Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 30 ottobre 2017, n. 5016. All’autorità preposta a rilasciare il titolo o l’assenso paesaggistico è precluso effettuare una mera valutazione di compatibilità dell’intervento con la disciplina urbanistico-edilizia demandata in via propria e primaria all’amministrazione comunale.

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Nella medesima ottica va ulteriormente ricordato che – secondo quanto costantemente chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. per tutti Cons. St., sez. VI, 8 agosto 2014 n. 4226) – la normativa vigente non sancisce in modo automatico l’incompatibilità di un qualunque intervento sul territorio con i valori oggetto di tutela (dato che tale effetto che può verificarsi solo nelle ipotesi di vincoli di carattere assoluto); per cui, nelle ipotesi in cui l’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo sia chiamata a valutare l’effettiva consistenza e la localizzazione dell’intervento oggetto di sanatoria, al fine di confermare o escludere la concreta compatibilità dello stesso con i valori tutelati nello specifico contesto di riferimento, non può ritenersi sufficiente il generico richiamo all’esistenza del vincolo, essendo al contrario necessario un apprezzamento di compatibilità da condurre sulla base di rilevazioni e di giudizi puntuali.

Partendo da tale premessa è stato ritenuto illegittimo, per difetto di istruttoria e motivazione, il parere negativo espresso sulla compatibilità ai fini paesaggistici, ove si si sia fatto generico riferimento all’impatto visivo dell’opera, non potendo configurarsi alcuna lesione ai valori paesaggistici allorché le opere realizzate non abbiano uno sviluppo verticale o siano nascoste alla vista, come nella specie.

Applicando tali parametri, nessun rilievo può assumere il riferimento a norme di piano urbanistico, così come compiuto dalla p.a. nel caso de quo laddove la disciplina di prg e ptp invocata ha primaria valenza urbanistica, risultando irrilevante il mero riferimento per relationem ai fini di tutela paesistica; peraltro, anche volendo accedere alla tesi che eccezionalmente consente una finalità di tutela paesistica all’invocato ptp, in specie nella parte in cui la norma urbanistica consente a fini paesistici interventi relativi ad attrezzature pubbliche e di recupero edilizio, nel caso de quo il provvedimento impugnato non contiene alcuna adeguata motivazione sul punto, anche con riferimento all’eventuale impossibilità di qualificare l’intervento nell’ambito consentito, limitandosi ad un generico ed inammissibile rinvio alla norma reputata, immotivatamente ed astrattamente, ostativa.

Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va respinto.

Ad analoga conclusione negativa deve giungersi in ordine ai motivi aggiunti, dedotti da parte appellata ex art. 104 comma 3 cod proc amm. mancando nella specie il presupposto necessario alla verifica della invocata contraddittorietà e conseguente disparità di trattamento, cioè l’identità della situazione.

Per orientamento costante (cfr. ex multis Con. St. sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2548; idem 8 luglio 2011, n. 4124), in caso di presunta contradditoria valutazione di situazioni limitrofe e conseguente disparità di trattamento, il destinatario di un provvedimento legittimo non può invocare, come sintomo di eccesso di potere, il provvedimento più favorevole illegittimamente adottato nei confronti di un terzo che si trovi in analoga situazione, in quanto il relativo vizio di eccesso di potere è configurabile solo in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse. Né tale vizio può essere dedotto quando viene rivendicata l’eventuale applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo.

Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Sesta,

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila\00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Bernhard Lageder – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere

Davide Ponte – Consigliere, Estensore

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