I fatti sopravvenuti favorevoli all’interessato, sebbene non assumano rilievo ai fini dello scrutinio di legittimità dell’atto impugnato, costituiscono il presupposto in base al quale l’amministrazione può riesaminare la posizione del cittadino straniero

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 17 settembre 2018, n. 5433.

La massima estrapolata:

I fatti sopravvenuti favorevoli all’interessato, sebbene non assumano rilievo ai fini dello scrutinio di legittimità dell’atto impugnato, costituiscono il presupposto in base al quale l’amministrazione può riesaminare la posizione del cittadino straniero: in pratica, le sopravvenienze favorevoli al cittadino straniero non possono essere esaminate per saltum dal TAR, ma devono essere valutate in sede di riesame da parte dell’amministrazione.

Sentenza 17 settembre 2018, n. 5433

Data udienza 13 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6752 del 2018, proposto da
Pr. Ku. Vi. Mu., rappresentato e difeso dall’Avvocato Te. Va., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso il suo studio in Verona, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza resa in forma semplificata dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, in data 11 gennaio 2018 e pubblicata in data 17 gennaio 2018 n. 49 del 2018, con la quale era respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento di rigetto emesso dalla Prefettura di Verona del ricorso gerarchico del 27 settembre 2017, notificato in data 29 settembre 2017 e del provvedimento del Questore di Verona di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno n. I06879823 dell’11 ottobre 2016, notificato in data 11 novembre 2016;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Solveig Cogliani e udita per l’Amministrazione l’Avvocato dello Stato Ra. Fe., mentre nessuno è comparso per l’appellante;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
I – Con il ricorso in appello indicato in epigrafe, il ricorrente, cittadino dello Sri Lanka, si duole del rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato emesso dalla Questura di Verona per carenza del requisito del possesso del reddito sufficiente.
L’appellante censura la sentenza di prime cure, per difetto di motivazione e di istruttoria, ritenendo che il giudice di prime cure non avrebbe valutato adeguatamente la prognosi positiva e favorevole in ordine alla posizione lavorativa attestata in giudizio.
Il Ministero dell’Interno si è costituito, per resistere con memoria di rito.
All’udienza di discussione dell’istanza cautelare del 13 settembre 2018, la causa è stata trattenuta in decisione nel merito, avendone dato il Presidente avviso alle parti.
II – Osserva il Collegio che l’appello può essere deciso in forma semplificata e deve essere respinto perché infondato, in considerazione della consolidata giurisprudenza di questa Sezione (ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 25 agosto 2016, n. 3692), secondo la quale “non può trovare accoglimento l’interpretazione… secondo cui l’Amministrazione, alla luce dei principi costituzionali ed europei, debba valorizzare nella loro massima portata estensiva le “sopravvenienze” favorevoli allo straniero, vertendo il giudizio amministrativo sul “rapporto” di questi con la collettività nazionale che lo accoglie e dovendo, quindi, tenere in considerazione tutti gli elementi, mutevoli nel tempo, di tale rapporto, anche quelli successivi all’emissione del provvedimento. Infatti, tale orientamento, “per quanto ispirato da una visione “dinamica” della materia e ad una concezione del processo amministrativo “aperta” al rapporto dedotto in giudizio, non considera che l’Amministrazione è chiamata ad effettuare una valutazione dei requisiti per il rilascio o per il rinnovo del permesso di soggiorno al momento rebus sic stantibus e, per quanto debba formulare una prognosi sull’effettivo inserimento dello straniero che si proietta nel futuro, non può prescindere dagli elementi ad essa noti fino all’emissione del provvedimento”. Dunque, “nessuna prognosi, nemmeno quella più modernamente intesa ad una visione dinamica ed aperta del rapporto tra l’ordinamento interno e lo straniero, può infatti astrarre dai soli elementi esistenti al momento della domanda e da quelli eventualmente sopravvenuti e noti (o resi noti) sino all’emissione del provvedimento, poiché anche questa materia e, anzi, prima di ogni altra questa materia, per le esigenze di ordine e di sicurezza pubblici di rilievo costituzionale ed europeo, che la caratterizzano, altrettanto basilari quanto i diritti fondamentali dello straniero, non può sottrarsi alla irrinunciabile necessità di certezza dei rapporti giuridici tipica del diritto amministrativo”.
