Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 14 giugno 2017, n. 2914

La procedura competitiva è quella che meglio garantisce, in caso di assegnazione di concessioni di beni pubblici – in considerazione della scarsità della risorsa o quando risulti di fatto contingentata – tutti i contrapposti interessi in gioco, fra cui la libertà di iniziativa economica e l’effettiva concorrenza fra gli operatori economici. La mancanza di una procedura competitiva circa l’assegnazione di un bene pubblico suscettibile di sfruttamento economico, introduce una barriera all’ingresso al mercato, determinando una lesione alla parità di trattamento, al principio di non discriminazione ed alla trasparenza tra gli operatori economici, in violazione dei principi comunitari di concorrenza e libertà di stabilimento

 

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 14 giugno 2017, n. 2914

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 587 del 2017, proposto da:

Associazione Ta.Sa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma.Di.Ne., con domicilio eletto presso lo studio Cl.Pa. in Roma, via (…);

contro

Associazione Micologica Ta.Ab., in persona del legale rappresentante pero tempore e Ga.La., rappresentati e difesi dagli avvocati Ma.Ze. e Gi.Ru., con domicilio eletto presso lo studio Mi.Ro. e Lu.Li. in Roma, viale (…);

Gli Amici per la Tutela e la Ricerca del Ta. Mo., Associazione per la Difesa dell’Ambiente e del Ta., ed altri, non costituiti in giudizio;

Pa.Ma. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Ma.Ze. e Gi.Ru., con domicilio eletto presso lo studio Mi.Li. in Roma, viale (…);

nei confronti di

Comune di omissis, Provincia di Isernia, Regione Molise e Commissione Tecnica Provinciale ex art. 4 L. R. 24/2005 della Provincia di Isernia, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE – CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00365/2016, resa tra le parti, concernente l’annullamento:

1. della delibera del consiglio comunale di omissis numero 11 del 13 giugno 2015 pubblicata all’albo pretorio del Comune dal 3 agosto 2015 di concessione, in favore dell’Associazione Ta.Sa., di terreni comunali estesi circa 37,5 ha per la realizzazione di tartufaie controllate;

2. della delibera della giunta comunale di omissis numero 49 del 29 settembre 2015 avente ad oggetto la concessione in comodato d’uso, all’Associazione Ta.Sa., dei terreni comunali con allegata bozza di contratto;

3. del contratto di comodato d’uso stipulato in data 30 settembre 2015;

4. della determina dirigenziale numero 856 del 2 ottobre 2015 a firma del dirigente del settore ambiente ed energia della Provincia di Isernia recante attestazione e riconoscimento della tartufaia controllata;

5. di tutti gli atti alle stesse presupposti conseguenti e connessi, ivi incluso il parere tecnico favorevole reso dalla commissione provinciale in data 15 e 24 settembre 2015.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione Micologica Ta.Ab., di Ga.La.,di Pa.Ma., di Fa.Ce., di Pi.Di.Vi., di Fr.Sc., di Si.Ro., di Ma.Ro., di Ni.Di.Nu., di Ga.Ca. e di Re.Bo.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Di.Ne. e Or., in dichiarata delega di Ze.;

FATTO

Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, Sez. I, con sentenza 26 settembre 2016, n. 365, ha accolto il ricorso proposto dall’attuale Associazione appellata, annullando: la delibera del consiglio comunale di omissis numero 11 del 13 giugno 2015 pubblicata all’albo pretorio del Comune dal 3 agosto 2015 di concessione, in favore dell’Associazione Ta.Sa., di terreni comunali estesi circa 37,5 Ha per la realizzazione di tartufaie controllate; la delibera della giunta comunale di omissis numero 49 del 29 settembre 2015 avente ad oggetto la concessione in comodato d’uso, all’Associazione Ta.Sa., dei terreni comunali con allegata bozza di contratto; la determina dirigenziale numero 856 del 2 ottobre 2015 a firma del dirigente del settore ambiente ed energia della Provincia di Isernia recante attestazione e riconoscimento della tartufaia controllata.

La sentenza ha escluso dal perimetro della pronuncia demolitoria il contratto di comodato d’uso stipulato in data 30 settembre 2015 per difetto di giurisdizione.

