Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 5 dicembre 2014, n. 5988

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4944 del 2004, proposto dal Comune di Boffalora sopra Ticino, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma.Vi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi.Gr. in Roma, corso (…);

contro

la S.p.A. Re., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Al.Tr. e Fa.Lo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fa.Lo. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – Milano Sezione II n. 4502 del 2 ottobre 2003, resa tra le parti, concernente contributi di urbanizzazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della S.p.A. Re.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2014 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti l’avvocato Gi.Mo. su delega dell’avvocato Ma.Vi. e l’avvocato Fa.Lo.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con la sentenza n. 4502 del 2 ottobre 2003, accoglieva il ricorso n. 776 del 2002 proposto dalla S.p.A. Re. e condannava il Comune di Boffalora sopra Ticino alla restituzione delle somme versate dalla società in eccedenza a quanto dovuto per contributo di concessione e, quindi, a corrispondere la somma di euro 40.416,45 oltre interessi al saggio legale decorrenti dal 12 marzo 2002 al saldo, con conseguente condanna del Comune al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 1.500,00.

2.- Il Comune di Boffalora sopra Ticino, con ricorso notificato il 12 maggio 2004, ha impugnato la suddetta sentenza n. 4502 del 2003, deducendo error in iudicando alla stregua dei motivi dedotti in primo grado e criticamente riproposti in appello.

Si è costituita in giudizio la S.p.A. Re. che ha chiesto il rigetto dell’appello.

Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza del 14 ottobre 2014, il giudizio è stato trattenuto in decisione.

3.- L’appello è infondato e va respinto.

4.- La società Re., proprietaria di uno stabilimento per la produzione di cartoncino nel territorio del Comune di Boffalora sopra Ticino, a seguito di un incendio che aveva danneggiato gravemente alcune tettoie in ferro utilizzate per il ricovero di carta da macero che costituisce la materia prima per la produzione del cartoncino, per ragioni di sicurezza fu costretta alla demolizione.

Subito dopo la società chiese al Comune l’autorizzazione per la ricostruzione delle stesse tettoie sulla base di un progetto che veniva elaborato in fedele ricostruzione della struttura preesistente, salvi gli accorgimenti previsti dalle norme antincendio e, quindi, conformandosi alle prescrizioni dettate dal competente Comando dei Vigili del Fuoco.

Tali prescrizioni comportavano la scomposizione dell’unico corpo di fabbrica in tre corpi distinti con spazi liberi tra un corpo e l’altro al fine di consentire il transito dei mezzi dei vigili del fuoco, il rispetto di distanze di sicurezza dai fabbricati vicini, la suddivisione interna di ogni corpo di fabbrica in comparti di limitata estensione al fine di evitare la propagazione di eventuali incendi; l’isolamento di ogni comparto e la realizzazione delle strutture portanti in cemento armato prefabbricato.

La ricostruzione, a seguito di questi accorgimenti, pur rispettando il perimetro dell’area di sedime delle originarie tettoie, sviluppò una minore superficie coperta (metri quadrati 4.800 in luogo dei precedenti 7.000 metri quadrati).

Il Comune di Boffalora che autorizzò l’intervento con due concessioni edilizie rispettivamente il 12 luglio e il 2 agosto 2001, chiese il pagamento di euro 80.832,89 per contributi per urbanizzazione primaria e secondaria e per lo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi.

La società versava immediatamente euro 40.416,50 e per la restante parte rilasciava fideiussione ma, ritenendo che nulla fosse dovuto a titolo di contributo, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, chiese la condanna del Comune alla restituzione di quanto indebitamente versato, assumendo che nulla fosse dovuto a titolo di contributo di concessione, per le seguenti ragioni:

a) perché l’intervento in relazione alla sua finalità di ripristino di strutture precedenti danneggiate dall’incendio non comportava alcun incremento di carico urbanistico e pertanto non doveva ritenersi soggetto ad alcun contributo;

b) la tettoia costituiva una pertinenza al servizio dello stabilimento e, quindi, doveva ritenersi assoggettata ad autorizzazione gratuita ai sensi dell’articolo 7 della legge 25 marzo 1982, n. 94;

c) le opere di urbanizzazione primaria al servizio dello stabilimento erano sempre state realizzate direttamente dalla società ricorrente, senza alcun onere per il Comune;

d) il contributo, ove dovuto, avrebbe dovuto essere ridotto al 50 per cento come era stabilito dalla delibera del consiglio comunale di Boffalora n. 2 del 25 febbraio 2000 per gli interventi di ristrutturazione edilizia.

