Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 16 marzo 2016, n. 1063

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8760 del 2015, proposto da:

Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia, in nome del presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Et. Vo. ed altri, con domicilio eletto presso Regione Friuli Venezia G. Ufficio Rappresentanza in Roma, piazza (…);

contro

Ex. Spa, in nome del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Ch. Ca., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fr. Ga. Sc. in Roma, Via (…);

nei confronti di

Comune di (omissis), ed altri;

Ro. Am.Srl in liquidazione, in nome del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Lu. De. Pa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fe. Sc. in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – TRIESTE: SEZIONE I n. 00371/2015, resa tra le parti, concernente valutazione negativa di impatto ambientale del progetto di messa in sicurezza sito e ampliamento discarica

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ex. Spa e di Ro. Am.Srl in liquidazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2015 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Be. Cr., Ch. Ca. e Lu. De. Pa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Ex. s.p.a. ha impugnato la deliberazione della Giunta della Regione Friuli Venezia Giulia avente ad oggetto la valutazione negativa di impatto ambientale, preceduta dal parere espresso dall’organo tecnico, sul progetto di messa in sicurezza del secondo lotto ed ampliamento della discarica di (omissis), in località (omissis).

Impugnazione, cumulata con la domanda di risarcimento danni, estesa agli atti del procedimento.

Denunciando la violazione degli artt. 2 e 3 l. 241/90; artt. 5, 21 e 22 d.lgs. n. 152/2006 e artt. 11 e 19 l.r. 43/1990, deduceva una pluralità di censure accomunate da un denominatore comune: la Regione, chiamata a valutare preventivamente la compatibilità dell’intervento con la tutela ambientale, avrebbe in realtà sindacato nel merito l’opportunità e la convenienza del progetto di messa in sicurezza e ampliamento della discarica, invadendo la competenza della Provincia – che aveva già autorizzato il progetto (cfr. delibera della Giunta n. 16/2010) – nonché della conferenza di servizi decisoria deputata a rilasciare l’autorizzazione unica ambientale.

Numerosi errori tecnici avrebbero inoltre inficiato il giudizio della Commissione di valutazione poi trasfuso nel provvedimento impugnato laddove non avrebbe considerato che: la società ha fornito le informazioni sui rifiuti da conferire con specifico riguardo ai codici CER; ha illustrato nel dettaglio i sistemi di trattamento bio-stabilizzante; ha correttamente esposto l’analisi costi-benefici corredata dalla integrazioni di cui dalla l.r. n. 43/1990; ha verificato in via congetturale l’impatto del progettato intervento sulla viabilità del traffico conseguente all’esecuzione dell’opera; ha descritto gli accorgimenti tecnici per evitare l’infiltrazione del percolato e la tutela della flora e della fauna.

Interveniva ad adiuvandum Ro. Am.s.r.l. in liquidazione già gestore della discarica.

La Regione si costituiva in giudizio lamentando l’insufficiente e carente indagine del progetto sull’incidenza ambientale dell’opera, come testimoniato dai pareri non favorevoli (ad eccezione del parere reso dal Servizio caccia, risorse ittiche e biodiversità) espressi dagli organi pubblici sollecitati dall’amministrazione procedente a valutare tutti gli interessi di natura ambientale coinvolti nell’opera.

Il Tar accoglieva il ricorso limitatamente all’annullamento della deliberazione regionale impugnata, respingeva invece la domanda di risarcimento danni.

Riteneva che la Giunta regionale ha “travalicato i limiti del procedimento”, appuntando “la propria attenzione sull’opportunità/convenienza dell’intervento in progetto ovvero ha apprezzato aspetti che esulano dalla valutazione d’impatto dell’opera sulle componenti ambientali potenzialmente interessate”.

Aggiungeva, ad ulteriore conforto del decisum d’annullamento, che “la valutazione meritale è stata già effettuata in via preliminare dalla Provincia…. e sarà oggetto di definitivo apprezzamento dopo la v.i.a. in sede di conferenza di servizi ex art. 208 d.lgs. 152/2006”.

