Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 30 ottobre 2017, n. 4969. Le ipotesi di esclusione automatica delle offerte anomale nel sotto-soglia

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Deve pertanto ritenersi che, anche nel nuovo sistema delineato dall’articolo 97, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (al pari di quello delineato dall’articolo 122, comma 9 del decreto legislativo n. 163 del 2006), la facoltà di contemplare ipotesi di esclusione automatica delle offerte anomale – e a prescindere da qualunque verifica in concreto circa l’effettiva sostenibilità delle offerte stesse – rappresenti una facoltà eccettuale che deve pertanto risultare da inequivoche disposizioni della legge di gara.

Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio secondo cui va escluso che una condizione di partecipazione ad una gara pubblica possa determinare l’automatica esclusione del concorrente, senza il previo esercizio del soccorso istruttorio, laddove tale condizione non sia espressamente prevista dai documenti di gara e possa essere individuata solo mediante una interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale o, comunque, all’esito di una non agevole operazione ermeneutica (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, III, 7 luglio 2017, n. 3364; id., III, 1° marzo 2017, n. 967; id., Ad. Plen. 27 luglio 2016, n. 20).

3.3. Ebbene, riconducendo i princìpi appena richiamati alle peculiarità del caso in esame, emerge che:

– nessuna previsione della lettera di invito (la quale esauriva di fatto la stessa lex specialis di gara) contemplava in modo diretto o indiretto la facoltà di esclusione automatica di cui all’articolo 97, comma 8 del Codice dei contratti pubblici;

– in ogni caso, il richiamo all’esclusione automatica non poteva in alcun modo essere inferito (neppure in via interpretativa) dalla previsione del disciplinare secondo cui, laddove il metodo sorteggiato per la determinazione dell’anomalia non portasse ad avere alcun offerente non anomalo, la soglia sarebbe stata calcolata con uno degli altri (quattro) metodi indicati dall’articolo 97, fino all’individuazione di un aggiudicatario;

– al di là del carattere oggettivamente perplesso della richiamata previsione (la quale consente solo con qualche difficoltà di inferire l’effettiva intenzione della stazione appaltante), non può aderirsi alla tesi dell’appellante secondo cui l’unico possibile significato di tale disposizione fosse quello di annettere carattere escludente alla sola determinazione matematica della soglia di anomalia derivante dall’applicazione del (primo) criterio sorteggiato e, via via, di quella derivante dall’applicazione degli ulteriori criteri contemplati dall’articolo 97;

– in particolare, ostano in radice alla ricostruzione proposta dall’appellante sia il carattere indiretto, deduttivo e non pacifico dell’interpretazione proposta, sia l’oggettiva impossibilità in termini normativi di aderire a tale opzione. Ed infatti, siccome ai sensi dell’ultimo periodo del comma 8 dell’articolo 97, cit. “la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci” e siccome tale previsione esprime un’ulteriore limitazione normativa all’indistinta possibilità per le stazioni appaltanti di disporre l’esclusione automatica, non sarebbe certamente stato possibile per l’appellante prevedere l’esclusione automatica delle offerte anomale (e in assenza di qualunque contraddittorio con le imprese interessate) prescindendo dai limiti oggettivi contemplati dallo stesso Legislatore anche per ciò che riguarda il numero delle offerte ammesse. In tal modo viene meno quello che – a ben vedere – costituisce la premessa maggiore del sillogismo argomentativo su cui si fonda l’appello in epigrafe (ossia, la tesi secondo cui, in disparte l’omesso richiamo all’articolo 97, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, la legge di gara non avrebbe potuto essere interpretata in altro modo, se non nel senso di palesare l’univoca previsione dell’esclusione automatica delle offerte anomale).

4. Per le ragioni esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza come per legge e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi euro 5.000 (cinquemila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli – Presidente

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Claudio Contessa – Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

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