Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 4 maggio 2018, n. 2655.
La presenza di elementi di fatto significativi dell’esistenza di un collegamento tra l’impresa e la criminalità organizzata non presuppone la riferibilità di specifici reati al soggetto dotato dei poteri gestionali, il quale ben potrebbe trovarsi in una situazione di contiguità di fatto subita, non provocata, ma comunque esistente, sicchè il riferimento al fatto che il Presidente della ricorrente, si sia costituito parte civile nel processo penale a carico di imputati ritenuti appartenenti alla criminalità organizzata e che L.L.R. risulti persona offesa in tale giudizio, costituisce un dato neutro ai fini dell’accertamento dei presupposti dell’interdittiva antimafia.
Sentenza 4 maggio 2018, n. 2655
Data udienza 25 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7632 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Li. Sc. e Ma. Fu., con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Roma, via (…);
contro
– Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo Milano, Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
–OMISSIS-. in liquidazione, -OMISSIS-, Amministratore per la straordinaria e temporanea gestione della -OMISSIS-, U.T.G. – Prefettura di Torino, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione IV n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente informativa interdittiva antimafia Prefettura di Milano in data 31.07.15 e i provvedimenti ad essa successivi;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno – Ufficio Territoriale del Governo Milano e di Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il Cons. Giorgio Calderoni e uditi per le parti gli avvocati Li. Sc. e l’Avvocato dello Stato At. Ba.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I.1. Con il ricorso introduttivo di primo grado, la Società -OMISSIS- (con sede in Torino e specializzata in allestimenti e organizzazione di eventi, nonché aggiudicataria di alcune gare per lavori di allestimento del “-OMISSIS-” di Expo 2015) impugnava l’informativa 31 luglio 2015 con cui la Prefettura di Milano aveva ravvisato la sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa dagli elementi così sintetizzati nella sentenza del Tar Milano -OMISSIS-, qui appellata dalla medesima -OMISSIS-:
– criticità relative alla figura del socio e consigliere di amministrazione L. L. R., consistenti:
a) nel suo coinvolgimento, quale persona destinataria di richieste estorsive non denunciate e avanzate da esponenti di spicco della `ndrangheta calabrese, nella vicenda criminosa accertata a seguito dell’operazione giudiziaria “-OMISSIS-” del 2014 condotta dalla D.D.A. di Torino;
b) nel rapporto di amicizia e di estrema confidenza con L. G. (arrestato nel 2014 con l’accusa di associazione di stampo mafioso);
– criticità relative alla figura del Presidente del Consiglio di amministrazione G. M., in relazione alla conoscenza e mancata denuncia all’Autorità giudiziaria delle suddette richieste estorsive.
I.2. Con la citata sentenza, il primo Giudice ha ritenuto destituite di fondamento tutte le censure avanzate contro la legittimità dell’originaria informativa antimafia, in quanto:
* dalla stessa informativa e dalla nota della DIA del 23 maggio 2015 ad essa allegata risulta che:
– da un lato, il socio L.L.R. sia stato oggetto di richieste estorsive reiterate tese ad ottenere biglietti in omaggio per manifestazioni la cui organizzazione era gestita dalla società ricorrente;
– dall’altro, che lo stesso L.L.R. avesse all’epoca dei fatti rapporti molto stretti (essendo, tra l’altro, il “padrino di nascita” del figlio) con L.G., arrestato e condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso;
* la prova di tali circostanze emerge in modo inequivocabile dalla descrizione delle risultanze acquisite nel corso dell’operazione giudiziaria “-OMISSIS-” condotta nel 2014 dalla D.D.A. di Torino (cfr. relazione della DIA e stralcio dell’informativa di reato dei ROS del 9 luglio 2013), operazione che ha infine condotto all’emissione, in sede giudiziaria, dei seguenti provvedimenti, con riferimento al fatto estorsivo de quo:
– ordinanza di custodia cautelare in carcere ai danni di A.C., G. L.S. e lo stesso L.G.;
– sentenza di applicazione della pena su richiesta degli imputati A.C. e G.L.S.;
– sentenza di assoluzione in favore di L.G.;
* in particolare, il fatto di reato è stato ulteriormente descritto nel decreto del GUP di Torino, che ha disposto il giudizio, nei termini per cui i tre imputati, in concorso tra loro, costringevano il predetto L.L.R. con condotta violenta e minacciosa a consegnare, in più occasioni, svariati biglietti relativi a concerti ed altre manifestazioni, così procurandosi l’ingiusto profitto rappresentato dalla successiva vendita e/o cessione a terzi dei predetti biglietti, il cui ricavato era destinato al mantenimento delle famiglie dei sodali detenuti;
