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L’appello proposto dalla predetta società è stato respinto con la sentenza revocanda che ha giudicato infondato “il motivo di appello”, relativo alla qualifica di controinteressato attribuita (erroneamente, ad avviso della società appellante) dal giudice di primo grado al Presidente della Commissione.
3. Col ricorso per revocazione la Ag. ha ricordato di aver articolato nel ricorso di primo grado due motivi, il primo concernente la mancata obbligatoria astensione del Presidente della commissione, stante il suo rapporto di parentela con una consulente della aggiudicataria; il secondo riguardante il difetto di motivazione della nota dell’Amministrazione con la quale quest’ultima, in risposta all’istanza in autotutela presentata dalla stessa Ag., aveva affermato l’insussistenza di elementi per procedere in autotutela all’annullamento della gara.
Ha precisato poi che in sede di appello erano stati riproposti, ex art. 101 c.p.a. i motivi formulati in primo grado e non esaminati dal primo giudice ancorché autonomi rispetto ai vizi rispetto ai quali era intervenuta la pronuncia di inammissibilità e, in particolare, la censura relativa al difetto di motivazione della sopra ricordata nota della Regione.
Nella sentenza revocanda, secondo la Ag., il giudice avrebbe tuttavia omesso di pronunciarsi su tutte le censure riproposte, incorrendo così nell’errore revocatorio: specificamente, l’errore consisterebbe nell’aver ritenuto che il ricorso si articolasse in una unica censura, omettendo di esaminare e pronunciare sulla seconda doglianza – autonoma dalla precedente – avente ad oggetto il difetto di motivazione della ricordata nota della Regione, giacché questa non avrebbe esternato le ragioni per cui riteneva non sussistere i presupposti per procedere in autotutela. Né potrebbe ritenersi, ad avviso della ricorrente, che la pronuncia sulla seconda doglianza possa ritenersi implicitamente assorbita da quella sulla prima, non potendosi ritenere che su tale seconda doglianza il Presidente della commissione fosse parte necessaria.
Pertanto la Ag. ha chiesto, in accoglimento del giudizio rescindente, la riforma della sentenza in epigrafe e, in accoglimento del giudizio rescissorio, l’accoglimento del secondo motivo di ricorso proposto in primo grado, con annullamento degli atti impugnati.
4. Ha resistito al ricorso per revocazione la controinteressata Co. s.r.l., deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendo la condanna della ricorrente alle spese di giudizio ex art. 26 c.p.a.. In particolare, secondo Co. s.r.l., il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile l’intero ricorso e al riguardo alcuna deduzione sarebbe stata svolta in sede di appello per aver ricompreso nella pronuncia di rito anche una censura avulsa dalla problematica del controinteressato, coì che il giudice d’appello non avrebbe potuto pronunciarsi su un punto non gravato da alcuna contestazione; né vi sarebbe la asserita autonomia del secondo motivo, giacché l’istanza in autotutela era volta a far valere il medesimo tema della incompatibilità del Presidente della commissione, oggetto del primo motivo. In ogni modo, il secondo motivo sarebbe infondato nel merito, non avendo l’Amministrazione alcun obbligo di risposta ex art. 243-bis d.lgs. n. 163 del 2006.
Si sono costituite altresì ad opponendum la Regione Calabria e l’ANAC: in particolare la Regione con una memoria ha argomentato essere il ricorso irricevibile, improponibile, inammissibile e totalmente infondato in fatto e in diritto, sia sotto il profilo della domanda rescindente, sia sotto il profilo della domanda rescissoria, rilevando in particolare che il ricorso sarebbe fondato sostanzialmente su una unica censura.
5. All’udienza del 23 novembre 2017 la causa è passata in decisione.
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