Il Comune di Boffalora contestava in fatto e diritto la prospettazione della società, assumendo che:

a) l’intervento si configurerebbe come una nuova costruzione anche in relazione alla diversità rispetto al manufatto qual era prima dell’incendio;

b) l’articolo 7 della legge n. 94 del 1982 sarebbe inapplicabile, ricadendo l’intervento in zona soggetta a vincolo paesaggistico e, perché la tettoia per le dimensioni non potrebbe essere considerata pertinenza;

c) che l’esecuzione pregressa delle opere di urbanizzazione primaria da parte della società non farebbe venir meno l’obbligo contributivo;

d) non sarebbe applicabile la riduzione al 50 per cento perché l’intervento in questione non integrerebbe una ristrutturazione edilizia, ma una nuova costruzione.

5.- Così precisati i termini della controversia, la sezione ritiene che l’intervento edilizio di cui si discute non integra nuova costruzione ma un intervento di ristrutturazione edilizia.

Invero, in materia edilizia ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, mediante un’edificazione di cui conservi la struttura fisica, sia pure con la sovrapposizione di un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita nel rispetto della sagoma e del volume.

Ai sensi dell’art. 31 comma 1 lett. d) L. 5 agosto 1978 n. 457, il concetto di ristrutturazione edilizia è comprensivo anche della demolizione seguita dalla ricostruzione del manufatto.

Tale concetto è ripreso dall’art. 3 T.U. 6 giugno 2001 n. 380 che prevede due ipotesi di ristrutturazione, quella contemplata dalla prima parte della norma (c.d. intervento conservativo), che può comportare anche l’inserimento di nuovi volumi o modifiche della sagoma, e quella (c.d. intervento ricostruttivo) attuata mediante demolizione e ricostruzione, nel rispetto del volume e della sagoma dell’edificio preesistente.

5.1- Il rispetto della sagoma e del volume, non implica la fedele ricostruzione, ovvero l’identità tra il fabbricato preesistente e il nuovo intervento edilizio.

La legge 5 agosto 1978, n. 457, che disciplina la materia della ristrutturazione edilizia e introduce il concetto di ristrutturazione a mezzo demolizione e ricostruzione, allorquando nella ricostruzione fa riferimento al rispetto della sagoma e del volume del preesistente tende ad evitare che tale modalità possa costituire un espediente per interventi edilizi in contrasto con la disciplina urbanistica sopravvenuta, ovvero interventi edilizi che costituiscano un organismo del tutto nuovo.

Va da sé che non viene meno la fattispecie della ristrutturazione edilizia allorquando la ricostruzione non potrà essere fedele ricostruzione dell’esistente, dovendo la ricostruzione avvenire nel rispetto di nuove tecniche costruttive vincolanti in quanto poste a tutela di interessi generali, quali ad esempio le norme antisismiche o, per quanto qui rileva, le tecniche antincendio.

Ciò per l’appunto è successo nel caso in esame, in cui la modesta variazione della sagoma e la riduzione della volumetria rispetto al preesistente sono state determinate dalla necessità di conformare la ricostruzione della struttura alla normativa antincendio e, quindi, alle prescrizioni imposte dall’autorità competente in materia della prevenzione incendi.

Non ha pregio di conseguenza la prospettazione del Comune che assume la novità della costruzione per il solo fatto che la struttura ricostruita dopo l’incendio è diversa per volumetria (inferiore alla preesistente) e per sagoma, essendo stata divisa in tre corpi la sagoma unitaria originaria, atteso che l’organismo è sempre lo stesso per destinazione e ubicazione.

6.- Peraltro, l’intervento edilizio qui in questione ben potrebbe integrare una pertinenza del fabbricato principale e, in quanto tale, soggetto a concessione gratuita.

Trattasi, infatti, di tettoia a servizio del fabbricato destinato alla produzione del cartoncino, perché funzionale al deposito della carta straccia che costituisce la materia prima per la produzione del cartoncino.

Quanto alle dimensioni della tettoia, esse non devono trarre in errore. Infatti la superficie occupata dalla tettoia pari a metri quadrati 96.720 è solamente il 4% della superficie dell’intero stabilimento e, quindi, perfettamente compatibile con la nozione di pertinenza urbanistica.

In conclusione l’intervento edilizio qui in questione, comunque, non comporta, come rilevato nella sentenza impugnata, un nuovo o maggiore carico urbanistico, sicché non trova ragione la pretesa del Comune del pagamento del contributo di concessione.

L’appello deve essere, pertanto, respinto.

Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità della controversia, per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta – definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Vito Poli – Consigliere

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Doris Durante – Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi – Consigliere

Depositata in Segreteria il 5 dicembre 2014.

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