemente motivato in ordine all’assunto che la maggior parte degli interventi abusivi sarebbe stata realizzata dopo la data del 31 marzo 2003; non avrebbe considerato una serie di elementi documentali (tra cui le fotografie allegate alla informativa n. 933/03 dell’8 novembre 2003, la descrizione dei manufatti contenuta nelle diverse informative, le aerofotogrammetrie dell’IGM); non avrebbe valutato l’affidamento ingenerato dalla avvenuta spontanea demolizione e ricostruzione dell’immobile adibito a deposito; non avrebbe tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale sulla sufficienza del completamento al rustico.

Il signor Bu. – costituitosi in giudizio per resistere all’appello – ha proposto appello incidentale chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.

All’udienza del 19 maggio 2015 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

2. – L’appello incidentale è fondato.

Va infatti condivisa la censura con cui il signor Bu. – intervenuto ad opponendum nel giudizio di primo grado – lamenta l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo “per mancata notifica dello stesso all’interveniente quale controinteressato”.

2.a – La sentenza impugnata – nel motivare sul punto – richiama il principio giurisprudenziale secondo cui il “vicino,anche se ha provocato interventi repressivi o in via di autotutela, non assume la veste di controinteressato nei ricorsi che il titolare della concessione edilizia promuove avverso provvedimenti di revoca e/o di annullamento d’ufficio (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6606 del 15 dicembre 2011)”.

2.b – Il principio richiamato dalla sentenza è effettivamente consolidato: l’orientamento muove dalla considerazione che la qualità di controinteressato, cui il ricorso – a pena di inammissibilità – deve essere notificato secondo quanto previsto dall’art. 41, comma 2, c.p.a., va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse, ma solo a chi dal provvedimento medesimo riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica.

Secondo tale orientamento il riconoscimento della qualità di controinteressato non opera in relazione ad esigenze processuali, ma deve essere condotto sulla scorta del combinato di due elementi: quello cosiddetto “sostanziale”, che richiede l’individuazione della titolarità di un interesse analogo e contrario alla posizione legittimante del ricorrente e quello cosiddetto “formale”, che richiede l’indicazione nominativa nel provvedimento di colui che ne abbia un interesse qualificato alla conservazione.

La trasposizione alla materia edilizia di questo principio ha condotto la giurisprudenza ad affermare che in sede di impugnazione di provvedimenti sanzionatori “non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio, anche nel caso in cui sia palese la posizione di vantaggio che scaturirebbe per il terzo dall’esecuzione della misura repressiva ed anche quando il terzo avesse provveduto a segnalare all’amministrazione l’illecito edilizio da altri commesso” (Cons. St., sez. IV, 6 giugno 2011 n. 3380; Id., sez. VI, 18 aprile 2005 , n. 1773; sez. V, 3 luglio 1995, n. 991).

2.c – E’ però da rilevare che nella specie – come lamenta l’appellante incidentale – la sentenza impugnata non ha tenuto conto di una serie di circostanze di fatto che non consentono di equiparare la posizione del signor Bu. a quella del generico vicino di casa cui fa riferimento il richiamato orientamento.

Dalla documentazione agli atti risulta infatti che l’appellante incidentale è comproprietario – insieme all’appellante principale – dell’area su cui insistono alcune delle opere abusive sanate con i titoli poi annullati dai provvedimenti impugnati in primo grado.

Risulta inoltre – dalla motivazione di tali provvedimenti – che la procedura sanzionatoria è stata avviata a seguito dell’esposto con cui il signor Bu. denunciava lo “sconfinamento” dell’intervento realizzato sia sulla sua proprietà esclusiva, sia su quella comune, lamentando il mancato rispetto delle distanze legali con riguardo ai manufatti per i quali erano stati richiesti i condoni.

Risulta ancora che alla data di notifica del ricorso di primo grado il signor Bu. aveva in atto con la ricorrente un contenzioso civile sulla violazione delle distanze, instaurato con atto di citazione in data 14 luglio 2008 – dunque prima del rilascio dei titoli in sanatoria (avvenuto il 25 giugno 2009) – davanti al Tribunale civile di Catanzaro per l’accertamento dei confini e l’apposizione dei relativi termini.

Risulta infine – ed è ciò che più rileva – che il signor Bu. è stato informato, insieme alla appellante, delle iniziative procedimentali che hanno portato all’adozione dei provvedimenti impugnati in primo grado: il Comune di Catanzaro ha infatti inviato anche al signor Bu. sia la comunicazione in data 28 dicembre 2011 di avvio del “procedimento per un presunto illecito edilizio” (doc. 1 dell’appellante incidentale, depositato nel ricorso in primo grado), sia la comunicazione di avvio del “procedimento relativo alla verifica della legittimità del Titolo Abilitativo in Sanatoria n. 659 del 25-06-2009, in quanto esiste agli atti d’ufficio documentazione probante che le opere per le quali viene richiesto il Titolo Abilitativo Edilizio in Sanatoria, non erano completate alla data del 31-03-2003” (ib., doc. 2).

