Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 30 giugno 2017, n. 3188

Nel giudizio amministrativo il subentro di un ente pubblico ad un altro ente pubblico non costituisce, in linea di principio, causa d’interruzione del processo, dando luogo piuttosto ad un fenomeno di successione nel rapporto processuale atteso che, in situazioni corrispondenti a riassetti di apparati organizzativi necessari della Pubblica amministrazione, quale è l’apparato che vede coinvolta in via diretta l’attuazione dei principi del buon andamento e dell’imparzialità della stessa di cui all’art. 97, Cost., viene in rilievo non una successione a titolo universale nel senso proprio del termine, ma una successione nel munus; in altri termini, in tali ipotesi si realizza un fenomeno di natura pubblicistica che si sostanzia nel passaggio di attribuzioni fra Amministrazioni pubbliche, con trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche sia dei rapporti amministrativi pendenti, ma senza una vera soluzione di continuità, quanto e piuttosto con una successione nel munus come già precisato, contraddistinta da una stretta linea di continuità tra l’ente che si estingue e l’ente che subentra senza, quindi, maturazione dei presupposti per aversi l’evento interruttivo alla stregua delle disposizioni codicistiche

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 30 giugno 2017, n. 3188

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2621 del 2013, proposto da:

So. Mo. Ge. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Lo. Vi., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

contro

Società Ir. Di. Ga. – S.I. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Te. e Gi. De Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. Te. in Roma, via (…);

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Pi., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Gi. in Roma, c.so (…);

So. Sa En. e Di. Spa, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZIONE STACCATA DI SALERNO, SEZIONE II n. 328/2013, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio pubblico di distribuzione di gas naturale;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della S.I. Spa e del Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Daniele Ravenna e uditi per le parti gli avvocati Da. Gi., su delega dell’avv. Vi., e Gi. De Sa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.Il Comune di (omissis) nel 2010 ha bandito una gara per l’affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale, aggiudicandola definitivamente nel 2012 a Sa. En. e Di. S.p.A..

Detta aggiudicazione è stata impugnata innanzi al TAR per la Campania, sezione staccata di Salerno, da Mo. Ge. s.r.l., seconda graduata (ricorso 1865/2012), e dalla S.I. S.p.A., terza graduata (ricorso 1866/2012).

2. Emerge dalla lettura degli atti di causa che l’adito tribunale, con la sentenza n. 2170/2013 (peraltro non impugnata e passata in giudicato) ha accolto il ricorso proposto da Mo. Ge. s.r.l. (ricorso 1865/2012) ed ha annullato l’impugnata aggiudicazione.

3. Con la sentenza segnata in epigrafe (n. 328 del 1° febbraio 2013) è stato accolto anche l’appello proposto da S.I. S.p.A., in quanto i plichi contenenti le offerte tecniche erano stati aperti in seduta non pubblica.

4. Di tale ultima sentenza ha chiesto la riforma Mo. Ge. s.r.l., deducendone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua dei seguenti tre motivi di censura: I. “Error in iudicando: violazione ed erronea applicazione di legge (art. 120 Reg. 207/2010, nel testo novellato dall’art. 12, l. 94/2012)”; II. “Error in iudicando – Violazione ed erronea applicazione di legge: art. 120 e 283 Reg. 207/2010, in relazione al punto 1, pag. 9, della lettera di invito”; III. “Error in iudicando – violazione ed erronea applicazione degli artt. 60 e 70 c.p.a. in violazione agli artt. 39 c.p.a., 112 e 277 c.p.c. – violazione del principio dell’ordo quaestionum”.

5. Il Comune di (omissis) si è costituito ad adiuvandum, sottolineando che l’apertura delle buste in seduta riservata era avvenuta nell’ottobre 2011.

6. Si è costituita in giudizio anche S.I. S.p.A. con atto da valere, se del caso, come appello incidentale, riproponendo ai sensi dell’art. 101, comma 2, cpa, i motivi di ricorso proposti in primo grado e dichiarati assorbiti dal TAR.

