Lo scopo della previsione di cui all’articolo 40 del cod. proc. amm. (il quale, come è noto, reca puntuali disposizioni in tema di ‘contenuto del ricorsò) è quello di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine ad una prassi in cui i ricorsi oltre ad essere poco sintetici, non contengono una esatta suddivisione tra fatto e motivi, con il conseguente rischio che trovino ingresso i c.d. ‘motivi intrusì, ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto, che, a loro volta, ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminino tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano in un vizio revocatorio
Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 31 ottobre 2016, n. 4561
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 656 del 2016, proposto dalla società Ga. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Lu.- C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Ar. Po. in Roma, via di (…);
contro
Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ga. De. Be. – C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Mi. Ro. in Roma, via (…);
per la riforma della sentenza del T.A.R. delle Marche, Sezione I, n. 458/2015;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Al. Lu. e Ga. De. Be..;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con ricorso proposti dinanzi al T.A.R. delle Marche, recante il n. 335/2014, la società Ga. chiedeva l’annullamento del decreto regionale in data 11 marzo 2014 (in uno con tutti gli atti presupposti, ivi compresi quelli valutativi), con il quale era stata decisa la sua non ammissione al finanziamento presentato nell’ambito dei progetti del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (il progetto presentato dall’odierna appellante riguardava l’attività di Controlli radiografici e riparazioni ad elevata automazione).
L’esclusione dal beneficio era stata disposta per aver conseguito il progetto della società appellante un punteggio (pari a 49 punti su 100) inferiore, seppur di poco, rispetto a quello minimo previsto per l’ammissione ai benefici economici (a tal fine, la lex specialis di gara prevedeva un minimo di 51 punti).
L’adito tribunale con la sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.
Detta sentenza è stata impugnata dalla società Ga., la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi, più analiticamente descritti in parte motiva.
Si è costituita in giudizio la Regione Marche, la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società Ga. s.r.l. avverso la sentenza del T.A.R. delle Marche con cui è stato respinto il ricorso avverso il provvedimento con cui la Regione aveva respinto la richiesta di benefìci finanziari a gravare sul Fondo Sviluppo e Coesione Marche.
2. L’appello (la cui articolazione si pone in contrasto con il principio di sinteticità degli atti processuali di cui all’articolo 3, comma 2 del cod. proc. amm.) è infondato.
3. Va premesso che, ai fini della presente decisione il Collegio si limiterà all’esame dei motivi articolati alle pagine 18 e seguenti del ricorso in epigrafe (i.e.: i motivi di appello espressamente rubricati come tali), mentre non è possibile qualificare come motivi di gravame in senso proprio le notazioni ricostruttive genericamente critiche contenute nel paragrafo 1 (recante Brevi considerazioni critiche introduttive – da pagina 3 a pagina 10 dell’appello -), nel paragrafo 2 (recante Sintesi del thema decidendum posto dal ricorso introduttivo – da pagina 10 a pagina 15 dell’appello -) e nel paragrafo 3 (recante Precisazioni in fatto e svolgimento del processo – da pagina 15 a pagina 18 dell’appello -).
Si osserva al riguardo che, in base a un condiviso orientamento, lo scopo della previsione di cui all’articolo 40 del cod. proc. amm. (il quale, come è noto, reca puntuali disposizioni in tema di contenuto del ricorso) è quello di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine ad una prassi in cui i ricorsi oltre ad essere poco sintetici, non contengono una esatta suddivisione tra fatto e motivi, con il conseguente rischio che trovino ingresso i c.d. motivi intrusi, ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto, che, a loro volta, ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminino tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano in un vizio revocatorio (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, V, 31 marzo 2016, n. 1268; id., VI, 4 gennaio 2016, n. 8).
4. Con il primo motivo di appello, in sintesi, la Ga. lamenta che i primi Giudici abbiano erroneamente respinto il motivo di ricorso con cui la stessa aveva lamentato che, in sede di espressione dei giudizi individuali e di quello collegiale, i membri del comitato di valutazione avessero violato le prescrizioni desumibili dal decreto dirigenziale n. 48/ACF del 5 luglio del 2013 (il quale avrebbe in parte qua recato indicazioni di fatto integrative della lex specialis di gara).
In particolare (e in primo luogo) l’appellante lamenta che i componenti del comitato di valutazione abbiano erroneamente interpretato ed applicato le indicazioni desumibili dall’allegato B al richiamato decreto dirigenziale, il quale impone(va) di abbinare a ciascun indicatore e a ciascun giudizio sintetico (es.: buono) un punteggio in decine intere (ad es.: al giudizio medio per l’indicatore Impatto economico del progetto doveva necessariamente conseguire l’attribuzione di un punteggio pari a 10, mentre il Commissario Ca. – che, pure, aveva espresso un giudizio pari a medio – aveva invece attribuito un punteggio di 8/10, in tal modo influenzando negativamente sia l’esito del proprio giudizio individuale, sia – in via mediata – l’esito del giudizio collegiale). Secondo l’appellante, se la richiamata operazione di abbinamento fra i giudizi verbali e i voti numerici fosse stata svolta correttamente, alla società appellante sarebbe stato attribuito un punteggio di 51/100 (tale da consentire l’erogazione del beneficio economico), invece dell’insufficiente punteggio di 49, in concreto attribuito.
In secondo luogo l’appellante lamenta che in alcuni casi vi sarebbe una irragionevole discrasia (in peius) fra il giudizio verbale – nel complesso lusinghiero – e il voto numerico ingiustificatamente penalizzante (ad es., per ciò che riguarda l’indicatore ‘grado di innovatività’, il Commissario Ma. ha espresso un giudizio sintetico di (medio – 10 pt. -), ma nella valutazione analitica avrebbe incongruamente indicato che “[è] buono il livello di innovatività”).
In terzo luogo l’appellante lamenta che il giudizio sintetico finale operato dal Comitato in seduta plenaria (invece di tradursi nella sintesi ragionata delle opzioni espresse dai singoli commissari) si sarebbe invece risolto in una generica ed immotivata bocciatura del progetto, senza che ne fossero persuasivamente e adeguatamente indicate le ragioni.
4.1. Il motivo nel suo complesso non può essere condiviso.
4.2. Al riguardo il Collegio osserva in primo luogo che le modalità valutative seguite dai singoli commissari e dal Comitato nel suo complesso non sembrano porsi in contrasto con quanto stabilito dalla lex specialis di gara, rappresentata dal decreto direttoriale n. 27 del 2013.
Ed infatti, l’atto in questione, al punto 16.2 dell’allegato A stabiliva che in relazione a ciascun criterio di valutazione fosse attribuito un punteggio massimo, ivi indicato (ad es., in relazione al criterio Validità e fattibilità tecnico-scientifica e gestionale del progetto sarebbe stato attribuito un punteggio “fino a 40 punti”).
Il che rende di per sé chiaro che, ai fini valutativi, il Comitato di valutazione (e per esso ciascuno dei suoi membri) dovesse poter disporre della più piena e adeguata modularità di espressione, evitando automatismi di sorta inidonei a tarare in modo adeguato il punteggio espresso rispetto alle peculiarità di ciascun progetto (il che rappresenta, a ben vedere, l’obiettivo perseguito dalla stessa società appellante).
E ciò sembra destituire di fondamento già in via di principio la tesi dell’appellante secondo cui la stessa amministrazione avesse potuto poi introdurre (con il decreto direttoriale n. 48 del 2013) una sorta di autovincolo (in termini di irrigidimento valutativo) tale da imporre a ciascun membro del Comitato l’obbligo di attenersi all’espressione di voti numerici per decine intere.
Ma anche ad ammettere (il che appare invero arduo) che il decreto direttoriale n. 48 del 2013 avesse davvero imposto un siffatto vincolo, il punto è che tale discrasia potrebbe essere in concreto lamentata dall’appellante non in quanto tale, ma soltanto laddove (sulla base di generali principi riconducibili al canone dell’interesse concreto ed attuale all’impugnativa) fosse dimostrabile che tale discrasia abbia davvero determinato un pregiudizio concreto all’appellante, contribuendo in modo determinante alla sua esclusione dalla gara.
