Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 20 marzo 2018, n. 1798. L’unico limite che la Soprintendenza competente incontra in tema di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica è costituito dal divieto di effettuare un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente

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6 – Con il secondo motivo di appello si deduce violazione del principio di corretta amministrazione, eccesso di potere per difetto di presupposto, sviamento, elusione della sentenza n. 542/94 del Tar Veneto.

6.1 – In riferimento a tale censura, l’appellante argomenta nel senso che il potere ministeriale sarebbe stato esercitato in sovrapposizione alla valutazione della Provincia di Vicenza, deducendo che, con la precedente sentenza n. 542/94, il Tar Veneto avrebbe già rilevato che il Ministero aveva condotto una diversa valutazione di merito in ordine alla compatibilità del progetto con l’interesse ambientale, mentre il potere di riesame riconosciuto all’amministrazione statale non è esteso al merito.

Secondo l’appellante, nonostante il precedente annullamento giurisdizionale, l’Amministrazione statale avrebbe nuovamente sovrapposto il proprio giudizio di merito a quello della Commissione Consultiva del Genio Civile competente ex L.R. n. 63/94, senza tenere conto della sentenza del Tar Veneto e quindi senza astenersi dall’esercitare un potere di riesame nel merito.

6.2 – Il motivo è palesemente infondato, invero, la citata sentenza del Tar Veneto non contiene alcun accertamento circa la valutazione effettuata dalla Sovrintendenza, avendo annullato il relativo provvedimento per ragioni procedurali. Ne consegue che l’attività dell’amministrazione non risulta in alcun modo vincolata da tale pronuncia, così che non è in alcun modo ravvisabile un’elusione del relativo giudicato (Cfr. Cons. St., sez VI, n. 1105/2016: qualora il giudicato comporti l’annullamento del provvedimento solo per vizi formali, è indubbio che residui uno spazio pieno per il rinnovo della valutazione dell’amministrazione).

Inoltre, l’amministrazione statale, contrariamente a quanto supposto dall’appellante, non ha affatto esercitato un riesame nel merito dell’autorizzazione ambientale, come meglio di seguito illustrato.

7 – Con il terzo motivo di appello si deduce violazione di legge: art. 82, comma nono, del D.P.R. 616 del 1977; eccesso di potere per sviamento.

Al riguardo, l’appellante ricorda che nel decreto impugnato, tra l’altro, si legge: “L’edifico in questione qualora realizzato verrebbe a compromettere un’ampia veduta del contesto paesaggistico del Comune di (omissis), occupando un ampio settore di quello che storicamente era il territorio agricolo la cui tessitura organizzata in funzione del monumentale insediamento del complesso villa Da Po. e del corso del fiume Ch.”.

Tanto precisato, l’appellante ribadisce che il potere ministeriale di annullamento non si configura affatto come potere di riesame delle determinazioni già assunte, né come esercizio di una competenza di secondo grado, ma solo come annullamento per ragioni che ineriscono alla legittimità dell’autorizzazione.

8- E’ opportuno esaminare congiuntamente a tale motivo anche il quarto motivo di appello con il quale si deduce eccesso di potere, perplessità, difetto dì istruttoria e sviamento.

Secondo l’appellante, la vera ragione del decreto di annullamento deriverebbe dal fatto che secondo la Soprintendenza l’edificio occuperebbe un settore di quello che era il territorio agricolo organizzato in funzione del complesso Villa Da Po.. L’appellante lamenta l’erroneità di tale assunto, dal momento che il terreno non ha destinazione agricola, ma produttiva – commerciale ZTO “02”, ed è deputato all’insediamento di edifici industriali e commerciali per grandi superfici di vendita.

9 – Tali motivi non possono portare all’accoglimento dell’appello.

Invero, l’annullamento ministeriale si fonda chiaramente sul difetto di motivazione dell’autorizzazione, avendo rilevato che l’autorità preposta alla tutela del vincolo non ha rispettato l’obbligo motivazionale in ordine alla compatibilità con il valore estetico tutelato dal vincolo paesaggistico posto sull’area interessata dall’opera. Invero, testualmente, nelle premesse del provvedimento si legge: “considerato che nel provvedimento in esame l’Autorità decidente non spiega come e perché l’intervento autorizzato sia compatibile con la tutela del sito”; mentre nella parte motiva si sottolinea (con il grassetto) quanto segue: “si evidenzia la carenza di una valutazione di impatto ambientale in sede di pianificazione urbanistica”, nonché: “per quanto esposto il provvedimento succitato è viziato da eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione”.

9.1 – Tanto precisato, non può che prendersi atto di come l’autorizzazione annullata sia effettivamente carente di motivazione circa la compatibilità ambientale. Invero, la stessa si limita a citare nelle premesse, ma senza neppure farne propri i contenuti, il parere della Commissione Consultiva (“Considerato che la Commissione Consultiva in materia di lavori pubblici costituita presso questo Ufficio nella seduta del 7/5/1997 ha esaminato l’istanza esprimendo con voto n. 303/97 parere favorevole sull’argomento in oggetto indicato”), senza altro aggiungere.

Correttamente tale mero richiamo è stato ritenuto insufficiente a giustificare la valutazione di compatibilità dell’intervento con le esigenze di tutela legate alla presenza del vincolo sull’area in questione.

9.2 – Alla luce di tale precisazione, le ulteriori considerazioni contenute nel provvedimento e citate dall’appellante, lungi dal costituire una indebita valutazione di merito, valgono solo a dimostrare l’assoluta carenza di ogni approfondimento da parte dell’autorità competente rispetto alla compatibilità del manufatto con l’ambiente circostante. Al riguardo, giova ricordare che secondo la giurisprudenza amministrativa consolidata (Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9 e, più di recente, “ex multis”, Cons. Stato, sez. VI, n. 300/2012), l’eventuale annullamento del nulla osta paesaggistico, da parte della Soprintendenza, risulta riferibile a qualsiasi vizio di legittimità, riscontrato nella valutazione formulata in concreto dall’ente territoriale, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni sua figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta). L’unico limite che la Soprintendenza competente incontra in tema di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica è costituito dal divieto di effettuare “un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 9/2001; Cons. Stato, sez. VI, 14 agosto 2012, n. 4562). Tale limite sussiste, però, soltanto se l’ente che rilascia l’autorizzazione di base abbia adempiuto al suo obbligo di motivare in maniera adeguata in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’opera. In caso contrario, sussiste un vizio d’illegittimità per difetto o insufficienza della motivazione e ben possono gli organi ministeriali annullare il provvedimento adottato per vizio di motivazione e indicare – anche per evidenziare l’eccesso di potere nell’atto esaminato – le ragioni di merito che concludono per la non compatibilità delle opere realizzate con i valori tutelati (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1034, 18 gennaio 2012, n. 173 e 21 settembre 2011, n. 5292).

9.3 – Alla luce delle considerazioni che precedono, deve precisarsi che non è precluso all’autorità competente di rideterminarsi sull’istanza a suo tempo presentata da parte appellante, motivando adeguatamente circa la valutazione che intenderà adottare. Ne deriva che la questione sottesa al quarto motivo di appello non può essere esaminata in questa sede, ben potendo la stessa essere rimessa al vaglio dell’amministrazione in sede di riedizione del potere.

10 – In definitiva l’appello deve essere respinto nei sensi di cui in motivazione. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico dell’appellante soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello come in epigrafe proposto.

Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Ministero appellato, che si liquidano in complessivi Euro3.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Carbone – Presidente

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Marco Buricelli – Consigliere

Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore

Italo Volpe – Consigliere

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