La sentenza ha rilevato che:

– sulla concessione dei beni pubblici di cui all’art. 133, comma 1, lett. b), Cod. proc. amm., il procedimento di scelta del contraente di un Comune, anche nei contratti attivi della amministrazione ricade, comunque, nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo;

– nel caso di specie, l’oggetto dei provvedimenti impugnati non è propriamente o esclusivamente la costituzione di una tartufaia controllata, bensì la concessione in uso gratuito di una porzione di territorio boschivo comunale di omissis a una associazione di tartufai del luogo, senza alcuna procedura concorsuale, competitiva o di evidenza pubblica;

– anche se l’assenza di usi civici sulle menzionate aree boscate, date in uso dal Comune all’associazione controinteressata, non consente di qualificare le medesime come demanio comunale, o come patrimonio indisponibile, nondimeno si tratta di un bene pubblico destinato all’uso collettivo;

– l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 febbraio 2013, n. 5, ha stabilito che la procedura competitiva è quella che meglio garantisce, in caso di assegnazione di concessioni di beni pubblici – in considerazione della scarsità della risorsa o quando risulti di fatto contingentata – tutti i contrapposti interessi in gioco, fra cui la libertà di iniziativa economica e l’effettiva concorrenza fra gli operatori economici;

– la mancanza di una procedura competitiva circa l’assegnazione di un bene pubblico suscettibile di sfruttamento economico, introduce una barriera all’ingresso al mercato, determinando una lesione alla parità di trattamento, al principio di non discriminazione ed alla trasparenza tra gli operatori economici, in violazione dei principi comunitari di concorrenza e libertà di stabilimento;

– anche a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (TFUE), l’indifferenza comunitaria alla qualificazione nominale delle fattispecie, consente di sottoporre ai principi sull’evidenza pubblica l’affidamento di concessioni su beni pubblici (cfr. Cons. Stato, V, 31 maggio 2011, n. 3250);

– la modalità di affidamento prescelta nel caso di specie esula del tutto dalle previsioni di cui agli artt. 5, comma 1 e 21, comma 4, l.r. Molise 27 maggio 2005, n. 24 (Nuova disciplina della raccolta, della coltivazione e della commercializzazione dei tartufi), che prevedono la costituzione di un Consorzio volontario e la stipulazione di un protocollo di intesa con la Provincia.

La parte appellante contestava la sentenza, deducendone l’erroneità sulla base di un unico articolato motivo:

– error in procedendo. Violazione ed errata interpretazione ed applicazione dell’art. 97 Cost. e della statuizione di cui all’articolo 3, comma 1, del r.d. 18 novembre 1923 numero 2440. Errata applicazione ed interpretazione dello art 4, della legge regionale n. 24 del 2005. Violazione dell’articolo 4, comma 1, della legge regionale numero 24 del 2005 e dell’articolo 3, comma 1, della legge numero 752 del 1985. Violazione ed errata applicazione dell’articolo 3 e 12 della legge n. 241 del 1990. Errata applicazione dei principi di cui alla Delibera di Giunta Regionale numero 725 del 30 dicembre 2014 (e delibera di Giunta Regionale numero 121 del 4 febbraio 2008); erroneità nei presupposti fattuali e della motivazione. Parziale contraddittorietà ed illogicità motiva.

Con l’appello in esame chiedeva, quindi, la reiezione del ricorso di primo grado.

Si costituiva l’appellata chiedendo la reiezione dell’appello.

All’udienza pubblica del 25 maggio 2017 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio osserva che gli atti oggetto del presente giudizio, adottati dal Comune di omissis riguardano la concessione, in favore dell’Associazione appellante, di 37,5 ettari di terreno comunale per consentirle la realizzazione di “tartufaie controllate”.

2. Con il primo motivo di appello, formalmente articolato e riassunto in una sola ed unica epigrafe, l’Associazione appellante contesta la sentenza nella parte in cui non ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione amministrativa.

Il Collegio rileva che gli odierni appellati hanno contestato, in via principale, il mancato ricorso alla procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento in concessione o comunque mediante contratto di diritto privato di un bene di titolarità comunale suscettibile di sfruttamento economico, eccependo anche lo sviamento di potere da cui sarebbero affette le delibere impugnate in quanto finalizzate, anche mediante l’elusione dell’obbligo della gara pubblica, a creare una riserva di sfruttamento in capo alla associazione appellante.

Dunque, in applicazione del criterio della causa petendi, e tenuto conto che si verte in materia di interessi legittimi al corretto esercizio del potere di selezione del contraente, sussiste la giurisdizione amministrativa (cfr. Cons. Stato, V, 9 luglio 2015, n. 3460), come correttamente ha asserito la sentenza.

3. Nel merito, si deve rilevare che il riconoscimento di tartufaia controllata, ai sensi dell’art. 4 (Disciplina della raccolta e riconoscimento delle tartufaie), comma 9, l.r. Molise 27 maggio 2005, n. 24 (Nuova disciplina della raccolta, della coltivazione e della commercializzazione dei tartufi), è di competenza della Provincia.