4.2.1. Si osserva in primo luogo al riguardo che la discrasia lamentata dall’appellante non ha operato soltanto (e come sembrerebbe emergere dalla prospettazione del motivo di appello) in malam partem, atteso che in alcuni casi essa ha altresì operato in senso favorevole alla stessa appellante (ad es., per il criterio di valutazione Validità e fattibilità tecnico-scientifica e gestionale del progetto il commissario Ma. ha espresso nei confronti dell’appellante un giudizio sintetico di ‘mediò, al quale ha fatto conseguire un punteggio di 21, laddove, applicando il criterio automatico invocato dalla stessa appellante, avrebbe dovuto attribuire un punteggio di 20. Ed ancora, per il criterio di valutazione Grado di innovatività del progetto lo stesso commissario Ma. ha espresso un giudizio sintetico di medio al quale ha fatto conseguire un punteggio di 13, laddove, applicando il richiamato criterio automatico, avrebbe dovuto attribuire un punteggio di 10);
4.2.2. Si osserva in secondo luogo che, per quanto riguarda l’asserita incongruità (ancora una volta ‘in malam partem’) dei punteggi numerici espressi nei confronti dell’appellante, la stessa si limita soltanto a stigmatizzare gli esempi a sé sfavorevoli, mentre nulla dice di quelli a sé evidentemente favorevoli. Ad esempio, l’appellante richiama all’attenzione del Collegio il caso in cui, per ciò che riguarda l’indicatore “grado di innovatività”, il Commissario Ma. ha espresso un giudizio sintetico di (medio – 10 pt. -), ma nella valutazione analitica avrebbe incongruamente indicato che “[è] buono il livello di innovatività”. Tuttavia, dall’esame complessivo della documentazione in atti emergono anche casi di segno opposto (come nel caso in cui lo stesso Commissario Ma., dopo aver affermato che “la fattibilità finanziaria [del progetto dell’appellante] è confusa”, ha comunque espresso un giudizio di medio per l’indicatore relativo alla sostenibilità finanziaria. Ebbene, riconducendo tali considerazioni all’ambito di operatività del generale canone dell’interesse all’impugnativa, l’appellante non ha fornito elementi persuasivi idonei a ritenere che, laddove l’invocato ‘allineamentò fra giudizi verbali e voti numerici fosse stato in concreto operato in modo integrale, essa ne avrebbe tratto un complessivo beneficio;
4.2.3. Si osserva infine che, anche a voler condividere la tesi dell’appellante (secondo cui il decreto direttoriale n. 48 del 2013 avrebbe imposto al Comitato di valutazione di attribuire un punteggio numerico in termini di decine complete in relazione a ciascun giudizio sintetico), non ne consegue alcuna dirimente conclusione favorevole nel senso auspicato dall’appellante. In particolare, applicando il richiamato (e qui comunque non condiviso) criterio, al progetto dell’appellante sarebbe stato attribuito un punteggio complessivo parziale pari a 51/100 (invece di quello di 49/100 in concreto espresso). Tuttavia, per ammissione della stessa appellante, l’attribuzione delle valutazioni operata individualmente dai singoli Commissari rappresentava soltanto una fase prodromica rispetto all’altra, determinante, costituita dalla complessiva, sintetica e comparata ri-valutazione del progetto in sede collegiale. Ciò significa che, soprattutto per i progetti che (al pari di quello dell’appellante) si attestavano su un valore prossimo a quello minimo, il giudizio sintetico da operare in sede collegiale assumeva un valore del tutto determinante al fine di comportarne la definitiva – e motivata – ammissione al beneficio, ovvero la parimenti definitiva – e parimenti motivata – esclusione. Né può in alcun modo ritenersi che l’espressione da parte dei singoli Commissari di un punteggio attestato sulla stentata sufficienza potesse determinare una sorta di effetto prenotativo circa il buon esito della procedura al termine della fase collegiale. Ebbene, impostando in tal modo i termini della questione, ne emerge la complessiva congruità della valutazione espressa in sede collegiale dal Comitato di valutazione nei confronti del progetto dell’appellante.
In particolare, dagli atti di causa emerge che nella seduta plenaria del 25 ottobre 2013 i (cinque) membri del Comitato di valutazione, dopo aver esaminato i giudizi e le valutazioni espressi singolarmente da ciascuno di essi, hanno formulato un giudizio sintetico e conclusivo di carattere collegiale.
All’esito di tale valutazione collegiale, il Comitato ha espresso in relazione al progetto dell’odierna appellante i seguenti giudizi:
– quanto al criterio A (Validità e fattibilità tecnico-scientifica e gestionale del progetto): punti 20 (su un massimo di 40 attribuibili);
– quanto al criterio B (Impatto economico del progetto): punti 10 (su un massimo di 20 attribuibili);
– quanto al criterio C (Sostenibilità finanziaria del progetto): punti 9 (su un massimo di 20 attribuibili);
– quanto al criterio D (Grado di innovatività): punti 10 (su un massimo di 20 attribuibili).
La Commissione ha altresì supportato l’attribuzione dei punteggi numerici con un’ulteriore e puntuale motivazione, del seguente tenore: “debole la sostenibilità finanziaria, incerta la fattibilità tecnico-scientifica e gestionale del progetto sia perché non risultano chiaramente definiti aspetti fondamentali per la realizzazione stessa del progetto (es.: tipo di sorgente radiante, sito e progettazione del bunker), con conseguente impossibilità di valutare la coerenza delle spese rispetto all’investimento, sia perché essa è in ultima analisi condizionata dall’avvenuto espletamento dell’iter autorizzativo delle sostanze radianti”.
Ad avviso del Collegio, l’espressione del richiamato giudizio – evidentemente negativo – non incorre nei lamentati profili di difetto di istruttoria e di motivazione, avendo il Comitato nella sua composizione collegiale espresso in modo adeguato – e comunque non irragionevole – i profili che inducevano alla definitiva esclusione dal beneficio un progetto che, già nella fase preliminare delle valutazioni individuali, non si era certamente collocato fra quelli migliori e aveva palesato lacune piuttosto evidenti tali da collocarlo nell’intorno fra gli ultimi progetti ammissibili al finanziamento e i primi che ne sarebbero stati esclusi.
Né può essere condivisa la tesi dell’appellante secondo cui la non ammissione al finanziamento sarebbe dipesa da una mera “incertezza” in ordine alla fattibilità tecnico-scientifica e gestionale del progetto (incertezza che si sarebbe potuta superare attraverso un esame più approfondito del progetto ovvero attraverso il riconoscimento di un sostanziale soccorso istruttorio).
Si osserva in primo luogo al riguardo che il giudizio collegiale finale (dinanzi riportato de extenso) faceva conseguire la non ammissione a carenze progettuali ben più gravi, diffuse e complessive, che non quelle riferibili alla sola fattibilità (basti richiamare il troncante giudizio di ‘debolezzà espresso in relazione alla sostenibilità finanziaria).
Si osserva in secondo luogo che il sostanziale richiamo al generale principio del soccorso istruttorio (di cui all’articolo 6 della l. 241 del 1990, peraltro, non espressamente invocato dall’appellante) non può essere operato nelle ipotesi in cui – come nel caso in esame – il suo riconoscimento avrebbe verosimilmente comportato una sostanziale rimodulazione del progetto, con ogni evidente e negativa ricaduta in termini di par condicio fra i vari soggetti interessati e di rispetto della tempistica del complessivo procedimento valutativo.
4.3. Il primo motivo deve quindi essere respinto.
5. Con il secondo motivo di appello la Ga. lamenta in sostanza che i primi giudici abbiano erroneamente respinto il motivo di ricorso con il quale si erano lamentati i profili di difetto di istruttoria e motivazione posti a fondamento del giudizio negativo espresso in relazione al progetto.
Vero è che il giudizio negativo in tal modo espresso si poneva sulla scia di un analogo giudizio negativo già espresso dalla Regione nel luglio del 2013 sul medesimo progetto; tuttavia i primi Giudici avrebbero omesso di valutare i profili di contraddittorietà insiti nel rinnovato giudizio negativo, nonostante l’appellante avesse medio tempore provveduto a dimostrare in modo assai più congruo gli aspetti di positiva valutabilità del progetto.