* l’intervenuta pronuncia di assoluzione in favore di L.G. (per non aver commesso il fatto) non inficia in alcun modo la legittimità dell’informativa antimafia, in quanto non modifica il disvalore rilevato dalla Prefettura di Milano con riferimento ai rapporti ambigui e di contiguità tra il socio della ricorrente ed esponenti di spicco della criminalità organizzata;
* infatti, dal punto di vista della misura di prevenzione adottata, il forte nesso di collegamento tra un esponente societario di rilievo e soggetti appartenenti ad ambienti mafiosi – sufficiente a costituire indice rilevatore di un tentativo di infiltrazione mafiosa nella gestione societaria – non è messo in discussione dalla mancata condanna di L.G. per il concorso in fatti di estorsione per altra via già accertati (e sanzionati tramite il rito alternativo del “patteggiamento”);
* parimenti, resta intatto il disvalore della mancata denuncia del reato di estorsione (reato accertato nella sua dimensione oggettiva), da considerarsi quale elemento da cui desumere ex lege una delle “situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva” (cfr. art. 84, comma 3, e comma 4, lett. “c” del d.lgs. n. 159/2011);
* risulta pacifico e documentato in atti che G.M. – Presidente del Consiglio di Amministrazione della società ricorrente, pur conoscendo la richiesta estorsiva subita dal socio L.L.R., non abbia sporto formale denuncia, e anzi si sia reso successivamente disponibile a garantire degli “ingressi omaggio” per L.G..
I.3. Con riferimento al successivo provvedimento di commissariamento ex art. 32 del d.l. n. 90/2014, emesso dalla Prefettura il 7 agosto 2015 e impugnato per difetto di motivazione con un primo atto di motivi aggiunti, il Collegio ha osservato:
– da un lato, che il Prefetto ha effettuato congruo riferimento alla nota ANAC, con la quale era stata proposta la più grave misura del commissariamento, al fine di “assicurare la continuità di servizi essenziali e indifferibili”;
– dall’altro, che la misura adottata trova la sua base normativa nel comma 10 del citato art. 32, che non richiama direttamente la procedura e i presupposti di cui al comma 2, in ragione della specificità dei requisiti tipici posti alla base della misura adottata di ufficio dal Prefetto (emissione di un’informazione antimafia interdittiva e urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto);
– in definitiva, non sussiste l’illegittimità rilevata dalla ricorrente, fermo restando che, trattandosi di prestazioni contrattuali connesse all’evento Expo, le misure straordinarie sono cessate e non è stato dedotto dalla ricorrente quale sarebbe stato il danno dalla stessa patito a seguito del commissariamento (che, al contrario, le ha consentito di portare a termine l’appalto in affidamento).
I.4. Quanto ai secondi motivi aggiunti – che avevano censurato il primo diniego di aggiornamento dell’interdittiva, emesso dalla Prefettura il 9.2.2016 – la sentenza rinvia alle motivazioni già espresse dal Tar in fase cautelare, e cioé:
– nel caso di specie, le misure che la ricorrente ha adottato, ponendole a base della richiesta di aggiornamento dell’interdittiva, incidono sull’organizzazione societaria, ma, in parte, attengono alla posizione e al ruolo del socio e consigliere L.L.R., in parte, sono meramente provvisorie o non rilevanti ai fini della gestione aziendale;
– si tratta di misure (cessione dell’intera quota detenuta da parte del sig. L.L.R.; dimissioni dello stesso da Consigliere di amministrazione; modifiche alla governance societaria, quali ampliamento a cinque componenti del consiglio di amministrazione e costituzione dell’organo di controllo) che non intaccano gli elementi indiziari relativi alla posizione del Presidente della società, G. M., che mantiene un ruolo determinate nella gestione dell’azienda e al quale sono riferibili elementi indiziari consistenti in rapporti diretti ed indiretti con esponenti della criminalità organizzata;
– la presenza di elementi di fatto significativi dell’esistenza di un collegamento tra l’impresa e la criminalità organizzata non presuppone la riferibilità di specifici reati al soggetto dotato dei poteri gestionali, il quale ben potrebbe trovarsi in una situazione di contiguità di fatto subita, non provocata, ma comunque esistente, sicché il riferimento al fatto che il Presidente della ricorrente, G. M., si sia costituito parte civile nel processo penale a carico di imputati ritenuti appartenenti alla criminalità organizzata e che L.L.R. risulti persona offesa in tale giudizio, costituisce un dato neutro ai fini dell’accertamento dei presupposti dell’interdittiva antimafia;
– in definitiva, la documentazione prodotta in giudizio evidenzia come l’aggiornamento (negativo) dell’interdittiva prefettizia sia fondato su un quadro indiziario adeguato e idoneo a palesare, secondo ragionevolezza, il tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84 del d.lgs. n. 159/2011.