III – Nella specie che occupa, il diniego – e la conseguente pronunzia del giudice di prime cure – è motivato compiutamente sulla base delle risultanze dell’istruttoria dell’indagine condotta dalla Questura di Verona – che hanno evidenziato la carenza di documentazione in ordine ai dedotti rapporti di lavoro ed, in ogni caso, l’assoluta insufficienza del reddito documentato ed, inoltre, tenendo in considerazione l’assenza di rapporti familiari.
IV – Peraltro, nel caso in esame, non appare idonea a viziare il provvedimento la mancata traduzione dello stesso nella lingua madre dell’interessato, poiché, da un lato, non è irragionevole quanto argomentato dall’Amministrazione in ordine alla lunga permanenza in Italia dell’appellante medesimo, dall’altro lato, non è stato, di fatto. precluso l’esercizio della tutela giudiziaria.
La lamentata mancata partecipazione al procedimento concluso dal diniego del Questore non ha impedito all’appellante di rappresentare in sede di ricorso gerarchico gli elementi a suo dire rilevanti, nè le conclusioni della sentenza di primo grado sono conseguenti ad alcuna mancata produzione documentale tempestiva.
V – Nella specie, l’Amministrazione ha evidenziato l’insufficienza del reddito da lavoro documentato ed, in particolare che le buste paga relative ai mesi di luglio e agosto 2016 attestavano un importo netto di 619,00 e 962,00 euro.
La documentazione prodotta successivamente non è idonea a smentire le conclusioni della Questura, ma è piuttosto relativa a supportare una nuova condizione della appellante, a seguito della stipula di un contratto di lavoro in data 2 ottobre 2017, rispetto alla quale non è precluso proporre una nuova domanda di permesso da parte dell’interessato.
VI – A riguardo, la giurisprudenza di questa Sezione è consolidata nel ritenere che il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero costituisca un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto attinente alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, al suo inserimento nel contesto lavorativo e alla capacità di contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese (cfr., tra le tante, Cons. Stato, III, n. 2558/2018; n. 1971/2017; n. 1524/2017).
Peraltro, la Sezione ha avuto modo di precisare che la misura di detto requisito reddituale, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, non è indeterminata e lasciata ad una valutazione caso per caso, bensì è stabilita, per il lavoro subordinato, dall’art. 29, comma 3, lettera b), ormai anche richiamato dall’art. 22, comma 11, del d.lgs. 286/1998 (cfr. Cons. Stato, III, n. 3342/2014 e n. 4652/2014), e per il lavoro autonomo, dall’art. 26, comma 3, del d.lgs. 286/1998, e dall’art. 39, comma 3, del d.P.R. 394/1999 (cfr. Cons. Stato, III, n. 117/2015).
Vale ribadire che nella fattispecie in esame, come risulta agli atti, non solo non è stato documentato un adeguato livello di reddito nel periodo di efficacia del precedente permesso, ma non è stata prodotta idonea documentazione prima dell’emanazione del provvedimento gravato (il contratto di lavoro è del 2 ottobre 2017, la decisione sul ricorso gerarchico del 27 settembre 2017).
VII – Da ultimo, come già sopra evidenziato, per quanto riguarda le deduzione inerenti al sopravvenuto contratto di lavoro ed alle produzioni attinenti al reddito 2017-2018, non può che richiamarsi l’interpretazione della Sezione sull’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998, rispetto al quale si è affermato che la norma indicata, nel dare rilevanza ai nuovi elementi sopravvenuti favorevoli allo straniero, “si riferisce a quelli esistenti e formalmente rappresentati o comunque conosciuti dall’Amministrazione al momento dell’adozione del provvedimento (anche se successivamente alla presentazione della domanda)” (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. III n. 5466/2015).
Ne discende che i fatti sopravvenuti favorevoli all’interessato, “sebbene non assumano rilievo ai fini dello scrutinio di legittimità dell’atto impugnato, costituiscono il presupposto in base al quale l’amministrazione può riesaminare la posizione del cittadino straniero: in pratica, le sopravvenienze favorevoli al cittadino straniero non possono essere esaminate per saltum dal TAR, ma devono essere valutate in sede di riesame da parte dell’amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10 giugno 2016 n. 2511)”.
VIII – Per quanto sin qui evidenziato, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza n. 49 del 2018.
L’oggetto della controversia e la difesa puramente formale dell’Amministrazione giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunziando sull’appello, come indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza n. 49 del 2018.
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *