Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 12 maggio 2017, n. 2233

Il risarcimento in forma specifica disposto in favore di una concorrente la quale solo tardivamente abbia conseguito l’aggiudicazione dell’appalto, a seguito della rimozione giudiziale di atti che l’avevano illegittimamente impedita, è compatibile con la postergazione, disposta da parte della SA al fine di consentire alla società di fruire per intero della durata totale del contratto, dei termini di durata del contratto stesso. Si tratta, di una statuizione del tutto coerente nel suo contenuto sostanziale con la previsione codicistica in tema di reintegrazione in forma specifica (art. 2058 cod. civ.), mirando ad assicurare al soggetto leso la medesima utilità cui avrebbe avuto titolo in assenza degli atti illegittimi e forieri di danno

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 12 maggio 2017, n. 2233

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5242 del 2016, proposto dalla Om.Op. Soc. Cons. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al.Ca., Ri.Mo. e Ci.Si., con domicilio eletto presso lo studio Fr.Ma. in Roma, via (…)

contro

Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma.Ba., con domicilio eletto presso lo studio Al.Pe. in Roma, via (…);

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Qu.2001 Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu.To., domiciliato ai sensi dell’articolo 25 del cod. proc. amm. preso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, p.za Capo di Ferro, 13

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania, Sezione II, n. 1660/2016

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Qu. 2001 Società Cooperativa Sociale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 marzo 2017 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Francesca Fegatelli (su delega dell’avvocato Balletta), l’avvocato Andrea Orefice (su delega degli avvocati Capotorto e Sito) e l’avvocato dello Stato Pisano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

L’odierna appellante Om.Op. soc. cons. a r.l. partecipava alla procedura aperta, indetta dal Comune di (omissis) (NA), finalizzata all’affidamento del servizio di refezione scolastica nelle scuole dell’infanzia per il triennio 2013/2016, collocandosi prima in graduatoria davanti alla Qu. – 2001 Società Coop. Sociale, seconda classificata.

A seguito di un’articolata vicenda giudiziaria la società ricorrente, benché aggiudicataria, veniva irreversibilmente esclusa dalla competizione. La procedura addiveniva quindi a una stabile definizione in favore della Società Qu. – 2001 con la sentenza del T.A.R. della Campania n. 2413 del 27 aprile 2015, con la quale, sulla scorta della motivazione che “sussistono i presupposti per il risarcimento del danno in forma specifica mediante aggiudicazione definitiva dell’appalto all’impresa ricorrente (Società Qu. – 2001, ndr.) e che nulla osta, peraltro, alla stipulazione del relativo contratto atteso che la stazione appaltante ha già provveduto alla verifica del possesso dei prescritti requisiti”, si disponeva che “la ricorrente sia risarcita in forma specifica mediante affidamento ad essa del servizio oggetto della procedura concorsuale di cui alla presente controversia”;

Pertanto, con determinazione dirigenziale n. 670 dell’8 giugno 2015, il Comune di (omissis) statuiva di prendere atto della sentenza n. 2413/2015 e di affidare il servizio di refezione scolastica alla Società Qu. – 2001, postergando l’espletamento del servizio al triennio 2016/2018 (anche in termini di impegno di spesa) e stabilendo, anche ai sensi dell’articolo 140 del decreto legislativo n. 163 del 2006, che il prezzo dell’appalto sarebbe stato ragguagliato a quello offerto dalla ditta originaria aggiudicataria, ossia dall’odierna appellante.

A tale determinazione seguiva, in data 21 luglio 2015, la stipula del relativo contratto con la nuova affidataria per il triennio 2016/2018.

La società appellante, adducendo di vantare “un interesse legittimo alla partecipazione alla prossima gara d’appalto per il servizio di refezione scolastica ovvero ad aggiudicarsi il servizio dall’anno scolastico 2016/2017 in poi”, impugnava quindi dinanzi al T.A.R. della Campania, anche mediante la proposizione di motivi aggiunti, la citata determinazione dirigenziale sostenendone sotto diversi profili l’illegittimità.

Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. della Campania ha respinto il ricorso dichiarandolo infondato.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla soc. Om.Op. la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione dell’art. 97, Cost., del bando di gara e dell’articolo 2 del Capitolato speciale di appalto per gli anni scolastici 2013-2016 – Violazione dell’articolo 140 del decreto legislativo n. 163 del 2006 – Eccesso di potere della pubblica amministrazione e travisamento della durata prevista dal capitolato di appalto e del risarcimento in forma specifica statuito dalla sentenza n. 2413/2015 del T.A.R. della Campania – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’articolo 112 cod. proc. civ.

Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) il quale ha concluso nel senso della irricevibilità o dell’infondatezza dell’appello.