Alle pagine da 32 a 36 dell’atto di appello, poi, la Ga. esamina specifici aspetti del negativo provvedimento espresso con gli atti impugnati in primo grado e ne contesta partitamente l’erroneità ed incongruità.
5.1. Il motivo nel suo complesso non può essere condiviso.
5.2. Si osserva in primo luogo al riguardo che non emergono in atti i lamentati profili di palese incongruità e irragionevolezza in termini valutativi che, soli, potrebbero indurre il Collegio ad accogliere in parte qua le tesi articolate dalla società appellante.
Si ritiene qui di richiamare il consolidato – e condiviso – orientamento (formatosi nella diversa materia delle gare di appalto, ma le cui conclusioni possono trovare conferma anche nella materia in esame) secondo cui in sede di valutazione delle proposte presentate nell’ambito di procedure selettive, il punteggio numerico espresso sui singoli oggetti di valutazione opera alla stregua di una sufficiente motivazione quando l’apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina della procedura, con i relativi punteggi, è sufficientemente chiaro, analitico e articolato, sì da delimitare adeguatamente il giudizio della Commissione nell’ambito di un minimo e di un massimo, e da rendere con ciò comprensibile l’iter logico seguito in concreto nel valutare i singoli progetti in applicazione di puntuali criteri predeterminati, in tal modo permettendo di controllarne la logicità e la congruità. Ne consegue che solo in difetto di questa condizione si rende necessaria una motivazione dei punteggi numerici (in tal senso -ex multis-: Cons: Stato, V, 20 settembre 2016, n. 3911).
Ebbene, riconducendo i principi appena richiamati alle peculiarità del caso in esame, si ritiene che l’operato del comitato di valutazione (e dei suoi singoli membri) resti esente dalle censure rubricate, se solo si consideri:
– che la valutazione demandata al Comitato di valutazione istituito con decreto n. 48 del 5 luglio 2013 doveva fondarsi (come in effetti si è fondata) su quattro criteri/indicatori di valutazione che erano stati puntualmente e analiticamente predeterminati in apposita griglia di valutazione contenuta nell’articolo 16, paragrafo 2 delle Disposizioni attuative dellalex specialis della procedura di finanziamento.;
– che I criteri/indicatori in questione riguardavano, in particolare:
A) [la] Validità e fattibilità tecnico-scientifica e gestionale del progetto. Il criterio in questione veniva così esplicitato: “[la valutazione avrà ad oggetto la] coerenza tra obiettivi perseguiti e risultati attesi, piano di attività e tempistica di realizzazione, congruenza della struttura di governo dell’organizzazione, dei ruoli e delle responsabilità connesse, delle competenze tecniche e professionali coinvolte, dell’impatto occupazionale generato dal progetto in termini di rapporto tra occupazione creata ed investimento” (peso dell’indicatore: 40/100);
B) [l’]Impatto economico del progetto. Il criterio in questione veniva così esplicitato: “[la valutazione avrà ad oggetto la] analisi del contesto e prospettive del mercato di riferimento, chiara identificazione del prodotto/servizio offerto, del potenziale di vendita e dei potenziali clienti, strategie di marketing e partnership produttive, tecnologiche e commerciali esistenti e che si intendono attivare” (peso dell’indicatore: 20/100);
C) [la] Sostenibilità finanziaria del progetto. Il criterio in questione veniva così esplicitato: “[la valutazione avrà ad oggetto la] ammissibilità degli investimenti in termini di rispondenza e congruità dei costi e dei tempi di realizzazione, congruenza tra finanziamento richiesto e risultati attesi del progetto, congruenza del piano finanziario in termini di voci di costo, apporto di risorse proprie” (peso dell’indicatore: 20/100);
