Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 3 novembre 2017, n. 5086. Il parere del Comitato di verifica sulla causa di servizio è vincolante per l’Amministrazione

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Con il secondo (sempre per ordine di proposizione) ricorso in appello, l’istante impugna la sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, 31 ottobre 2013 n. 1285, non notificata, con cui era respinto il ricorso proposto in primo grado, per l’annullamento del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito CVCS), che aveva valutato che l’infermità “-OMISSIS-” non poteva riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto “-OMISSIS-” e del decreto del Ministero dell’Interno n. 1615 del 4 aprile 2012, con cui era respinta la domanda di dipendenza da causa di servizio ed anche la domanda di equo indennizzo presentata in data 23 ottobre 2014.

Chiede l’appellante, dunque, la riforma della sentenza per erroneità per i seguenti motivi:

I – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10 bis e 21 octies della l. n. 241 del 1990, nonché degli artt. 2, 5 comma 3 e 7 comma 2, d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 e degli artt. 63, comma 4 e 64 comma 1, d.lgs. n. 104 del 2 luglio 2010, in quanto gli sarebbe stato precluso di fornire ulteriori, elementi non essendo state rispettate le garanzie procedimentali;

II – violazione dell’art. 10 comma 2 e 4, d.P.R. n. 461 del 2001, poiché erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la norma menzionata farebbe riferimento al plenum del Comitato, mentre la fattispecie sarebbe regolata dal comma 6 dello stesso art. 10 ed, inoltre, non sarebbe comunque stata esplicitata la motivazione della non necessità della riunione plenaria;

III – violazione degli artt. 11 comma 2 e 14 d.P.R. n. 461 del 2001 nonché dell’art. 16 comma 2 l. n. 241 del 1990, poiché – a differenza di quanto rilevato dal primo giudice – l’inosservanza dei termini procedimentali previsti avrebbe comportato la decadenza del CVCS dal potere di adottare il parere di competenza;

IV – violazione dell’art. 3, l. n, 241 del 1990, anche in relazione al d.P.R. n. 461 del 2001, poiché la domanda avrebbe correttamente fatto menzione dell’aggravamento come dipendente da un sinistro stradale in occasione di un pattugliamento presso il valico di frontiera, mentre il CVCS si era limitato a ritenere che la patologia fosse una forma morbosa derivante nella maggior parte dei casi non da causa di servizio;

V – violazione dell’art. 3 anche in relazione agli artt. 5, 6 e 7 e 11, d.P.R. n. 461 del 2001, anche in relazione al contrasto di parere tra Commissione medica e deliberazione del Comitato di verifica, dovendo il Comitato spiegare le ragioni per cui riteneva di aderire al parere del CVCS.

Si costituiva anche in tale giudizio l’Amministrazione per resistere all’appello.

A seguito del deposito di successive memorie e di discussione all’udienza pubblica del 19 ottobre le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1 – Osserva il Collegio, in via preliminare che i giudizi devono essere riuniti per evidenti profili di connessione oggettiva e soggettiva, nel rispetto del principio di economia processuale e sinteticità.

2 – I ricorsi proposti in appello sono entrambi infondati.

3 – Quanto al primo ricorso in appello, deve rilevarsi, innanzitutto, che le censure meramente formali attinenti alla composizione della Commissione non possono essere condivise. La Commissione che svolto gli accertamenti, infatti, è composta da medici, identificabili, nel verbale gravato, attraverso le firme che risultano apposte dai partecipanti e dal relativo timbro.

Evidentemente, peraltro, rientra nel giudizio, espressione di discrezionalità tecnica – sindacabile da questo giudice nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza – anche la scelta inerente la non necessità di integrare ulteriormente la composizione con uno specialista. Deve ritenersi che tale decisione non richieda una espressa motivazione, poiché anzi, al contrario, l’esplicitazione della ragione sarebbe stata necessaria per il sol caso in cui fosse stata adottata la scelta di integrare le valutazioni della Commissione con l’apporto di uno specialista, costituendo (secondo la disposizione normativa invocata) tale eventuale ipotesi una eccezione rispetto all’ordinario svolgimento degli accertamenti tecnici.

Del resto – come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure – l’assenza di profili di irragionevolezza e travisamento nel giudizio tecnico-discrezionale gravato risulta confermata dalla verificazione effettuata nel corso del giudizio di primo grado.

Pertanto, la valutazione censurata in primo grado appare essere stata sottoposta al c.d. sindacato intrinseco del giudice amministrativo, esteso alla verifica dell’attendibilità delle operazioni tecniche quanto alla correttezza dei criteri utilizzati e della loro applicazione, secondo i canoni elaborati dalla giurisprudenza ormai consolidata in tema di discrezionalità tecnica (Consiglio di Stato, Sezione VI,

Sentenza 11 marzo 2015, n. 1257).

La motivazione del giudizio espresso dalla Commissione si appalesa, dunque, sia pur sinteticamente espressa, puntuale e non smentita dalle ulteriori risultanze istruttorie.

Ne discende che non appare necessario svolgere l’altra attività di scrutinio tecnico come vorrebbe invece l’appellante nel riproporre la domanda di nomina di un consulente tecnico d’ufficio.

4 – L’appello avverso la sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, 29 novembre 2012 n. 1523, pertanto, deve essere respinto e, conseguentemente, deve essere rigettata la richiesta di accoglimento – in riforma della sentenza di prime cure – della domanda svolta con il ricorso di primo grado.

5 – Con riferimento al secondo giudizio, quanto alla dedotta mancata valutazione da parte del giudice di prime cure delle violazioni delle garanzie procedimentali ed alla conseguente erroneità della sentenza oggetto di appello, deve ritenersi, che il procedimento non appare viziato dalla mancata applicazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.

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