Si è poi costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti il quale ha anch’esso concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Si è altresì costituita in giudizio la Cooperativa sociale Qu. 2001la quale ha a propria volta concluso nel senso della irricevibilità o dell’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del 16 marzo 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore della refezione scolastica (la quale: i) aveva partecipato a una gara di appalto indetta dal Comune di (omissis) per l’affidamento dei servizi di refezione scolastica; ii) aveva inizialmente ottenuto l’aggiudicazione dell’appalto; iii) era stata in seguito esclusa con atti ormai confermati in sede giudiziaria) avverso la sentenza del T.A.R. della Campania con cui è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso gli atti con cui il Comune di (omissis) (a seguito della conferma in sede giudiziale dell’esclusione dell’appellante): a) ha aggiudicato la gara alla seconda classificata Qu. 2001; b) ha stipulato il relativo contratto; c) ha postergato la durata dell’affidamento, riferendolo al triennio 2016/2018.

2. L’appello in questione non può trovare accoglimento.

3. Si osserva in primo luogo al riguardo (e si tratta di osservazione del tutto dirimente ai fini del decidere) che il ricorso in appello risulta irricevibile per tardività nel relativo deposito.

In particolare (come correttamente eccepito sul punto dal Comune di (omissis) e dalla soc. Qu. 2001) si osserva:

– che la notifica del ricorso in appello si è perfezionata in data 6 giugno 2016;

– che l’appellante ha proceduto al deposito dell’appello soltanto in data 21 giugno 2016 (i.e.: oltre il decorso del termine – dimidiato – di quindici giorni di cui agli articoli 45, 119, comma 2 e 119, commi 3 e 11 del cod. proc. amm.).

4. Si osserva in secondo luogo (e si tratta di osservazione parimenti determinante ai fini del decidere) che il ricorso in appello è altresì inammissibile per violazione del principio di specificità dei motivi.

Ed infatti, pur avendo l’appellante affermato (nel secondo capoverso dell’unico motivo di ricorso) che la sentenza appellata fosse affetta dai medesimi (due) vizi propri degli atti impugnati in primo grado, si è poi di fatto limitata a riproporre i medesimi motivi già articolati in primo grado, senza specificare in concreto gli asseriti vizi che inficerebbero la sentenza oggetto di impugnativa.

Al riguardo il Collegio si limita a richiamare il consolidato orientamento secondo cui Innanzi al Consiglio di Stato la pura e semplice riproposizione dei motivi di ricorso di primo grado (in assenza di una specifica indicazione dei motivi in concreto assorbiti e delle ragioni per cui ciascuno di essi viene riproposto in relazione alle diverse statuizioni della sentenza gravata) si pone in contrasto: con il generale principio della specificità dei motivi di appello; con il principio secondo cui è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado, senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo Giudice; con il principio secondo cui l’effetto devolutivo dell’appello non esclude l’obbligo dell’appellante di indicare nell’atto di appello le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni cui il primo Giudice è pervenuto non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado (in tal senso -ex multis -: Cons. Stato, V, 31 marzo 2016, n. 1268; id., IV, 24 marzo 2016, n. 1223; id. VI, 19 gennaio 2016, n. 158).

5. Ai ben limitati fini che qui rilevano si osserva comunque che i motivi di ricorso qui (ri-)proposti non risultano neppure condivisibili nel merito.

Si osserva al riguardo che – come condivisibilmente affermato dai primi Giudici – il risarcimento in forma specifica disposto in favore della società Qu. (la quale solo tardivamente aveva conseguito l’aggiudicazione dell’appalto, a seguito della rimozione in via giudiziaria degli atti che lo avevano sino a quel momento illegittimamente impedito) era certamente compatibile con la disposta postergazione dei termini di durata del contratto (postergazione che era stata disposta al fine di consentire alla società Qu. di fruire per intero della durata triennale del contratto).

Si tratta, a ben vedere, di una statuizione del tutto coerente nel suo contenuto sostanziale con la previsione codicistica in tema di reintegrazione in forma specifica (art. 2058 cod. civ.), mirando ad assicurare al soggetto leso la medesima utilità cui avrebbe avuto titolo in assenza degli atti illegittimi e forieri di danno.

5.1. Si osserva poi (e, anche in questo caso, ai ben limitati fini che qui rilevano, stante l’irricevibilità e l’inammissibilità dell’appello) che l’appellante Om.Op.non vanta un interesse diretto e concreto a denunciare le statuizioni con cui il Comune appellato ha riconosciuto alla soc. Qu. un importo contrattuale asseritamente più favorevole di quello cui avrebbe in concreto avuto titolo.

6. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella – Presidente

Paolo Troiano – Consigliere

Claudio Contessa – Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere

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