I.5. Circa, infine, i terzi motivi aggiunti (proposti dalla società ricorrente contro il provvedimento 13 luglio 2016, con il quale la Prefettura ha nuovamente confermato la sussistenza dei presupposti dell’originaria informativa antimafia), la sentenza dà preliminarmente atto delle seguenti, ulteriori modifiche alla governance societaria operate dalla ricorrente e poste alla base della seconda istanza di aggiornamento:
– conferma, per un altro triennio, nel Consiglio di Amministrazione di due Consiglieri indipendenti;
– revoca dei poteri conferiti a G.M., definito “presidente non operativo”;
– incremento dei poteri di ordinaria amministrazione in favore del consigliere -OMISSIS- (figlio di G.M.), con riferimento ai rapporti con gli Istituiti di Credito e con i professionisti e i consulenti, entro un limite del valore di Euro 500.000,00 per ciascun atto e operazione;
– sostituzione dell’organo monocratico di vigilanza con un organo collegiale.
A fronte di tali modifiche, la Prefettura ha ritenuto che la situazione in atto non fosse idonea a garantire una discontinuità con la precedente gestione, ma il Tribunale Amministrativo di Milano ha
rilevato il dedotto difetto di attualità nell’ultima analisi operata dalla Prefettura sulla contiguità della società ricorrente con ambienti mafiosi, ritenendo l’intervenuta revoca di tutte le deleghe in precedenza conferite al sig. G.M. misura idonea, insieme alle altre predisposte per il riordino della governance societaria, a sterilizzare in modo definitivo, allo stato, la possibilità che il Presidente del Consiglio di Amministrazione possa influenzare in via autonoma aspetti determinanti della gestione societaria.
Il T.A.R. ha, pertanto, annullato, ai fini del riesame, il provvedimento 13 luglio 2016 emesso dalla Prefettura di Milano, “con obbligo in capo all’amministrazione, prima di riesercitare il suo potere sull’ultima istanza di aggiornamento presentata, di rivalutare funditus tutte le possibili connessioni attuali tra la nuova governance societaria e ambienti della criminalità organizzata, al fine di verificare se sia concreto, allo stato, il tentativo di infiltrazione mafiosa, così come individuato dalla normativa di settore e dai canoni interpretativi vigenti in materia”.
I.6. Infine, la sentenza n. -OMISSIS- ha respinto la richiesta di risarcimento del danno, “in quanto in parte infondata e in parte totalmente generica”.
II.1. Nel proprio atto di appello, depositato il 30 ottobre 2017, -OMISSIS- fornisce, in primo luogo, i seguenti aggiornamenti in fatto della vicenda:
– in data 4 aprile 2017, la stessa -OMISSIS-inoltrava alla Prefettura di Milano, ai fini del riesame, una ulteriore richiesta di aggiornamento dell’interdittiva antimafia del 31 luglio 2015;
– a seguito di diffida 22 maggio 2017 di -OMISSIS-, con nota del 25 maggio 2017 la Prefettura di Milano comunicava all’appellante di “non poter procedere ad evadere la richiesta di aggiornamento” ex art. 91, c. 5, del D. Lgs. n. 159/2011, essendo “venuta meno, per le opere relative all’evento internazionale Expo Milano 2015, la competenza derogatoria del Prefetto di Milano sulle società aventi sede in altre provincie”; e di aver trasmesso tutta la documentazione relativa alla richiesta di aggiornamento alla Prefettura di Torino, territorialmente competente;
– con nota del 29 maggio 2017, la Prefettura di Torino ha comunicato alla -OMISSIS-di aver ricevuto l’istanza di aggiornamento dell’interdittiva, richiedendo ulteriore documentazione e, con successiva nota del 13 giugno 2017, la medesima Prefettura di Torino ha altresì comunicato all’odierna appellante di aver dato avvio alla relativa istruttoria; tuttavia, alla data dell’appello la Prefettura non ha ancora fornito alcun riscontro di merito all’istanza -OMISSIS-.
II.2. Dopodiché, -OMISSIS- chiede la riforma parziale della suddetta sentenza T.A.R. Milano n. -OMISSIS- (nella parte in cui ha respinto il ricorso introduttivo e i primi e i secondi motivi aggiunti), per le seguenti ragioni:
A) con riferimento alle censure contenute nel ricorso introduttivo e nel primo ricorso per motivi aggiunti: manifesta erroneità di giudizio, illegittimità e contraddittorietà intrinseca della sentenza gravata.
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