7. Con ordinanza n. 1872 del 22 maggio 2013 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare dell’appellante Mo. Ge. s.r.l., così motivando: “Considerato in fatto che l’appellante Mo. Ge. s.r.l. ha proposto separato ricorso allo stato pendente davanti al TAR per l’annullamento dell’aggiudicazione della gara di cui trattasi alla Sa. En. Di. S.p.A. (ricorso incardinato al TAR Campania, sezione staccata di Salerno con il n. 1865/2012); Ritenuto che lo sviluppo del giudizio in separati ricorsi non pregiudica l’unitarietà sostanziale della controversia e l’interesse dell’appellante Mo. Ge., seconda graduata nella gara in questione, all’impugnazione della sentenza del TAR resa su ricorso parallelo proposto dall’appellata S.I. S.p.A., atteso l’effetto demolitorio dell’intera procedura di gara conseguito alla sentenza appellata; Ritenuto in particolare che appare meritevole di tutela cautelare l’interesse azionato dalla Mo. Ge. in relazione al conseguimento di una sollecita fissazione da parte del TAR del ricorso da essa proposto per l’annullamento dell’aggiudicazione della gara alla Sa. En. Di. S.p.A. (ricorso incardinato al TAR Campania, sezione staccata di Salerno con il n. 1865/2012) e del soddisfacimento dell’interesse sostanziale in quella sede fatto valere;

Ritenuto, quanto al fumus, che l’istanza cautelare è suscettibile di positivo apprezzamento in quanto la statuizione del giudice di primo grado, incentrata sull’ambito applicativo della disciplina transitoria dettata dall’art. 12 del d. l. n. 52 del 2012 come modificato con la legge di conversione n. 94 del 6 luglio 2012, è stata contraddetta dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 22 aprile 2013″.

8. Nell’imminenza dell’udienza di discussione le parti hanno depositato documenti ed illustrato le proprie tesi difensive.

9. All’udienza pubblica del del 27 aprile 2017, dopo la rituale discussione, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

10.Occorre innanzi respingere la tesi di S.I. secondo cui andrebbe integrato il contraddittorio nei confronti del neo-istituito Comune di (omissis), giacché, pur nel silenzio della legge regionale che ha disposto la fusione dei due Comuni di (omissis) e Inferiore, non può sussistere dubbio alcuno circa la piena successione del nuovo Comune in tutti i rapporti, sostanziali e processuali, facenti capo ai preesistenti Comuni.

In tali sensi è peraltro orientata la giurisprudenza prevalente (in termini Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2015, n. 2354), secondo cui “Nel giudizio amministrativo il subentro di un ente pubblico ad un altro ente pubblico non costituisce, in linea di principio, causa d’interruzione del processo, dando luogo piuttosto ad un fenomeno di successione nel rapporto processuale atteso che, in situazioni corrispondenti a riassetti di apparati organizzativi necessari della Pubblica amministrazione, quale è l’apparato che vede coinvolta in via diretta l’attuazione dei principi del buon andamento e dell’imparzialità della stessa di cui all’art. 97, Cost., viene in rilievo non una successione a titolo universale nel senso proprio del termine, ma una successione nel munus; in altri termini, in tali ipotesi si realizza un fenomeno di natura pubblicistica che si sostanzia nel passaggio di attribuzioni fra Amministrazioni pubbliche, con trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche sia dei rapporti amministrativi pendenti, ma senza una vera soluzione di continuità, quanto e piuttosto con una successione nel munus come già precisato, contraddistinta da una stretta linea di continuità tra l’ente che si estingue e l’ente che subentra senza, quindi, maturazione dei presupposti per aversi l’evento interruttivo alla stregua delle disposizioni codicistiche”.

11. Non può poi negarsi che persista tuttora l’interesse alla decisione della presente controversia, pur alla luce del giudicato discendente dalla evocata sentenza del Tar Campania, sezione di Salerno n. 2170 del 2013 (peraltro adottata in esito a un procedimento del quale S.I. S.p.A. non è stata parte) e all’ottemperanza datavi dall’Amministrazione: l’aggiudicazione del servizio ottenuta da Mo. Ge. s.r.l. è stata infatti impugnata da S.I. con ulteriore autonomo ricorso pendente in primo grado e S.I. che, come accennato, non è stata parte del giudizio conclusosi con la sentenza n. 2170 del 2013, conserva intatto il suo interesse alla conferma della sentenza oggetto del presente giudizio, sentenza che le attribuisce la possibilità di partecipare alla rinnovazione della gara.

12. Priorità logica impone di esaminare innanzitutto l’appello principale proposto da Mo. Ge. s.r.l..

12.1. Con il primo motivo, lamentando “Error in iudicando: violazione ed erronea applicazione di legge (art. 120 Reg. 207/2010, nel testo novellato dall’art. 12, l. 94/2012”, Mo. Ge. s.r.l. ha in sintesi sostenuto l’erroneità della sentenza impugnata sul presupposto che la gara non poteva essere annullata per la violazione del principio della necessaria apertura dei plichi contenenti le offerte in seduta pubblica, dal momento che tale principio riguardava solo le gare successive al 9 maggio 2012.

L’assunto è fondato.

E’ pacifico che nel caso di specie i plichi contenenti le offerte sono stati aperti ad ottobre del 2011, prima cioè della data del 9 maggio 2012: orbene l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha precisato che “L’art. 12, d.l. 7 maggio 2012, n. 52, convertito dalla l. 6 luglio 2012, n. 94, non ha portata ricognitiva del principio affermato con la pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 13 del 28 luglio 2011, ma ha la specifica funzione transitoria di salvaguardare gli effetti delle procedure concluse o pendenti alla data del 9 maggio 2012, nelle quali si è proceduto all’apertura dei plichi in seduta riservata, recando in sostanza, per questo aspetto, una sanatoria di tali procedure; di conseguenza, nel caso di procedimento di gara conclusosi prima dell’entrata in vigore dell’art. 12, d.l. n. 52 del 2012, è legittima l’apertura delle buste delle offerte tecniche in seduta non pubblica, effettuata in conformità con la previsione del disciplinare di gara” (27 giugno 2013, n. 6).

Dando continuità a tale indirizzo è stato poi affermato che “L’art. 12 d.l. 7 maggio 2012 n. 52 (“Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica”), conv. nella l. 6 luglio 2012 n. 94, ha innovativamente previsto l’obbligo della commissione di gara di aprire in seduta pubblica i plichi contenenti le offerte tecniche, mentre, per le procedure concluse o pendenti alla data del 9 maggio 2012, ha previsto la sanatoria del vizio per il caso in cui i medesimi plichi siano stati aperti in seduta riservata, di guisa che l’obbligo della seduta pubblica per la fase di apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche va ritenuto sussistente solo per le gare indette dopo l’entrata in vigore della citata disposizione” (Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5608).

12.2. Alla fondatezza del primo motivo di gravame, consegue l’assorbimento degli altri due motivi di gravame e l’accoglimento dell’appello.

13. Devono essere esaminati i motivi spiegati da S.I. S.p.A. con il ricorso di primo grado, non esaminati in primo grado per assorbimento, ma espressamente riproposti nel presente grado giudizio, anche quali motivi di appello incidentale.

13.1. Al riguardo occorre innanzitutto rilevare che, come del resto si ricava dalla lettura delle memorie difensive dell’appellante incidentale, non vi è interesse all’esame dei primi due motivi che riguardano la asserita illegittima ammissione alla gara di Sa. En. Di.: ciò in quanto, per effetto della sentenza n. 2170 del 2013 del TAR Campania, non impugnata, è stato definitivamente accertato che la predetta società avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara. Ad eguale conclusione deve giungersi anche quanto al quinto motivo (con la precisazione che nell’atto di riproposizione dei motivi assorbiti non figura alcun motivo numerato IV) ed al decimo motivo, che entrambi riguardano la società Sa. En. Di. (l’uno relativo alla verifica di anomalia dell’offerta di quella società e l’altro concernente la dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato proprio con la predetta società Sa. En. Di.).

13.2. Con il terzo motivo S.I. S.p.A. sostiene che Mo. Ge. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per non aver presentato le dichiarazioni relative al possesso dei requisiti di capacità economica finanziaria e tecnica, per aver fatto ricorso all’avvalimento senza depositare la documentazione necessaria (dichiarazione dell’ausiliaria circa il possesso dei requisiti generali e di quelli specifici, circa la messa a disposizione delle risorse necessaria, circa la non partecipazione dell’ausiliaria alla stessa gara) ed ancora per non aver prodotto la dichiarazione circa il possesso dei requisiti di idoneità morale da parte del socio di maggioranza, trattandosi di una società con meno di quattro soci.

Al riguardo a fronte della assoluta genericità delle censure formulate, deve rilevarsi che Mo. Ge. ha dimostrato in maniera convincente di aver a suo tempo esibito le dichiarazioni prescritte dal punto I.1.6 della lettera di invito, con riferimento all’art. 49 del codice degli appalti, mentre, quanto alla dichiarazione del possesso dei requisiti di idoneità morale del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, è da sottolinearsi l’obbligo di tale dichiarazione è stato introdotto nell’art. 38, comma 1, lettera b), del codice degli appalti solo dall’art. 4, comma 2, lettera b) del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, dopo cioè la scadenza del termine per la presentazione delle offerte nella gara de qua.

E’ da aggiungere che tali puntuali e circostanziate difese di Mo. Ge. s.r.l. non hanno trovato alcuna contestazione.

Il motivo deve essere respinto.

13.3. Ad identiche conclusioni deve giungersi anche in ordine al sesto motivo di gravame. La Sezione osserva innanzitutto che la scelta – contenuta nella lex specialis – della previsione dell’attribuzione di un determinato punteggio alle singole parti di cui si compone un’offerta tecnica, così come la concreta attribuzione da parte della commissione di gara dei punteggi ai singoli elementi dell’offerta indicati nella lex specialis, costituiscono espressione della discrezionalità di cui è titolare l’amministrazione per il concreto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico affidato alle sue cure ed impingono nel merito dell’azione amministrativa: come tali sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva la loro manifesta illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti, di cui nel caso di specie non è stato fornito neppure alcun elemento indiziante.

E’ da aggiungere che la lex specialis della gara disciplinava puntualmente i pesi e sub pesi da attribuire ai singoli elementi dell’offerta tecnica da valutare e che, diversamente da quanto genericamente e suggestivamente dedotto col motivo in trattazione, non risulta esservi stata da parte della commissione di gara alcuna inammissibile modifica, integrazione o innovazione della disciplina di gara circa la valutazione delle offerte tecniche.

13.4. Non merita favorevole considerazione il motivo di censura concernente la dedotta violazione del principio di concentrazione e continuità delle sedute di gara: al riguardo è sufficiente osservare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi, i principi di concentrazione e continuità delle operazioni di gara sono solo tendenziali e sono suscettibili di deroga in presenza di ragioni oggettive, tra le quali rientra l’ipotesi di complessità delle operazioni di valutazione delle offerte (Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257; sez. III, 6 febbraio 2015, n. 619; 23 luglio 2015, n. 3649; 17 dicembre 2015, n. 5702).

Ciò senza contare che in ogni caso la rilevanza della loro violazione postula la indicazione concreta di elementi indizianti sul fatto che lo svolgersi della gara in numerose sedute abbia ingenerato anomalie, irregolarità o violazioni della par condicio da parte della commissione giudicatrice, elementi di cui non è stato fornito alcun elemento probatorio nel caso in esame; tanto più che la durata del procedimento della gara in questione è stato determinato proprio dal ricorso giurisdizionale proposta da S.I., deciso dal TAR Campania con sentenza n. 1544 del 30 luglio 2012 (confermata in appello con la sentenza n. 5419 del 2013).

13.5. E’ da respingere anche la censura contenuta nell’ottavo motivo, non potendo dubitarsi della legittimità di una clausola che, lungi dallo stabilire una atipica causa di esclusione dalla gara, si limita ad ammettere, per evidente ragionevoli esigenze di speditezza e semplificazione dell’attività di valutazione delle offerte, la facoltà dei concorrenti di produrre una sintetica relazione tecnica illustrativa dell’offerta presentata, indicandone la lunghezza massima (otto facciate), con la precisazione che le facciate eccedenti tale lunghezza non sarebbero state prese in considerazione ai fini della valutazione dell’offerta.

E’ da aggiungere poi che la tesi poi della omessa valutazione del computo metrico estimativo (dell’offerta) per il superamento della lunghezza massima consentita della relazione costituisce una mera affermazione non supportata da alcun elemento probatorio, atteso che dall’esame dei verbali di gara non si evince né tale pretesa omissione, né alcuna omessa valutazione degli elementi dell’offerta riconducibile a tale pretesa omissione; ciò senza contare che la ricorrente non ha neppure indicato in che modo tale pretesa omissione avrebbe decisivamente influenzato la valutazione della propria offerta.

13.6. E’ conseguentemente da respingere anche il nono motivo imperniato sull’illegittimità derivata del rigetto implicito del preavviso di ricorso.

13.7. A tanto consegue anche l’infondatezza di qualsiasi domanda risarcitoria avanzata.

14. In definitiva l’appello proposto dalla Mo. Ge. deve essere accolto, mentre devono essere respinti i motivi del ricorso di primo grado proposto da S.I. S.P.A., assorbiti dalla sentenza impugnata e riproposti in appello. Per l’effetto la sentenza impugnata deve essere riformata e deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate per la peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado da S.I. S.p.A..

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli – Presidente

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

Stefano Fantini – Consigliere

Daniele Ravenna – Consigliere, Estensore

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