Appella la sentenza la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, producendo dati tecnici e il parere ARPA sullo stato dei luoghi. Resistono EX.. s.p.a. e Ro. Am.s.r.l. in liquidazione.

Alla Camera di consiglio del 17.11.2015, deputata a conoscere la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza, la causa, previa comunicazione alle parti della possibile definizione nel merito, in assenza di opposizione, è trattenuta in decisione.

Nell’economia del decidere è necessaria la sintetica descrizione diacronica della vicenda dedotta in giudizio.

Lo stato di contaminazione ambientale del lotto 2 della discarica gestita dalla società Ca. Ro. s.p.a. ha dato causa alla sua chiusura (cfr. atto provinciale del 28.07.2008) e, di seguito, all’avvio del necessario procedimento di bonifica e messa in sicurezza del sito sfociato nella deliberazione della Giunta provinciale n. 16 del 25 gennaio 2010.

L’approvazione del piano di messa in sicurezza è stata espressamente rilasciata alla condizione che ad essa facessero seguito “la specifica autorizzazione ambientale integrata, comprensiva della valutazione d’impatto ambientale”.

Vale a dire che, coerentemente alla necessità di bonificare l’area, al fine di tutelare gli interessi sia di natura strettamente ambientale che di salubrità dei luoghi, fin dall’inizio il procedimento c.d. pluristrutturato s’è articolato in sub-procedimenti, ciascuno destinato a valutare gli specifici interessi pubblici di rispettiva competenza.

L’approvazione del piano di sicurezza, disposta dalla Provincia, nella dinamica procedimentale descritta era solo il primo passo, la fase d’avvio, del complessivo procedimento di bonifica del sito, mediato dalla valutazione d’impatto ambientale, ed, infine, dall’autorizzazione unica.

Aggiungasi che EX. s.p.a., subentrata a Ro. Am.s.r.l., ha promosso la procedura di VIA non solo per la messa in sicurezza del lotto 2 ma altresì per l’ampliamento della discarica mediante la realizzazione di un terzo lotto. Che, all’esito del completamento delle opere, avrebbe avuto una capienza di 776.900 mc.: vale a dire più del triplo di quella assicurata dalla messa in sicurezza del lotto 2 pari a 240.000 mc.

Il dato tecnico sulla capienza post realizzazione del progetto, unitamente alla ricordata scansione procedimentale, avente ad oggetto – va sottolineato – la bonifica del sito e non solo la messa in sicurezza, evidenza plasticamente l’errore, denunciato nei motivi d’appello dalla Regione, in cui è incorso il Tar.

I Giudici di prime cure hanno assorbito nelle valutazioni espresse dalla Provincia al momento dell’approvazione del piano di messa in sicurezza quelle relative alla valutazione d’impatto ambientale confondendo non solo i procedimenti ma anche l’oggetto stesso delle rispettive valutazioni.

Che, viceversa, in ragione dell’ambito peculiare di ciascuna di esse, espressamente predicato come rapporto di reciproca condizionalità nello stesso provvedimento della Provincia d’approvazione del piano di messa in sicurezza, dovevano giustapporsi per definire in sinergia la cornice di tutti gli interessi pubblici ambientali e di tutela della salute sottesi alla bonifica del sito e all’ampliamento della discarica.

Emblematica è al riguardo la motivazione d’accoglimento quarto motivo di ricorso – sostanzialmente riprodotta tal quale nell’esame delle altre censure accolte – laddove addebita alla Giunta regionale di aver sconfinato “in valutazioni che non le competono nell’ambito dello specifico procedimento. La reale utilità dell’opera va invero scrutinata dall’Amministrazione deputata ad approvare il progetto e, nella fattispecie, è stata già favorevolmente apprezzata in via preliminare dalla Giunta della provincia di Udine all’atto di approvazione della m.i.s.o.”

Che, va ribadito, non ha affatto considerato l’impatto ambientale della bonifica e dell’ampliamento della discarica.

