Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza  24 luglio 2014, n. 3952

Fatto e diritto

1.- A seguito di accertamento dei tecnici dell’Ufficio controllo edilizio del Comune di Piove di Sacco è stata rilavata la realizzazione, da parte dei signori Adriano Benettello e Maria Boaretto, di un manufatto di circa mq. 33 realizzato, in assenza di concessione edilizia, sulla loro proprietà, ad uso garage con struttura in lamiera e montato su ruote non portanti.
Il dirigente del VI Settore – Edilizia privata- Controllo edilizio ha quindi adottato la ordinanza n. 74 del 16. marzo 1998, di ripristino dello stato dei luoghi, con cui è stata ordinata la rimozione del manufatto perché realizzato in assenza di concessione edilizia, prevista dall’art. 4, punto a), del Regolamento Edilizio comunale, e senza rispettare le distanze minime dai confini ai sensi dell’art. 24 delle vigenti N.T.A..
2.- I suddetti proprietari hanno proposto il ricorso giurisdizionale n. 1457 del 1998 per l’annullamento di detto provvedimento presso il T.A.R. Veneto, che lo ha accolto con la sentenza in epigrafe indicata.
3.- La sentenza è stata appellata dal Comune di Piove di Sacco per i seguenti motivi:
A) Inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per mancata notifica ad almeno un controinteressato.
In primo grado era stata formulata, nel corso della udienza pubblica di trattazione del merito, la eccezione in epigrafe, peraltro rilevabile anche d’ufficio, in quanto il ricorso non risultava essere stato notificato anche al controinteressato, facilmente individuabile nel proprietario del lotto adiacente, che, in forza delle regole civilistiche sulle distanze tra edifici, a seguito della costruzione dell’opera de qua in violazione delle distanze dai confini sarebbe tenuto ad arretrare una propria costruzione o rinunciare ad ampliamento; la riduzione delle capacità edificatorie del terreno del confinante gli ha quindi arrecato un danno e gli ha attribuito una posizione giuridica antitetica rispetto a quella degli indicati ricorrenti, sicché egli è da considerare litisconsorte necessario cui il ricorso introduttivo del giudizio avrebbe dovuto essere notificato a pena di inammissibilità.
B) Il garage, realizzato in violazione delle distanze dai confini, non era, come sostenuto dagli originari ricorrenti e come erroneamente ritenuto dal primo giudice, una pertinenza non autonomamente realizzabile e, ai sensi dell’art. 76, punto 1, lettera a) della l.r. del Veneto n. 61 del 1985, soggetta solo ad autorizzazione e quindi sanzionabile ex art. 94 della stessa legge.
C) Il Giudice di primo grado non ha valutato la circostanza che contraddittoriamente i ricorrenti hanno affermato che il manufatto in questione era da considerare una pertinenza destinata in modo durevole al servizio dell’opera principale e contemporaneamente che era destinato a soddisfare esigenze temporanee, pur essendo esso stabilmente ancorato all’immobile e destinato a stabile destinazione.
4.- Con l’ordinanza 25 febbraio 2003, n. 677, la Sezione ha respinto la istanza di adozione di misure cautelari.
5.- Con ordinanza 15 aprile 2003, n. 1461 la Sezione ha dichiarato inammissibile l’istanza di riesame della precedente ordinanza.
6.- Con memoria depositata il 9 dicembre 2013, il Comune appellante ha ribadito le proprie tesi e richieste.
7.- Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2014, il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
8.- Rileva in primo luogo la Sezione che la fondatezza nel merito dell’appello consente di prescindere dalla disamina della eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per mancata notifica ad almeno un controinteressato, che il Comune di Piove di Sacco ha inteso “ribadire” in appello.
8.- Va osservato preliminarmente che con la impugnata sentenza il T.A.R. ha accolto il ricorso dei signori Adriano Benettello e Maria Boaretto contro l’ordine di demolizione del manufatto di circa mq. 33 realizzato, in assenza di concessione edilizia, sulla loro proprietà, ad uso garage con struttura in lamiera e montato su ruote non portanti, nell’assunto che, pur essendo condivisibili le considerazioni del Comune sulla natura non precaria del manufatto, tuttavia, rilevate le sue dimensioni in rapporto a quelle dell’edificio principale, esso era inquadrabile come opera pertinenziale ex art. 76 della l.r. del Veneto n. 61 del 1985 (avendo una cubatura non superiore ad un terzo di quelle dell’edificio principale), limitrofo all’opera principale e destinato durevolmente al suo servizio, quindi soggetto non a concessione edilizia, ma a regime autorizzatorio, con diverso regime sanzionatorio.
9.- Al riguardo, con il secondo motivo di appello, il Comune ha dedotto che il garage in questione, costruito in violazione delle distanze dai confini, non può essere considerato, contrariamente a quanto dedotto dagli originari ricorrenti, come pertinenza non autonomamente realizzabile e quindi, ai sensi dell’art. 76, punto 1, lettera a) della l.r. del Veneto n. 61 del 1985, sarebbe soggetta solo ad autorizzazione e sanzionabile ex art. 94 della stessa legge.