D) [il] Grado di innovatività. Il criterio in questione veniva così esplicitato: “(…) per i progetti di investimento produttivo [esso] costituisce oggetto di valutazione se e [in] quanto l’iniziativa proposta comporta un miglioramento delle prestazioni attraverso l’evoluzione della soluzione esistente o se il progetto implica l’introduzione di un nuovo prodotto per l’azienda, i passaggio ad una soluzione produttiva strutturalmente e sistematicamente diversa rispetto a quella precedente. Per i progetti di sviluppo sperimentale è oggetto di valutazione quanto indicato all’art. 4 delle Disposizioni attuative. Per i progetti inerenti le start up innovative viene valutato se nel periodo di durata del programma di investimento l’impresa sia in grado di sviluppare, produrre e commercializzare prodotti, servizi innovativi ad alto valore tecnologico, ovvero processi produttivi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorati rispetto al settore interessato” (peso dell’indicatore: 20/100);
– che nel verbale della seduta plenaria del 25 ottobre 2013 i (cinque) membri del Comitato di valutazione, dopo aver esaminato i giudizi e le valutazioni espressi singolarmente da ciascuno di essi, hanno formulato un giudizio sintetico e conclusivo di carattere collegiale;
– che all’esito di tale valutazione collegiale, il Comitato ha espresso in relazione al progetto dell’odierna appellante i seguenti giudizi: a) quanto al criterio A (Validità e fattibilità tecnico-scientifica e gestionale del progetto): punti 20 (su un massimo di 40 attribuibili); b) quanto al criterio B (Impatto economico del progetto): punti 10 (su un massimo di 20 attribuibili); c) quanto al criterio C (Sostenibilità finanziaria del progetto): punti 9 (su un massimo di 20 attribuibili); d) quanto al criterio D (Grado di innovatività): punti 10 (su un massimo di 20 attribuibili). La Commissione ha altresì supportato l’attribuzione dei punteggi numerici con un’ulteriore e puntuale motivazione, dinanzi richiamata sub 4.2.3;
– che, in base all’orientamento dinanzi richiamato, la puntuale predeterminazione di specifici criteri (la cui valenza e contenuto venivano puntualmente articolate in sede di lex specialis) avrebbe reso di per sé legittima e sufficiente l’espressione di un mero voto numerico. L’Amministrazione appellata ha tuttavia ritenuto di rafforzare ulteriormente l’apparato motivazionale posto a fondamento delle singole valutazioni richiedendo altresì: i) l’espressione di voti e giudizi sintetici e analitici da parte dei singoli Commissari; ii) l’espressione di un giudizio analitico complessivo finale ad opera del Comitato di valutazione. Il che palesa che la motivazione espressa dagli organismi deputati alla valutazione abbia nel caso in esame superato – e in modo significativo – il quid minimum che sarebbe stato necessario ai sensi del richiamato quanto consolidato orientamento.
5.3. Fermo restando il carattere dirimente ai fini del decidere di quanto appena esposto, il Collegio rileva altresì che neppure i singoli rilievi esposti alle pagine da 31 a 36 dell’atto di appello risultano in grado di inficiare la complessiva correttezza delle valutazioni espresse dal Comitato.
Dal punto di vista generale si osserva al riguardo che, quand’anche l’appellante riuscisse a dimostrare la complessiva non attendibilità del giudizio generalmente negativo espresso sul progetto, ciò non varrebbe di per sé a dimostrare la non correttezza della valutazione in tal modo complessivamente espressa.
In particolare, talune delle troncanti ragioni poste a fondamento del giudizio negativo espresso dal Comitato risulterebbero ex se preclusive a un favorevole esame dell’iniziativa.
5.3.1. Ci si riferisce in particolare al giudizio di “debolezza” espresso in ordine alla sostenibilità finanziaria del progetto.
Il giudizio in questione non può ritenersi superato in ragione della sola esposizione, in sede di progetto, di un fatturato atteso per i primi tre anni di esercizio pari – rispettivamente – a 300mila, 400mila e 500mila euro.
Manca infatti nella documentazione prodotta dall’appellante l’allegazione di concreti elementi tali da far ritenere l’effettiva attendibilità di tali ricavi attesi, così come le fonti di tale convincimento.
5.3.2. A conclusioni non dissimili si giunge per ciò che riguarda il giudizio negativo relativo alla non chiara definizione di aspetti fondamentali per la realizzazione del progetto, come quelli relativi alla precisa indicazione del tipo di sorgente radiante su cui si sarebbe basato l’impianto nel suo complesso.
L’appellante è tornata nella presente sede ad osservare di aver bensì indicato in sede progettuale la propria opzione per un mix di macchine radiogene e isotopi radioattivi.