Detta disposizione, infatti, stabilisce: «Le Amministrazioni Provinciali di Campobasso e Isernia rilasciano, su richiesta di coloro che ne hanno titolo, a seguito parere tecnico della Commissione provinciale di cui all’art. 10, l’attestazione e il riconoscimento di tartufaia controllata o coltivata entro 12 mesi dalla data della richiesta. Alla richiesta di riconoscimento occorre allegare un piano quinquennale di miglioramento e di utilizzazione a firma di un tecnico abilitato».

Perciò il progetto, con allegato piano quinquennale, va presentato alla Provincia che lo istruisce e, se del caso, lo autorizza sul presupposto che i richiedenti vi abbiano titolo, ovvero che abbiano la disponibilità dei terreni sui quali la tartufaia deve essere realizzata.

Poiché, nel caso di specie, l’Associazione appellante finirebbe per esercitare, sui suoli comunali chiesti in concessione, un’attività di lucro, considerato che il commercio dei tartufi è un settore usualmente remunerativo, va considerato dirimente che – salvo specifici casi giustificati da esigenze superiori nominate dalla legge – non è dato figurare una dazione economica senza causa, quale una concessione di beni a titolo gratuito, in sostanziale carico finanziario dei consociati che compongono la popolazione comunale, come finirebbe per essere, all’evidenza, una concessione gratuita di terreni remunerativi come quella cui aspira l’Associazione.

Sicché per una siffatta concessione è comunque necessaria una procedura di evidenza pubblica, anche a garantire parità di trattamento di quanti potenzialmente interessati ad ottenere la medesima concessione di beni, ed evitare parzialità e preferenze indebite nella attribuzione.

Infatti occorre una gara pubblica per l’affidamento in gestione a terzi di beni pubblici comunque suscettibili di produrre utilità economiche, come nel caso di specie: i terreni comunali oggetto del contratto di comodato d’uso sono suscettibili di sfruttamento economico per la ricerca e la vendita del tartufo a beneficio esclusivo dei membri dell’associazione contro interessata.

Su tutte le Amministrazioni pubbliche in generale grava invero l’obbligo di ricorrere a procedure competitive ogni qualvolta si vadano ad assegnare beni pubblici suscettibili di sfruttamento economico..

4. Peraltro, la delibera in oggetto contrasta anche con l’art. 12 l. n. 241 del 1990 ai sensi del quale “La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi. L’effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1”.

Insomma, l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a privati o a enti pubblici va subordinata alla predeterminazione di criteri e modalità, cui le amministrazioni si debbono attenere, ad evitare ingiustificati privilegi o discriminazioni e per garantire la trasparenza dell’azione amministrativa e la parità di trattamento (cfr. Cons. Stato, V, 23 marzo 2015, n. 1552).

Nel caso di specie, l’affidamento all’Associazione appellante di una vasta porzione di terreno comunale è avvenuta senza la minima predeterminazione di criteri e modalità cui l’Amministrazione si sarebbe dovuta attenere e in aperta violazione dei detti principi.

5. Nel caso di specie, il Comune di omissis ha concesso a canone zero, trecentosettantacinquemila metri quadrati di terreno senza canoni o corrispettivi, in modo quindi non consentito, trattandosi di una delle zone più tartufigene (in particolare per il pregiato tartufo bianco) del Comune, dalla potenzialità reddituale assai elevata, ad esclusivo beneficio dell’Associazione qui appellante, alla luce dell’art. 3 comma 2, l. 16 dicembre 1985, n. 752 (Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo) e art. 4 comma 2, l.r. n. 24 del 2005 secondo cui: «Hanno diritto di proprietà sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano; tale diritto di proprietà si estende a tutti i tartufi, di qualunque specie essi siano, purché vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse».

6. Le ulteriori censure sono, pertanto, infondate.

Alla luce delle illegittimità illustrate, è irrilevante che la realizzazione di tartufaia controllata crei una barriera all’ingresso al mercato, ovvero l’ipotizzata apertura dell’Associazione a persone non residenti.

Inoltre, se l’istituzione delle tartufaie controllate ex lege n. 752 del1985 persegue il fine generale di tutelare e salvaguardare il patrimonio ambientale attraverso interventi programmati di miglioramento e manutenzione dei siti a più alta presenza tartufigena, tale finalità non può comportare una concessione gratuita e senza gara di terreni comunali ad un’associazione privata.

7. Conclusivamente, l’appello va respinto in quanto infondato e le censure dell’Associazione appellata, ritenute assorbite dall’appellata sentenza, rimangono assorbite.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta),

Definitivamente pronunciando sull’appello principale come in epigrafe indicato, lo respinge.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore delle parti appellate, spese che liquida complessivamente in euro 4.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini – Presidente

Claudio Contessa – Consigliere

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero – Consigliere

Stefano Fantini – Consigliere

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