Infatti, posto che ha natura di pertinenza, soggetta ad autorizzazione edilizia ex art. 7 della l. n. 94/1982, l’opera che, pur conservando una propria individualità ed autonomia, è posta in durevole e funzionale rapporto di subordinazione con altra preesistente, per rendere più agevole l’uso o aumentarne il decoro, il manufatto di cui trattasi non si potrebbe considerare tale e sarebbe, invece, soggetto ratione temporis al regime delle concessioni edilizie, perché di nuova costruzione ed inserito in un contesto residenziale già definito, destinato a rimessa per auto e suscettibile di autonomi atti di disposizione, nonché valutabile autonomamente in termini di cubatura, non precario e con autonomo valore di mercato.
10.- Va rilevato in proposito che l’art. 7, comma 2, lettera a), del d.l. n. 9 del 1982, conv. in l. n. 94 del 1982, all’epoca vigente, stabiliva che erano “soggette ad autorizzazione gratuita, purché conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti, e non sottoposte ai vincoli previsti dalle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497: a) le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti…”.
A sua volta l’art. 76, comma 1, lettera a), della l.r. Veneto n. 61 del 1985 stabiliva che “L’esecuzione degli interventi di trasformazione urbanistica e/o edilizia degli immobili è soggetta al rilascio di: 1) un’ autorizzazione gratuita per: a) le opere, costituenti pertinenze non autonomamente utilizzabili o impianti tecnologici per edifici già esistenti, la cui cubatura non superi comunque un terzo di quella dell’edificio principale…”.
E stata quindi introdotta dalla legge regionale un ulteriore presupposto per la qualificazione di un manufatto come pertinenza, atteso che esso, oltre che non essere autonomamente utilizzabile ovvero costituire un impianto tecnologico al servizio di manufatti già realizzati, comunque non può essere considerato tale nell’ipotesi in cui la sua cubatura superi di un terzo quella dell’edificio principale.
La tesi fatta propria dal T.A.R., secondo il quale l’opera in questione andrebbe considerabile come pertinenza in quanto aveva una cubatura non superiore ad un terzo di quella dell’edificio principale, era limitrofa all’opera principale e destinata durevolmente al suo servizio, è ad avviso del Collegio erronea, come dedotto dal Comune appellante.
Il criterio del mancato superamento di un terzo della volumetria rispetto a quella dell’edificio principale va considerato aggiuntivo rispetto ai criteri fissati dalla legge statale.
Contrariamente a quanto rilevato dal TAR, nella specie rileva il fatto che il manufatto in questione, per le sue caratteristiche, non presenta le caratteristiche che la giurisprudenza ha precisato per qualificare un manufatto come pertinenza edilizia.
Nella materia edilizia, la nozione di pertinenza ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica.
Si deve infatti trattare di un’opera preordinata ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato e dotata di un volume minimo; inoltre la nozione di pertinenza, rilevante ai fini dell’autorizzazione, deve essere interpretata in modo compatibile con i principi della materia, di talché non è, quindi, possibile consentire la realizzazione di opere di rilevante consistenza solo perché destinate, dal proprietario, al servizio ed ornamento del bene principale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1953).
La qualifica di pertinenza urbanistica è quindi applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica (Cons. St., Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615).
Nel condividere tali orientamenti, il Collegio ritiene di precisare che nell’ordinamento statale vi è il principio generale per il quale – per ogni nuova volumetria – occorreva ratione temporis il rilascio della concessione edilizia così come ora occorre il rilascio del permesso di costruire (o del titolo avente efficacia equivalente), quando di tratti di una ‘nuova costruzione’.
Manca la natura pertinenziale – ai fini edilizi – quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio.
A tali fini, la natura pertinenziale è ravvisabile solo quando si tratti di opere che:
– non comportino un nuovo volume, come una tettoia o un porticato aperto da tre lati;
– comportino un nuovo e modesto volume ‘tecnico’ (così come definito ai fini urbanistici, fermo restando che anche i volumi tecnici, per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, mantengono rilievo ai fini paesaggistici, dovendosi essi considerare ai fini dell’applicazione del divieto di rilascio di autorizzazioni in sanatoria, ai sensi dell’art. 167, comma 4, del Codice n. 42 del 2004: cfr. Sez. VI, 26 marzo 2013, n. 1671; Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3578);
– siano in ogni caso sfornite di un ‘autonomo valore di mercato’ e non comportino alcun consumo di suolo o carico urbanistico (Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1953; Cons. St., Sez. V, 31 dicembre 2008, n. 6756; Sez. V, 13 giugno 2006, n. 3490).
In conclusione può ritenersi che non costituisca pertinenza un garage, comportante nuova volumetria, costruito a ridosso di una abitazione, qualsiasi siano le sue modalità di realizzazione.
11.- Le considerazioni che precedono comportano la fondatezza dell’appello, la conseguente riforma dell’impugnata sentenza e la reiezione del ricorso di primo grado, stante la infondatezza dell’unico motivo posto a base dell’originario ricorso. Restano assorbite le ulteriori censure formulate dal Comune con l’atto introduttivo del giudizio di secondo grado.
12.- L’appello deve essere conclusivamente accolto e per l’effetto, in riforma della prima decisione, va respinto il ricorso introduttivo del giudizio n. 1457 del 1998.
13.- Le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidati come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, accoglie l’appello in esame n. 971 del 2003 e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso originario proposto dinanzi al T.A.R. n. 1457 del 1998.
Pone in solido a carico degli appellati signori Benettello Adriano e Boaretto Maria , con ripartizione interna in parti uguali, le spese e gli onorari del doppio grado, liquidate a favore del Comune di Piove di Sacco nella complessiva misura di € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre ai dovuti accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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