L’Amministrazione ha evidentemente tenuto conto del contenzioso in atto e ha ritenuto opportuno – per una più completa evidenziazione degli interessi coinvolti – consentire al vicino, e in parte qua comproprietario dell’area oggetto degli interventi abusivi, di prendere parte ad entrambi i procedimenti.

2.d – Le circostanze evidenziate inducono a ritenere che nella specie non possa farsi applicazione dell’orientamento richiamato dalla sentenza impugnata perché la posizione del signor Bu. non può essere assimilata a quella di un “generico vicino di casa”, trattandosi invece di soggetto che lamenta la lesione del suo diritto di proprietà, che ha provveduto a denunciare presunti abusi edilizi realizzati a suo danno e che è stato chiamato ad esser parte dei procedimenti amministrativi conclusi con i provvedimenti impugnati.

Alla specie deve invece ritenersi applicabile l’orientamento che distingue tra la posizione del “generico vicino di casa”, e quella del “vicino che è stato danneggiato dalla esecuzione delle opere edilizie realizzate (…). Non si tratta . . . di un vicino qualunque, ma di un soggetto che ha un interesse qualificato a difendere la propria posizione giuridica di titolare di un diritto di proprietà (…)” (Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2007, n. 2742, concernente, come nella specie, un provvedimento in autotutela relativo ad una concessione edilizia in sanatoria).

Nella medesima prospettiva si è affermato (Cons. St., sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4233) che il vicino assume la veste di controinteressato quando – come nella vicenda all’esame – l’adozione del provvedimento sanzionatorio, recante comunque il nominativo del controinteressato, sia stata “non solo sollecitata da un esposto del vicino medesimo, ma anche preceduta da atto prodromico (comunicazione di avvio di procedimento, a’ sensi dell’art. 7 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241) parimenti comunicante il nominativo del controinteressato predetto, dovendosi comunque distinguere tra la posizione di colui che è titolare di un generico interesse a mantenere efficace il provvedimento impugnato e la posizione di colui che dal provvedimento medesimo viceversa riceve un vantaggio diretto e immediato (nel caso di specie, il ripristino delle distanze d’obbligo tra il proprio edificio e quello dell’attuale appellante), con la conseguente individuazione della posizione obbligatoriamente inclusa nel contraddittorio sia procedimentale che processuale”.

Ancora negli stessi termini si è ritenuto che – a fronte di una “complessa vicenda amministrativa [che] nasce e si interseca a seguito di un contenzioso tra privati in ordine alle distanze tra edifici confinanti”, nella quale i provvedimenti amministrativi che hanno condotto al giudizio sono stati adottati a seguito di denuncia da parte dei confinanti – questi assumano la veste di controinteressati se siano “non solo ben noti, in fatto, ai ricorrenti . . . ma anche menzionati nei provvedimenti impugnati ovvero negli atti dei procedimenti che hanno preceduto i provvedimenti impugnati” (Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2012, n. 3212).

2.e – Le circostanze di fatto che caratterizzano la vicenda in esame – e sopra evidenziate – conducono a ritenere la sussistenza, con riguardo alla posizione del signor Bu., sia dell’elemento “sostanziale” (titolarità di un interesse analogo e contrario alla posizione legittimante del ricorrente), sia dell’elemento “formale” (indicazione nominativa nel provvedimento e partecipazione procedimentale di colui che ne abbia un interesse qualificato alla conservazione) (cfr., Cons. St., sez. IV, n. 4233 del 2011, cit.).

E’ dunque fondata l’eccezione dedotta con l’intervento ad opponendum in primo grado e riproposta con l’appello incidentale con cui si sostiene l’inammissibilità del ricorso di primo grado perché non notificato al controinteressato signor Bu.

E’ del resto principio consolidato che, nel processo amministrativo, la mancata notifica del ricorso ad almeno un controinteressato renda il ricorso inammissibile e che tale vizio sia insuscettibile di sanatoria (per esempio, attraverso la notificazione allo stesso del ricorso per motivi aggiunti ovvero dell’appello avverso la sentenza del giudice di primo grado) (cfr., Cons. St., sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 360).

2.f – Da ultimo, il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per la concessione dell’errore scusabile: alla luce delle richiamate pronunce deve infatti escludersi che – sulla questione affrontata – l’orientamento della giurisprudenza possa essere definito oscillante.

3. – In conclusione, in accoglimento dell’appello incidentale va riformata la sentenza impugnata e va dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.

4. Le spese del doppio grado di giudizio, tenuto conto della complessità della vicenda, possono essere interamente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello (n. 4572 del 2014), come in epigrafe proposto, accoglie l’appello incidentale, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.

Spese integralmente compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 19 maggio 2015 e 16 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini – Presidente

Maurizio Meschino – Consigliere

Carlo Mosca – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Maddalena Filippi – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 16 luglio 2015.

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