È altresì fondato il motivo d’appello che lamenta l’omesso esame del TAR del mancato assolvimento da parte della società dell’onere istruttorio di produrre a corredo dell’istanza un adeguato studio d’impatto ambientale, dalla cui carenza aveva preso le mosse il giudizio negativo impugnato.

La carenza progettuale è stata espressamente rilevata in sede istruttoria dal Servizio di valutazione impatto ambientale. La documentazione integrativa prodotta su richiesta da EX.. (d.16 marzo 2012) non colmava il deficit istruttorio, come altresì attestato dal parere negativo dell’ARPA (d. 21 giugno 2012) che lamenta l’assenza di puntuali riferimenti tecnici sul trattamento di stabilizzazione dei rifiuti del lotto, costituente il presupposto della bonifica.

Lo stesso parere, seppure ellitticamente espresso, dà atto che la sequenza delle attività programmate dalla società evidenza la prevalenza dell’interesse al conferimento dei rifiuti piuttosto che alla bonifica.

Il punto sollecita l’approfondimento di un aspetto rimasto nella dialettica processuale sottotraccia.

Ex. s.p.a. è compagine sociale controllata dalla Provincia di Udine, costituita per svolgere le attività inerenti al ciclo di gestione dei rifiuti urbani e speciali.

Rientra nel genus delle imprese pubbliche che gestiscono servizi d’interesse generale in cui, al fine di definire il regime giuridico in concreto ad esse applicabili, la forma giuridica assunta è sostanzialmente neutra rispetto al rilievo dirimente dei dati sostanziali e funzionali.

In altri termini la natura privatistica della compagine non fa velo al fatto che, a certi fini, assuma una funzione pubblicistica, pur conservando rispetto ad altri lo status privatistico (cfr., da ultimo, in tema, Cons.St., sez. VI, 26 maggio 2015 n. 2660).

Nel presentare l’istanza per conseguire la v.i.a., fase necessaria per avviare la bonifica del sito e l’ampliamento della discarica, la società pubblica ha assunto un ruolo non affatto contrapposto a quello della Regione. Il loro rapporto non è riconducibile a quello intrattenuto dall’impresa schiettamente (nel gergo comunitario) industriale con l’amministrazione preposta alla valutazione del progetto, rigidamente formalizzato dalle norme di settore. S’iscrive piuttosto nel rapporto dialogico-collaborativo (recte di leale collaborazione secondo la dizione di matrice costituzionale) che informa il modulo c.d. pluristrutturale, riconducibile al principio di buon andamento dell’azione amministrativa (cfr. Cons. St., sez. V, 9 luglio 2012 n. 3996), prima ancora che (essere confinato) al coordinamento delle funzioni amministrative fra enti territoriali autonomi di cui agli artt. 118 e 120 cost.

A questa stregua, ed ha più forte ragione, l’omessa presentazione dello studio di impatto ambientale, espressamente richiesto dall’art. 22 d.lgs. n. 152/2006, evidenza un’ingiustificata carenza progettuale, atteso che rientra nella missione (pubblicistica) assunta dalla società quella di acquisire, a monte della fattibilità dell’intervento, tutti gli elementi di natura tecnica in grado di corroborare preventivamente la conformità ambientale della bonifica e dell’ampliamento della discarica.

Di converso, è nell’interesse della Regione definire sollecitamente il procedimento in esame riconoscendo alla società il ruolo pubblico concretamente rivestito nella realizzazione dell’intervento e nel promuovere il procedimento strumentale alla corretta gestione del servizio pubblico di smaltimento rifiuti, da definirsi sotto l’egida della leale collaborazione fra amministrazioni lato sensu intese.

Conclusivamente l’appello deve essere accolto.

Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite ravvisabili nella controvertibilità tecnica delle questioni sottese alla risoluzione della controversia dedotta in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie

l’appello e, per l’effetto, respinge il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno – Presidente

Francesco Caringella – Consigliere

Carlo Saltelli – Consigliere

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 16 marzo 2016.

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