Ma il punto è che dall’esame della documentazione in atti emerge come l’appellante avesse indicato la tipologia di macchinari e di tecnologie da utilizzare in termini sostanzialmente dubitativi e probabilistici (“per coprire l’intero range di spessori da radiografare si possono scegliere [macchine radiogene e isotopi radioattivi]”), senza che fossero indicati con un adeguato livello di dettaglio i termini concreti dell’opzione proposta.
5.3.3. Ed ancora, a conclusioni del tutto analoghe si perviene in relazione al punto in cui la valutazione negativa viene espressa in relazione alla non chiara indicazione in sede di progetto del sito e della progettazione del bunker.
Al riguardo ci si limita ad osservare che, ancora in sede di appello, la Ga. non ha fornito alcuna indicazione puntuale in ordine a un dato del tutto centrale ai fini dell’esame in concreto del progetto, quale l’indicazione del sito in cui sarebbe stato installato il bunker.
Si tratta ancora una volta di una carenza progettuale e documentale talmente rilevante da determinare (al di là del valore ponderale specifico attribuito in sede di valutazione) la non positiva valutazione del progetto nel suo complesso.
E del resto, la stessa appellante sembrava consapevole che si trattasse di un progetto del quale non era affatto pacifica la concreta realizzabilità laddove riconosce(va) che “le uniche criticità sono riconducibili all’iter autorizzativo da parte degli enti preposti: l’ottenimento delle autorizzazioni al possesso ed utilizzo di sorgenti ionizzanti può essere lungo ed, a volte, complesso”.
5.4. Anche per tale ragione il secondo motivo di appello deve essere respinto.
6. Con il terzo motivo di appello (articolato in via subordinata rispetto al mancato accoglimento dei primi due), la Ga. lamenta il mancato accoglimento del motivo con cui si era censurata sotto diversi profili la composizione del Comitato di valutazione che, nella tesi dell’appellante, non avrebbe presentato professionalità adeguate alla valutazione, sotto il profilo tecnico-scientifico, di un progetto di estrema complessità quale quello dell’appellante.
6.1. Il motivo nel suo complesso non può trovare accoglimento.
6.2. Si osserva in primo luogo al riguardo che la Regione Marche, avvalendosi di una facoltà normativamente riconosciuta, ha nominato all’interno del Comitato due membri esterni iscritti nell’elenco degli esperti in ricerca, sviluppo, innovazione e trasferimento tecnologico selezionati ai sensi della delibera di Giunta regionale n. 940 del 2013.
La presenza dei richiamati esperti all’interno del Comitato di valutazione consentiva di esprimere un giudizio adeguatamente ponderato circa gli aspetti economici, finanziari ed occupazionali del progetto asseverandone in modo adeguato la complessiva fattibilità.
Si osserva ancora al riguardo che le lacune congruamente e motivatamente individuate dal Comitato attenevano aspetti del progetto che non necessitavano, per il relativo esame, una competenza specialistica in tema di indagini radiologiche, soffermandosi piuttosto – e, si ripete, in modo congruo e motivato – su aspetti dirimenti quale quello relativo alla sostenibilità finanziaria, alla fattibilità concreta del progetto e alla sua localizzazione geografica.
Ed ancora, si osserva che non può in alcun modo essere condivisa la tesi proposta dall’appellante a pagina 40 del ricorso, laddove si afferma che una corretta impostazione del ruolo e delle funzioni del Comitato avrebbe imposto “una differente graduazione dei punteggi a disposizione dei singoli membri in ragione dell’apporto tecnico fornito dagli stessi”. Al riguardo ci si limita ad osservare che una siffatta opzione per forme di ‘voto disugualé, oltre a non emergere dall’esame della normativa di riferimento, neppure sembrerebbe giustificabile alla luce del carattere differenziato delle competenze specialistiche necessarie al corretto esame dei progetti (il che sembra ostare in radice a un’impostazione volta a riconoscere valore ontologicamente preminente a talune competenze professionali rispetto ad altre).
7. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene tuttavia che sussistano giuste ed eccezionali ragioni che inducono all’integrale compensazione delle spese fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
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